martedì 31 maggio 2011

Neo-testate (7): la stangata

Ricami (43): il PURGATORIO


I risultati delle elezioni amministrative di ieri non possono passare in sordina. Con franchezza, riconosco senza dubbi che si è trattato di una vera e propria débacle per il centro-destra. I numeri non sono interpretabili, sono chiari e chi li volesse ingarbugliare farebbe solo inutili e grotteschi esercizi di soffi verbali. Ciò premesso, qualche riflessione è opportuna.
A Milano, ieri pomeriggio, passando con il tram 12 da piazza del Duomo, ho rivisto – oltre ad una discreta folla (ma era presto) – sventolare le bandiere rosse con il ritratto del mitico Che Guevara: mi ha fatto una certa impressione. Cambiando con l’1 in piazza della Scala, mi è tornata in mente la bella novella di Buzzati, “La rivoluzione a Milano”, con i tanti borghesi snob rinchiusi nel teatro e qualche damazza preoccupata: “Oddio, è scoppiata la rivoluzione e non so cosa mettermi”. Ho appreso che, di lì a poco, in quella piazza, davanti a Palazzo Marino,  hanno fatto un defilé delle damazze vere, così snob, così à la page, così felici della nuova tinta di moda, un rosso sbiadito convertito in un più presentabile arancione. 
Anche un premio Nobel, con la distinta signora ed un'assortita combriccola di cantanti, attori e comici, per lo più lautamente pagati da Mediaset...
Da una borghese triste a dispetto del nome, la Moratti, ad una altro borghesone gauche-caviar, Giuliano Pisapia, nel tripudio del generone  economico-finanziario che comanda sul serio, nelle ovattate stanze delle banche e delle finanziarie ed elargisce perle di comprensione e di compassione verso il popolo, con degnazione.
Sotto questo aspetto, non cambia niente: sono sempre gli stessi, con colori diversi; anche le famiglie si sono divise, cognata contro cognata; il popolo resta a guardare, ammirato da cotanti lustrini e pailletes. I problemi restano, aggravati da viscerali contrapposizioni. Stravince il gattopardo.
“Benvenuti a Milano i nostri fratelli rom e musulmani” ha proclamato ecumenico e bleso il Presidente della Regione Puglia in piazza del Duomo; sicuramente, da piazza Fontana, tali memorabili parole saranno state ascoltate con compiacimento da monsignori caritatevoli e, forse, con il sorriso purpureo di eminenze  prossime al pensionamento.
Li vedremo all’opera; buon lavoro al Signor Sindaco; magari sarà bravissimo; mai disperare.
Evviva la rivoluzione anche a Napoli; dove, però, non si capisce contro chi. La sinistra governava già da vent’anni… Se le dicono e se le cantano tra di loro. Forse la rivoluzione sta nella fine del gracidìo stridulo della cara Rosetta Russo Iervolino, sostituito dal maschio vocione del nuovo Maestro. Quanto ai rifiuti, i Napoletani, d’ora in avanti, si arrangeranno, vero? Non è più il caso di scomodare l’Esercito. Pensino loro alla loro monnezza e ci lascino in pace. Ogni limite ha una pazienza, direbbe Totò;  fatta la scelta, i limiti e la pazienza  sono finiti. Anche questo è federalismo. Ci pensino i (De) Magistris.
Nella ridotta varesina, culla e Betlemme della Lega purissima, come pure a Desio, a Rho, a Limbiate, la sinistra ha vinto. Si salva solo Varese ed è una consolazione, poiché il Sindaco Attilio Fontana è davvero persona capace e meritevole di conferma; gli faccio tanti auguri, come al Sindaco di Busto Arsizio.
Ma Gallarate è il segno vivente e virulento della sconfitta più bruciante. La patria della nomenclatura pidiellina, il centro decisionale del centrodestra, la fortezza invincibile del feudatario locale, che con mano padronale reggeva de facto il PdL varesino e s’intrometteva nella Amministrazioni altrui, è finito a sinistra. Tra nubi rossastre e fumiganti svolazzi dal profumo di tabacco, il crollo di un Mito.
Le prime crepe, in verità, si erano già viste a Saronno nel 2009, a causa di furibonde lotte intestine e di diktat extracittadini, aggravatesi nel 2010 (in questo senso, la nostra città è pioniera); adesso siamo al crollo vero e proprio e diffuso.
Mourir pour Dantzig?, si domandavano i francesi nel 1939, alla vigilia dello scoppio della  seconda guerra mondiale. Mourir pour Gallarate?  si sono  domandati da tempo molti nel centrodestra di questa provincia. A me, come a tanti altri amici saronnesi e non, è parso del tutto inopportuno e, pur nel coerente mantenimento della propria posizione antagonista alla sinistra, abbiamo cercato di dar corpo ad un’alternativa: con fortune piccole piccole, per ora; ci vorrà del tempo e molta pazienza.
Tuttavia, anche se non è nostra intenzione intrometterci negli affari di altre formazioni politiche, ci aspettiamo con fiducia che questa pagina brutta del centrodestra nella nostra provincia inneschi un processo di rielaborazione e di cambiamento virtuoso di vetusti riti di potere, che - pur avendo reso qualche prestigioso, comodo e conveniente scranno regionale - hanno condotto ad una serie impressionante di disastri e lasciato orfani tanti elettori moderati, incapaci di ingoiare altri rospi di arroganza e di logiche inammissibili.
Il centrodestra nel purgatorio, dunque; non è ancora l’inferno, è sempre possibile emendarsi (anche se certi commenti sulle elezioni gallaratesi ci ispirano ben poche speranze).
Anche la Lega, a nostro sommesso parere, dovrebbe darsi una regolata e concentrarsi sull’attuazione concreta ed utile dell’agognato federalismo fiscale, piuttosto che reclamare ridicoli traslochi ministeriali a Milano (dove, invece, p.es., potrebbero trovare sede altri delicati organi nazionali, come le Autorità della concorrenza, della privacy, delle telecomunicazioni, che è bene stiano distanti dal polo governativo romano).
Ovviamente, sono auspici tutti nostri, non … de magistris, ma di osservatori critici in positivo, che guardano al futuro prolungamento di una stagione politica spesso troppo denigrata, bisognosa di una rifondazione e di un aggiornamento dal basso.
Noi, da tempo, nel nostro piccolo, siamo pronti. 
Chissà se qualcuno – soprattutto tra chi puote – condividerà? 
Altrimenti, saranno solo macerie e ci troveremo un Governatore Nazionale proveniente da Bari, con i Prodi al Quirinale (ci pensino anche i seguaci del PD, che non sono irragionevoli; la prospettiva è inquietante ed estremistica).
Oremus.

