sabato 30 maggio 2009

L'importanza di una "i"


Sfinito per fatica

di compier la commessa

di tramutar il vino

in acido d'aceto,

è ben che gli si dica

in forma assai sommessa

che a un vero scribacchino

d'error si fa divieto.

Dedicato a chi, per compiacere l'editore, si dà anima e corpo alla bisogna e, per mordere a cottimo, dimentica l'ortografia elementare e scivola - in prima pagina - su di un semicubitale "SOGNAMO" e, con la necessaria "i", perde la sufficienza in lingua italiana.
Bocciato o riparerà a settembre?

Hic fervet opus


Poco avvezzo alla tecnica, sono rimasto impressionato questa notte in una lunga visita al cantiere, dai lavori in corso in Viale Lombardia/Via Piave, dove si sta realizzando la grande rotatoria, destinata a sciogliere uno dei nodi più difficili della nostra peraltro difficile viabilità.

Con la presenza di decine di tecnici ed operai e le manovre di enormi mezzi speciali, è stato fatto lo scavo sotto Via Lombardia, in cui hanno posato un modernissimo tunnel prefabbricato, dall'interno vetrificato a prova di imbrattamenti, che metterà in collegamento ciclo-pedonale la città con la Cascina Colombara e la stazione di Saronno Sud, raggiungibili attraverso la già realizzata pista per biciclette.

Incredibile che in una sola notte (tra l'altro contrassegnata dalla sorpresa del reperimento di cavidotti sconosciuti e non rilevati) si sia potuto realizzare, di fatto, un sottopasso, che - con le tecniche consuete - avrebbe richiesto giorni e giorni di lavoro e di consolidamento.

Complimenti alle qualificate maestranze ed ai loro tecnici, che mi hanno offerto (nonostante il freddo pungente ed improvviso) uno spettacolo di efficienza, di sicurezza e di coordinamento impeccabile, in una notte limpida e ventosa.

Un altro grande passo per il significativo miglioramento della città, insieme alle due rotatorie all'uscita dell'autostrada (in via di compimento, una decorata da una vecchia locomotiva): vistane l'efficacia ed i consistenti risparmi di tempo e di stress per chi circola, rifletto sul troppo tempo, sui chilometrici discorsi, sulle inutili polemiche che hanno impedito di arrivare molto prima al risultato così atteso.

Bisogna prendere esempio dall'efficienza di chi lavora così bene; così la politica sarebbe molto più popolare.

Grazie all'amico Fabio Mitrano, che era con me questa notte, per avermi concesso di riprodurre le fotografie dal suo interessantissimo ed istruttivo blog http://fabiomitrano.blogspot.com/

venerdì 29 maggio 2009

Lo spirto guerrier ch'entro mi rugge



Giovedì sera, con un'improvvisata di cui ho dato avviso poche ore prima, si sono ritrovati con me a Villa Gianetti molti Concittadini, ai quali ho presentato il sommario rendiconto della mia attività amministrativa degli ultimi dieci anni.
Al di là dei contenuti, su cui mi soffermerò in altra occasione, è stata per me una serata importante e di notevole impatto emotivo: mi è parso di ritornare indietro al maggio 1999, quando, insieme a tanti, battevamo senza sosta la città per presentare il programma con cui ci proponevamo di amministrare Saronno; in un clima affannato, indaffarato, molto determinato, si sopperì con l'entusiasmo alle pecche organizzative di formazioni politiche nate da poco, peraltro molto più unite dallo scopo comune, che in competizione per darsi visibilità.
Iniziò, così, un'avventura durata due lustri, contrassegnati - il primo - da grande efficienza e voglia di fare, da Saronnesi tra e per i Saronnesi, con primaria attenzione all'amministrazione anche la più minuta, lievi legami con la politica tradizionale e, specialmente, forti e stretti rapporti personali di stima e di fiducia reciproci; il secondo, invece, con l'immissione di elementi più politici, dal lento affievolersi dell'entusiasmo iniziale e dal rientro nelle consuetudini partitiche, tornate in voga con la rinascita di correnti, gruppi, suddivisioni.
La rentrée di giovedì sera, quindi, per me è stata una frustata di ottimismo, dopo le incertezze e le amarezze degli ultimi tempi: rivedere amici - anche oppositori! - con cui avevo condiviso quella bella stagione è stato un toccasana; mi ha dato la consapevolezza che lo spirto guerrier ch'entro mi rugge, l'istintiva passione per le vicende della mia, nostra città, continuerà a ruggire, con altre modalità, in altre forme; è vivo e non ha intenzione di spengersi.
Sono quindi grato per davvero alle decine di compagni d'avventura che, nell'occasione, non si sono limitati ad un mesto amarcord ed hanno per contro spinto, con la loro affettuosa ed amichevole presenza, a continuare a darsi da fare per Saronno.
Come? C'è tempo; ci stiamo già pensando.

