mercoledì 29 ottobre 2014

SFRATTATORI TAGLIACALDO: COME FINGERSI MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA



La vicenda dell’Ufficio del Giudice di Pace è sconcertante, sia per l’incoerenza con cui è stata gestita, sia per il pressapochismo e la completa non conoscenza dell’istituzione da parte della scadente amministrazione.
Dopo anni di chiacchiere e promesse, di difesa ad oltranza della presenza a Saronno del Giudice di Pace, la scorsa settimana, in compagnia degli altri cinque Sindaci dell’ex Mandamento, il Sindaco di Saronno ha definito “non prioritario” il servizio dell’amministrazione della giustizia da parte del Giudice di Pace, cosicché, con un’unanimità degna di miglior causa e prova di insensibilità cortomirante, si è rimangiato l’impegno invano assunto solennemente di tenere a carico dei Comuni aderenti questi servizio: ennesimo esempio di incoerenza, pessimamente motivato, con l’inevitabile scusa dei troppi costi (sui quali tuttavia non v’è chiarezza) e dei tagli dei trasferimenti di fondi dal Governo; è sempre colpa di altri.
Non si era ancora spenta l’eco di questa improvvisa e imbarazzante rinuncia alla “giustizia di prossimità” – che tanti problemi causerà ai Saronnesi costretti ad andare a Gallarate, in futuro, senza nemmeno il conforto di un mezzo di trasporto pubblico – che l’Amministrazione saronnese ha inanellato un’altra perla sull’ormai lungo filo della sua collana di insuccessi clamorosi e pasticcioni.
Lunedì, il Giudice di Pace ha trovato i propri uffici chiusi e al freddo; il Comune, infatti, proprietario dello stabile di Via Varese 130, per non spendere più, ha pensato bene di interrompere l’erogazione dei servizi di riscaldamento.
Già, perché evidentemente, in Piazza Repubblica 7, avevano pensato che la rinuncia al Giudice di Pace da parte del Comune di Saronno (e degli altri cinque Comuni sodali) fosse sufficiente per far chiudere immediatamente i battenti all’Ufficio.
Una prova di totale analfabetismo dilettantesco e di ignoranza dell’ordinamento!
Infatti, com’è logico, peraltro, la soppressione di un Ufficio Giudiziario può avvenire solo ad opera di un provvedimento del Ministero della Giustizia, che si esprimerà nei tempi dovuti e con la disciplina del trasferimento dei Giudici, del personale, dei fascicoli, delle competenze.
Fino ad allora, l’Ufficio del Giudice di pace deve continuare a prestare le proprie funzioni nella sede attuale ed i costi dei servizi (le utenze) rimangono a carico del Comune ospitante, che ne potrà richiedere a consuntivo il rimborso al Ministero, come succede  da sempre per legge.
L’Amministrazione saronnese, invece, in un èmpito di onnipotenza, ha proclamato lo sfratto e lo ha eseguito di fatto subitissimo, togliendo anche il riscaldamento ai Giudici di pace! Neanche il preavviso degli otto giorni alla colf!
Manifestazione vergognosa di incompetenza e di maleducazione, onirica sostituzione istituzionale: Sindaco e Giunta si sono sentiti Ministro... 
Quanto al personale, se è pur vero che spetta al Ministero fornirlo, sorge spontanea una domanda: è noto che due dipendenti del Comune di Saronno sono stati avviati ad un lungo corso di formazione per apprendere il lavoro di cancelliere; sarebbero stati messi a servizio dell’Ufficio del Giudice di Pace;  congedato questo in tutta fretta, i due si ritrovano ad aver seguito per nulla un corso impegnativo e torneranno in Comune al solito tran-tran.
Ma allora, nella presumibilmente breve attesa del decreto ministeriale di soppressione e di trasferimento a Gallarate del Giudice di Pace saronnese, non si sarebbe potuto dare una mano a questo sfortunato Ufficio, fornendolo temporaneamente del personale già appositamente formato?
Possibile che il Comune non sia in grado di pagare a tal fine per qualche mese due persone, che comunque – in quanto dipendenti – deve già pagare? Basterebbe una convenzione temporanea tra le due Amministrazioni (Comunale e ministeriale), nella massima trasparenza anche contabile, e l’agonia dell’Ufficio del Giudice di Pace diventerebbe una dignitosa e ordinata fase di transito.
Ma forse chiedere un intervento così semplice ed utile è davvero troppo per un’Amministrazione che è scadente non solo perché prossima alla sua fine: lo spessore è quello che è, come ne ha dato abbondantissime prove.

Pierluigi Gilli
Capogruppo di Unione Italiana