sabato 21 maggio 2011

Ricordo di una Signora: Tina Prandina, dolce cuore rossonero


Stamani è avvenuta la scomparsa di Ernestina (Tina) PAGANI ved. PRANDINA, ad età venerabile, tra l’affettuoso compianto dei figli e nipoti.
Un grande pezzo del cuore saronnese si trasferisce in Cielo, dove la mitica Sciùra Tina  ritroverà chi ha amato e l’ha preceduta nel viaggio del commiato.
Riposerà anche lei nella pace e magari San Pietro, quando Tina ha bussato alla porta, non si è stupito di vederla con i colori del “diavolo” rossonero, quel “diavolo” buono e sportivo, il Milan, a cui ha dedicato grande parte delle sue energie e della sua vita. Chissà se le avrà dato il salvacondotto per continuare a portare quegli amatissimi colori, assolvendo quel  diavolaccio in fondo innocuo!
C’è modo e modo di essere tifosi; Tina lo è stata fino al midollo, ma in maniera esemplare, composta e leale. Ha saputo trasformare la passione calcistica in occasione di unione e di aggregazione, fondando  40 anni fa, nel giorno di Sant’Agata, festa delle donne, il primo club femminile calcistico italiano, il Milan Club Femminile Stella.
Con un bel coraggio, in un’epoca in cui il calcio era ancora affare esclusivamente maschile e Rita Pavone cantava “perché perché la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita?”.
Coraggio e lungimiranza, che hanno dato luogo ad una bella realtà, vivacissima dopo otto lustri, che ha permesso a tantissime donne, giovani e meno giovani, di stare insieme e di coltivare tranquillamente la loro passione per il Milan e di creare uno spirito associativo attento anche ai bisogni degli altri.
Una Signora, con la “s” maiuscola, sempre elegante ed inappuntabile alle partite (una vera festa); conosciuta ovunque, amata dai giocatori, dalla società, dai milanisti; presenza discreta  sempre “materna”.
Ha chiuso gli occhi poche ore dopo la celebrazione del 40° del Milan Club Femminile Stella: ha voluto essere presente, almeno nello spirito, a questo anniversario, per lei così importante. Poi, ha intrapreso il viaggio per uno stadio grande grande, dove la gioia della vittoria è senza fine, alla luce della stella della Verità, in cui ha sempre creduto.
Addio, carissima Tina; non La scorderò facilmente – e, come me, quanti hanno avuto il privilegio di conoscerla -, né potrò mai dimenticare, con la mia famiglia, per più generazioni, l’affetto, la gioia ed il buon esempio che ci ha saputo trasmettere. 
Ora tiferà per tutti.

