martedì 31 maggio 2011

Ricami (43): il PURGATORIO


I risultati delle elezioni amministrative di ieri non possono passare in sordina. Con franchezza, riconosco senza dubbi che si è trattato di una vera e propria débacle per il centro-destra. I numeri non sono interpretabili, sono chiari e chi li volesse ingarbugliare farebbe solo inutili e grotteschi esercizi di soffi verbali. Ciò premesso, qualche riflessione è opportuna.
A Milano, ieri pomeriggio, passando con il tram 12 da piazza del Duomo, ho rivisto – oltre ad una discreta folla (ma era presto) – sventolare le bandiere rosse con il ritratto del mitico Che Guevara: mi ha fatto una certa impressione. Cambiando con l’1 in piazza della Scala, mi è tornata in mente la bella novella di Buzzati, “La rivoluzione a Milano”, con i tanti borghesi snob rinchiusi nel teatro e qualche damazza preoccupata: “Oddio, è scoppiata la rivoluzione e non so cosa mettermi”. Ho appreso che, di lì a poco, in quella piazza, davanti a Palazzo Marino,  hanno fatto un defilé delle damazze vere, così snob, così à la page, così felici della nuova tinta di moda, un rosso sbiadito convertito in un più presentabile arancione. 
Anche un premio Nobel, con la distinta signora ed un'assortita combriccola di cantanti, attori e comici, per lo più lautamente pagati da Mediaset...
Da una borghese triste a dispetto del nome, la Moratti, ad una altro borghesone gauche-caviar, Giuliano Pisapia, nel tripudio del generone  economico-finanziario che comanda sul serio, nelle ovattate stanze delle banche e delle finanziarie ed elargisce perle di comprensione e di compassione verso il popolo, con degnazione.
Sotto questo aspetto, non cambia niente: sono sempre gli stessi, con colori diversi; anche le famiglie si sono divise, cognata contro cognata; il popolo resta a guardare, ammirato da cotanti lustrini e pailletes. I problemi restano, aggravati da viscerali contrapposizioni. Stravince il gattopardo.
“Benvenuti a Milano i nostri fratelli rom e musulmani” ha proclamato ecumenico e bleso il Presidente della Regione Puglia in piazza del Duomo; sicuramente, da piazza Fontana, tali memorabili parole saranno state ascoltate con compiacimento da monsignori caritatevoli e, forse, con il sorriso purpureo di eminenze  prossime al pensionamento.
Li vedremo all’opera; buon lavoro al Signor Sindaco; magari sarà bravissimo; mai disperare.
Evviva la rivoluzione anche a Napoli; dove, però, non si capisce contro chi. La sinistra governava già da vent’anni… Se le dicono e se le cantano tra di loro. Forse la rivoluzione sta nella fine del gracidìo stridulo della cara Rosetta Russo Iervolino, sostituito dal maschio vocione del nuovo Maestro. Quanto ai rifiuti, i Napoletani, d’ora in avanti, si arrangeranno, vero? Non è più il caso di scomodare l’Esercito. Pensino loro alla loro monnezza e ci lascino in pace. Ogni limite ha una pazienza, direbbe Totò;  fatta la scelta, i limiti e la pazienza  sono finiti. Anche questo è federalismo. Ci pensino i (De) Magistris.
Nella ridotta varesina, culla e Betlemme della Lega purissima, come pure a Desio, a Rho, a Limbiate, la sinistra ha vinto. Si salva solo Varese ed è una consolazione, poiché il Sindaco Attilio Fontana è davvero persona capace e meritevole di conferma; gli faccio tanti auguri, come al Sindaco di Busto Arsizio.
Ma Gallarate è il segno vivente e virulento della sconfitta più bruciante. La patria della nomenclatura pidiellina, il centro decisionale del centrodestra, la fortezza invincibile del feudatario locale, che con mano padronale reggeva de facto il PdL varesino e s’intrometteva nella Amministrazioni altrui, è finito a sinistra. Tra nubi rossastre e fumiganti svolazzi dal profumo di tabacco, il crollo di un Mito.
Le prime crepe, in verità, si erano già viste a Saronno nel 2009, a causa di furibonde lotte intestine e di diktat extracittadini, aggravatesi nel 2010 (in questo senso, la nostra città è pioniera); adesso siamo al crollo vero e proprio e diffuso.
Mourir pour Dantzig?, si domandavano i francesi nel 1939, alla vigilia dello scoppio della  seconda guerra mondiale. Mourir pour Gallarate?  si sono  domandati da tempo molti nel centrodestra di questa provincia. A me, come a tanti altri amici saronnesi e non, è parso del tutto inopportuno e, pur nel coerente mantenimento della propria posizione antagonista alla sinistra, abbiamo cercato di dar corpo ad un’alternativa: con fortune piccole piccole, per ora; ci vorrà del tempo e molta pazienza.
Tuttavia, anche se non è nostra intenzione intrometterci negli affari di altre formazioni politiche, ci aspettiamo con fiducia che questa pagina brutta del centrodestra nella nostra provincia inneschi un processo di rielaborazione e di cambiamento virtuoso di vetusti riti di potere, che - pur avendo reso qualche prestigioso, comodo e conveniente scranno regionale - hanno condotto ad una serie impressionante di disastri e lasciato orfani tanti elettori moderati, incapaci di ingoiare altri rospi di arroganza e di logiche inammissibili.
Il centrodestra nel purgatorio, dunque; non è ancora l’inferno, è sempre possibile emendarsi (anche se certi commenti sulle elezioni gallaratesi ci ispirano ben poche speranze).
Anche la Lega, a nostro sommesso parere, dovrebbe darsi una regolata e concentrarsi sull’attuazione concreta ed utile dell’agognato federalismo fiscale, piuttosto che reclamare ridicoli traslochi ministeriali a Milano (dove, invece, p.es., potrebbero trovare sede altri delicati organi nazionali, come le Autorità della concorrenza, della privacy, delle telecomunicazioni, che è bene stiano distanti dal polo governativo romano).
Ovviamente, sono auspici tutti nostri, non … de magistris, ma di osservatori critici in positivo, che guardano al futuro prolungamento di una stagione politica spesso troppo denigrata, bisognosa di una rifondazione e di un aggiornamento dal basso.
Noi, da tempo, nel nostro piccolo, siamo pronti. 
Chissà se qualcuno – soprattutto tra chi puote – condividerà? 
Altrimenti, saranno solo macerie e ci troveremo un Governatore Nazionale proveniente da Bari, con i Prodi al Quirinale (ci pensino anche i seguaci del PD, che non sono irragionevoli; la prospettiva è inquietante ed estremistica).
Oremus.

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