Il candidato a Sindaco Avv. Angelo Proserpio – negl’inconsueti panni di un micro-Obama nostrano – descrive così i miei primi cinque anni di Amministrazione: «I primi cinque anni c’è stato un grande attivismo, grazie ai fondi che aveva lasciato in eredità la giunta di centrosinistra di Tettamanzi. Fondi con cui Gilli ha fatto molto movimento e si è fatto vedere».
Dice il vero sul grande attivismo, che però giustifica come se il fattore scatenante fosse stata la fortuna di avere a disposizione dei fondi, un tesoretto proveniente dalla precedente Amministrazione, che da formichina aveva risparmiato.
Purtroppo, la scienza dell’amministrazione insegna tutt’altra cosa; principio fondamentale (e logico, direi) è che gli Amministratori devono chiedere il minimo possibile ai Cittadini per gestire la città e, conseguentemente, devono spendere possibilmente tutto ciò che hanno chiesto per realizzare il bilancio annuale.
Dice il vero sul grande attivismo, che però giustifica come se il fattore scatenante fosse stata la fortuna di avere a disposizione dei fondi, un tesoretto proveniente dalla precedente Amministrazione, che da formichina aveva risparmiato.
Purtroppo, la scienza dell’amministrazione insegna tutt’altra cosa; principio fondamentale (e logico, direi) è che gli Amministratori devono chiedere il minimo possibile ai Cittadini per gestire la città e, conseguentemente, devono spendere possibilmente tutto ciò che hanno chiesto per realizzare il bilancio annuale.
Non vi sono risparmi nella contabilità pubblica, non vi devono essere, perché se si avanza qualcosa, vuole dire che o 1) si sono sbagliate le previsioni e si è chiesto ai cittadini di pagare di più del necessario o 2) non si è stati capaci di impegnare e spendere le somme chieste ai cittadini.
L’avanzo di amministrazione, dunque, non è un risparmio, ma è la prova dell’incapacità più o meno alta di amministrare; non è un utile come in un bilancio privato, è una manifestazione di inefficienza.
Quindi, se è vero che l’Amministrazione Tettamanzi lasciò una discreta somma al suo termine, vuol dire che non era stata in grado di governare in modo adeguato, vuol dire, soprattutto, che aveva aumentato l’ICI ed introdotto l’addizionale IRPEF senza riuscirne poi a spendere il ricavato: che bisogno c’era, allora, di tartassare i cittadini?
Dunque, di non di tesoretto si trattava, ma di monumento all’inefficienza; questi soldi – dei Saronnesi – c’erano già, da anni, e dovevano essere usati sia per nuove opere e nuovi servizi, sia per ridurre la pressione fiscale (l’ICI sulla prima casa, nei primi cinque anni della mia Amministrazione, passò dal 5,2 per mille al 4,0 per mille).
Oggi la situazione economico-finanziaria dei Comuni è ben altra cosa; il sistema dei Comuni ha dato il più alto contributo al risanamento delle finanze pubbliche; il patto di stabilità, i sempre minori trasferimenti dallo Stato, i sempre maggiori servizi imposti ai Comuni, la gravità generale della contingenza economica, l’enorme diminuzione degli oneri di urbanizzazione, la difficoltà ad assumere mutui pesano enormemente e costringono ad una politica di bilancio al limite della sussistenza, come tutti gli Amministratori, di ogni colore e di ogni provenienza geografica, denunciano quotidianamente.
Reperire nuove risorse è impresa titanica, sicché governare si è reso molto più difficoltoso e complicato; le promesse elettorali, poi, corrono il rischio di rimanere sogni irrealizzabili.
Non resta che sperare negli effetti benefici del federalismo fiscale, recentemente approvato dal Parlamento, e della riforma della Pubblica Amministrazione, in via di approvazione definitiva da parte delle Camere.
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