venerdì 20 maggio 2011

Ricami (42): Il flop dell’inquisitore improbabile


Tranquilla, a tratti noiosa seduta, l’altra sera, al Consiglio Comunale, chiamato ad esaminare il conto consuntivo dell’anno 2010.
Rispettato il patto di stabilità – come sempre -; ridotte le spese d’investimento del 50% sulle previsioni per mancanza di entrate; forti riduzioni della spesa corrente; il 6% in meno di dipendenti comunali (-18), ma aumento del loro costo unitario; 1,8 milioni di multe accertate (piatto forte dell’entrata!): un panorama difficile, che rispecchia le difficoltà della crisi attuale e, soprattutto, la forte pressione esercitata dal Governo (per obblighi dell’Unione Europea) sulla finanza degli Enti Territoriali. Su quest’ultimo argomento, c’è stata una seria convergenza tra tutte le forze politiche.
Unione Italiana si è astenuta: un voto tecnico, non politico, poiché, in buona sostanza, il bilancio preventivo del 2010 non era frutto delle decisioni della nuova Amministrazione, ma era stato predisposto dalla Commissaria Straordinaria, peraltro con molta rigidità.
Il nostro atteggiamento responsabile – a cui si è unito il Gruppo del PdL – è stato però mal interpretato dalla maggioranza.
Il Segretario del PD ha svolto un ragionamento semplicistico: siccome non ci tirate sassate addosso, vuol che dire che abbiamo lavorato bene; oltretutto, non ci sono proposte alternative vostre.
Affermazioni inutili ed ingiustificate, coda vanamente polemica di un discorso per il resto apprezzabile e realistico: quando occorre, le “sassate” sappiamo benissimo assestarle e il ritiro di tante delibere incautamente portate all’attenzione del Consiglio Comunale lo testimonia al di là di ogni ragionevole dubbio. Ma siccome siamo persone attente e coi piedi per terra, non avremmo potuto ignorare né la mano commissariale sul bilancio del 2010, né le restrizioni dovute alla generale politica di contenimento della spesa. L’astensione, di certo non “concordata” con i Reggitori della città, è il nostro giudizio prudente ed onesto. L’anno prossimo, tuttavia, non sarà così per il consuntivo del 2011, che sarà tutta farina del sacco della maggioranza… Non saranno sassate, ma critiche accurate e puntuali.
Quanto alle proposte alternative, non era mai successo nella storia del Consiglio Comunale di Saronno che le minoranze presentassero degli emendamenti al bilancio, con gli adeguati finanziamenti:  quest’anno sì, poiché sia U.I., sial il PdL lo hanno fatto, con suggerimenti chiari e specifici. Peccato che l’ìnclita Giunta e la rocciosa maggioranza non li abbiano nemmeno voluti prendere in considerazione… Erano abituati in altro modo quando stavano all’opposizione: a dire di no pregiudizialmente ed a mandare sassateIdem per le sensate ed articolate proposte sulle zone a 30 all’ora, formulate dall'opposizione nella Commissione Territorio!
Ma il peggio, del tutto inatteso anche per i toni da requisitoria, è occorso quando ha preso la parola il corrucciato Capogruppo di Tu@saronno; con un crescendo vocale, ha accusato U.I. e PdL di avere criticato a vanvera l’Amministrazione nel corso della discussione dell’assestamento del bilancio 2010 alla seduta del 27 novembre u.s., dando lettura di stralci del verbale, per segnare così, in modo virulento, la presunta irresponsabilità dell’opposizione, che non aveva esitato a parlare di conti falsi ed aveva richiesto le dimissioni dell’Assessore. Atteggiamento, questo, oggetto di critiche al curaro del fine relatore, che ha pure impresso il solito atteggiamento didattico alle sue argomentazioni, per insegnare - magister unus - a noi avversari come parlare in Consiglio Comunale, che cosa dire, che cosa non dire. 
Roma locuta est, è il caso di dire quando Lui arringa.
Il discorso del nostro contraddittore è privo di qualsiasi giustificazione, politica e tecnica. Anzitutto, non compete né a lui, né ad altri spiegarci come fare opposizione; ognuno ha la più ampia libertà di sceglierne i modi; il giudizio finale spetta agli elettori. 
Di poi, il pessimo vezzo à la Robespierre  di utilizzare ad effetto discorsi altrui decontestualizzati  si infrange clamorosamente contro il muro dei conti: il 27 novembre 2010, questi  erano sbagliati ed era nostro dovere farlo rilevare; oggi siamo lieti di costatare che l’Assessore, con gli Uffici, si è emendato ed ha presentato conti corretti; saremmo degli stolti se anche oggi lo prendessimo a sassate.  Ponderiamo i giudizi a seconda delle situazioni, tentando di attenerci al motto evangelico secondo cui il linguaggio sia sì sì, no no.
Ormai questi arrembaggi dialettici, con deprecabili ed antipatici caratteri di natura personale, non ci meravigliano più, anche se conditi con citazioni leziose di poeti sudamericani; ci suonano solo come insopportabili esercizi d'improbabile inquisizione votata al flop; per fortuna, maggioranza ed opposizione, al loro interno, hanno sensibilità e differenze che, in gran parte, consentono un dibattito forse non troppo avvincente, ma tutto sommato corretto e produttivo, nella distinzione delle funzioni: la novità  deriva dall’approccio pragmatico che in gran parte questa opposizione – forte di competenze acquisite sul campo – ha deciso di adottare.
Non riusciamo a vedere né maestri, né alunni; per quanto mi concerne, almeno per motivi di età, ritengo trapassata l’epoca in cui sono stato allievo, scolaro, studente, praticante a tempo pieno: erano fasi preparatorie dell’acquisizione della propria autonomia intellettuale. Certamente continuo ad imparare  - invecchio ogni giorno imparando nuove cose, come scriveva Solone molti secoli fa -; mi scelgo, però, i maestri, da cui escludo chi si ritiene perennemente tale, in servizio permanente effettivo e si prende troppo sul serio.
Per questo, considero di molto più istruttivi (ed ho ascoltato con viva attenzione) gl’interventi nella seduta aperta di alcuni cittadini, le cui analisi puntuali e documentate hanno offerto spunti per importanti riflessioni, purtroppo snobbate frettolosamente da qualche  Assessore imbarazzato e còlto alla sprovvista: argomenti seri, su cui presto varrà la pena di ritornare.
Il curaro resti pure ad altri; abbiamo l’antidoto, non praevalebunt.

lunedì 16 maggio 2011

Un arrivederci


Annalisa RENOLDI si è dimessa dal Consiglio Comunale di Saronno, come aveva preannunciato qualche tempo fa.
Malgrado ciò, la notizia mi rattrista, perché da quasi tre lustri durava la nostra collaborazione nella vita amministrativa e politica saronnese: con lei a fianco, quale impeccabile Vice Sindaco, ho vissuto un’intensa stagione nell’amministrazione, durata ben dieci anni; con lei ho ripreso il desiderio di partecipazione istituzionale ed ho condiviso la scelta di Unione Italiana.
Non sarà facile cambiare un’abitudine di affiatamento, che ha resistito a tante prove e tensioni ed ha prodotto una collaborazione continua, leale, coscienziosa, competente e rapporti personali consolidati.
D’altra parte, comprendo benissimo che i suoi impegni per la nuova formazione politica, cui si dedica con la sua proverbiale tenacia, le impediscano di dedicare al Consiglio Comunale le energie necessarie.
Con funzioni diverse, dunque, continueremo insieme la nostra battaglia, nel segno dello spirito civico che continua ad animarci.
Auguri ad Annalisa per un futuro d’impegno politico foriero di soddisfazioni e di coerenza ai princìpi della buona amministrazione e della moderazione e un caloroso arrivederci, grato per quanto fatto insieme in così tanti anni.

mercoledì 11 maggio 2011

Lampi (13): il Grande Fratello 30


Il Grande Fratello 30 ci osserva: dai cartelli posticci in cartoncino, dai manifesti  in quadricromia e, ora, dagli striscioni giganteschi. Per non parlare delle telecamere.
Un’attenzione compulsivo-ossessiva, che si trasforma in propaganda unilaterale di regime ed in silenzioso, guardingo ed autoritario trappolone.
Esempio preclaro di pubblicità-regresso, degno dell’educazione popolare  senso unico, per crearsi il consenso che non c’è.
A quando l’inno ufficiale?
Sulle parole: “Noi vogliamo tanto bene / al Grandissimo Fratello! / Lui ci regge e ci sostiene / Lui ci dice: trenta è bello! / Obbedendo ai Suoi dettati / rispettiam ogni cartello! / Finalmente ci ha educati / l’amatissimo Fratello!  / Lunga vita al Reggitore / dal pensiero saggio e bello! / Deh, compagni, a tutte l’ore / su brindiam con il Trentello! ”.
Come accompagnamento, la musichetta di “Noi vogliamo tanto bene alla Madre Superiora”.

venerdì 6 maggio 2011

Ricami (41): gl'incivili


Che la pubblicità sia l’anima del commercio lo sanno tutti.
Anche i nostri provvisori Reggitori, i quali hanno pensato bene di dar corso ad una massiccia campagna pubblicitaria per vendere il loro “prodotto” dei 30 all’ora, evidentemente poco appetibile.
A spese dei Cittadini, ovviamente, anche di quelli che non condividono siffatta scelta: un modo furbesco di propaganda a senso unico a carico di tutti.
Ma fin qui si tratta di un peccato veniale. Il peggio è altro.
Gli  eleganti manifesti policromatici affissi per tutta la città, infatti, dietro un’apparenza innocua e gradevole per grafica, nascondono un messaggio pericoloso, che si vuol insinuare nelle teste dure dei Saronnesi: che, cioè,  i 30 km all’ora siano sinonimo di civiltà, di sensibilità sociale, di bene assoluto; ergo, i favorevoli a tale provvedimento sono civili, sensibili, altruisti, bravi e buoni.
E gli altri, quelli che non ne sono convinti? Il passaggio mentale è automatico: per associazione, direbbero gli psicologi, sono gl’incivili, gl’insensibili,   gli egoisti, i brutti e cattivi.
Per raggiungere questo risultato, non si esita a ricorrere al ricatto morale: “non correre, pensa a loro”, dice un manifesto, con riferimento ai bambini. Come se i Saronnesi siano una massa d’incoscienti vogliosi di esercitarsi al chilometro lanciato sulle strade urbane, puntando ai bambini come birilli da abbattere! Una massa di prepotenti da rieducare.
“Più bici e siamo più felici”: si promette messianicamente la felicità (sic!) a chi si dà al velocipede: peccato che non tutti lo possano usare; c’è chi lavora con l’automobile; c’è chi ha difficoltà di salute che deve farsi trasportare;  c’è chi ha beni ingombranti da spostare; c’è anche chi è pigro (ma non lo si può bastonare!); c’è la meteorologia, che assegna al nostro clima una gran parte dell’anno a condizioni disagiate, se non proibitive per l’uso della bicicletta.
“Prima che automobili, siamo tutti pedoni”: espressione ovvia, che ignora la realtà dell’abitudine già maggioritariamente diffusa di muoversi a piedi in una città di 3,5 km x 3,5 km, dove le distanze sono contenute e non richiedono necessariamente mezzi di locomozione a motore. Il traffico in Saronno, lo sanno tutti, è massivamente originato dall’attraversamento di veicoli non saronnesi; su questo si deve cercare di incidere, non con disposizioni cervellotiche e vessatorie!
Per creare un consenso che non c’è, dunque, i nostri ineffabili Amministratori le tentano tutte, anche subdolamente, ignorando il codice della strada e classificandoci in buoni e cattivi; un giudizio universale senza appello, che promuove un paradiso indimostrato e inesistente; il paradiso della (presunta) sicurezza,  dimenticato bellamente il motivo originario del noto provvedimento (la lotta all’inquinamento).
Nuovo stress per i Saronnesi, dunque; anche la propaganda unilaterale e tendente a creare imbarazzi e problemi di coscienza: chi non è con noi, è contro la vita, la sicurezza, la pulizia!
Pubblicità regresso; da ossessivi educatori, irrispettosi delle obiezioni altrui.
Da incivili.
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Commenta svelto Ale Galli su Facebook: Buoni e cattivi? E dov'è che sta scritto, esattamente? Sono temi proposti alla città per fare una cosa che di solito ai politici non piace molto: pensarci su, magari informarsi, farsi un'idea che non sia preconcetta. Cmq, era un commento atteso, non mi stupisce. Tutto normale. :)  A margine, vista la premessa sullo spreco di denaro: il comune non ha speso un euro per la campagna, se non per la stampa dei manifesti, visto che le persone che l'hanno ideata hanno lavorato gratis. Siamo nell'ordine di qualche cento euro. Lo sappia chi legge.
Mia glossa: Bene, bene, 100 €.... Appena poco più che 30... Ma la sostanza dell'unilateralità non cambia. Anzi, dal tuo commento, traggo un altro spunto di riflessione: "...per fare una cosa che di solito ai politici non piace molto: pensarci su...". Anche se non mi sono mai ritenuto un "politico", ma un semplice "amministratore", non mi sfugge l'innato ed incomprimibile afflato demagogico di questo pensiero: i "politici" (rectius, a livello locale gli "amministratori") non amano pensare... Toh! Ci voleva proprio qualcuno che li inducesse, li forzasse a farlo... Finalmente, dalla preistoria, siamo entrati nel progresso. Un'altra classificazione, dunque. Per certo, mi confesso preistorico
Quanto al "dove sta scritto", un bravo pubblicitario, come il mio interlocutore, sa benissimo che la propaganda fa più effetto quando è indiretta e mascherata... Ci vuole poco a capire il messaggio sottostante... Non è una novità, è una tecnica... Mettere a disagio chi non condivide, per catturarlo...

martedì 3 maggio 2011

Ricami (40 ): nel post-Osama, evviva il Pakistan


Osama bin Laden è stato individuato ed eliminato a circa 60 km da Islamabad (“città dell’Islam”), capitale del Pakistan, definito nazione indispensabile per il controllo dei terroristi, alleato in prima linea degli USA.
Un bel Paese, in cui, l’intento discriminatorio nei confronti degli infedeli è esplicito: in Pakistan infatti, dove la minoranza cristiana e induista rappresenta il 5%, ossia circa 9 milioni di persone (milioni, non bruscolini), è stata imposta la shar’ia, la legge coranica, come unica fonte del diritto, a cui sono soggetti anche i non musulmani, con conseguenze aberranti:
  •  alle elezioni, i non islamici possono votare solo per i pochi seggi loro riservati;
  •  per la celebrazione dell’Eucarestia cristiana, i sacerdoti devono munirsi di permesso della Polizia per usare il vino, altrimenti proibito e punito;
  •  in tutte le scuole pubbliche è obbligatorio seguire l’insegnamento della religione musulmana anche per gli alunni appartenenti ad altre fedi;
  • la legge contro la “blasfemia” (art. 295 del Cod. pen.) prevede pene durissime, fino alla pena di morte, per chi sia sospettato d’aver offeso l’islam (circa 700 cristiani sono stati imprigionati per tale ragione, senza possibilità di difesa, poiché la testimonianza dei musulmani prevale d’ufficio su quella dei cristiani); 
  • tutte le cause civili e penali sono decise secondo il Corano, nei tribunali guidati da religiosi musulmani, anche se le parti non sono musulmane.

Il paese sognato da Osama, dunque, che l’alleato ai pakistani Obama ha fatto togliere di mezzo.

Chissà come la prenderanno i Pakistani pii, devoti e pacifici: così?

Lampi (12): yes, they can.


Il Presidente Obama annuncia l’uccisione di Osama, nel tripudio di popolo, che assedia entusiasta la Casa Bianca di notte, illuminata a giorno.
Capisco l’orrore che ancora oggi si prova al pensiero dell’11 settembre e delle sue vittime, lo provo anch’io; non capisco, però, per quale motivo gli americani abbiano preferito le vie spicciative dell’eliminazione immediata, quando esistono tribunali internazionali, perfettamente funzionanti, che avrebbero potuto processare il terrorista nel rispetto delle norme giuridiche di civiltà.
Questa tendenza alla “semplificazione” mi lascia molto perplesso: dal blitz contro Osama, agli aerei intelligenti sulla Libia (metodo non usato con la Siria, però).
Insomma, un diffuso stato di guerra, non proclamato apertamente, ma di fatto operante.
A questo punto, c’è da domandarsi perché continuare a mantenere organismi così costosi come l’ONU: c’è già una gendarmeria efficiente e mondiale (in cui, insieme agli statunitensi, si distinguono gl’inglesi e, soprattutto, i francesi, con truppe in diversi Stati africani): YES, WE CAN (oui, nous pouvons); gli altri possono stare a guardare, nevvero?
Bel modo per intascarsi la rielezione? Da noi pare porti male, sia alla maggioranza, sia all’opposizione... 
Forse perché distinguiamo ancora la “b” dalla “s” e Lampedusa è così prossima alla Libia ed ai profughi: mica siamo alle Hawaii… 
Yes, they can.