giovedì 28 maggio 2009

BONIS OPTIMUS, FERIS FEROX


Anni fa, colpito da un motto inciso nel travertino di un bel portale in Largo del Nazareno a Roma, adottai mentalmente per me stesso una sua riformulazione, che suona “bonis optimus, feris ferox”, ossia “buonissimo con i buoni, feroce coi cattivi”.
In linea di massima e salvo qualche cedimento, mi adeguo a questa massima, che mi è tornata in mente con prepotenza dopo aver letto questi lanci d’agenzia: "Fareste educare i vostri figli da Berlusconi?", è la provocazione lanciata ad Albenga dal segretario del Pd Dario Franceschini , poi correttosi con le scuse e la precisazione di non aver espresso giudizi sulla "famiglia" ma sull'"uomo pubblico".
http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_965485169.html
''Non c'è dubbio - ha detto Franceschini - che Berlusconi sia un imprenditore e un politico di successo, ricco, furbo e potente. Ma alle italiane e agli italiani vorrei rivolgere una semplice domanda: fareste educare i vostri figli da quest'uomo? Chi guida un Paese ha il dovere di dare il buon esempio, di trasmettere valori positivi''.
http://www.adnkronos.com/IGN/Politica/?id=3.0.3364379562

Il Presidente del Consiglio non ha certo bisogno di essere difeso da me, che molto lo apprezzo come politico atipico e vero capitano d’impresa, ma di cui spesso sorrido per l’ingenua vocazione alla gaffe ed i tratti (simpatici) da baΰscia milanés, ai quali noi “provinciali” dell’hinterland siamo avvezzi.
Tuttavia, questa volta il Deputato Franceschini ha varcato il limite del buon gusto e della carità, di cui – pallido frequentatore di improbabili sagrestie da cattolico adulto – dovrebbe essere impregnato fino all’intimo.
Non è vergognoso che un politico di questa importanza (finché dura…) usi argomentazioni di questo tipo per scaldare i suoi tiepidi elettori; è inammissibile.
Non si può toccare un avversario
fino negli affetti più cari e demolirne la figura di genitore, di cinque figli peraltro, con la stessa superficialità con cui si commenta al gioco delle bocce l’evoluzione di una palla.
Eppure il Deputato Franceschini è padre anche lui: ha provato ad immedesimarsi in questa situazione e considerare il dolore e il disgusto che avrebbero provato i suoi familiari, come testimoniano le reazioni dei figli di Silvio Berlusconi?

La tardiva rettifica del Segretario del PD ha peggiorato la situazione; come diceva l’irragiungibile Totò, ogni limite ha una pazienza: ebbene, il pio Dario, sprezzante imprudente, è riuscito a far venir meno anche questa pazienza.
Fedele al mio motto, con lui non sarei affatto optimus, ma decisamente ferox, certo di averne ben donde.

lunedì 25 maggio 2009

UN NUOVO OSPEDALE?


Conosco il Dott. Enzo Brusini, persona amabile e di grande preparazione e competenza, per cui nutro molta stima, sicché ho letto con la dovuta attenzione la sua proposta per un nuovo ospedale, in quanto seria.
Proprio perché provenienti da un conoscitore della materia, ho voluto riflettere su una prospettiva allettante e – contemporaneamente – capace di far tremare i polsi; mi hanno impressionato le valutazioni del Dott. Brusini, secondo cui “la struttura ospedaliera di oggi, per quanti investimenti si facciano, non riesce ad essere totalmente idonea alle esigenze dei pazienti e lo sarà ancor meno negli anni a venire”: una diagnosi allarmante, posto che riguarda il presidio cittadino della nostra salute.
Tuttavia, pur condividendone gli intenti, mi attendevo anche una prognosi non riservata dall’autorevole proposta: individuato il problema, tracciate le linee per la soluzione, occorre intendersi, da subito, sulle terapie da effettuare.
Più prosaicamente: come, dove, quando e con che mezzi si potrebbe raggiungere la guarigione, mercé l’allestimento di un nuovo ospedale.
Saronno ha un territorio assai limitato e molto urbanizzato: già questo rende problematica l’individuazione del luogo dove erigere il nosocomio. I problemi di viabilità ne sono – ad un tempo – la causa e l’effetto.
Ma a parte ciò, dove reperire i fondi, che immagino enormi, per una consimile impresa? Non certo dal Comune di Saronno, che non ne ha né la possibilità, né la competenza. Occorrerebbe necessariamente l’intervento della Regione, dell’Azienda Ospedaliera, del Governo: ma questi, seppur con tutta la buona volontà, sono in grado di investire milioni e milioni, di cui una grossa parte servirebbe per l’acquisto dei terreni su cui costruire?
Escludo che l’affascinante proposta sottenda l’eventualità di un intervento – anche solo parziale – di privati; un project financing per il nostro ospedale, ad opera di imprese private, infatti, mi indurrebbe moltissime perplessità.
Comunque, dopo la lucida e competente analisi del Dott. Brusini, a cui va la mia stima, nulla sarà più uguale per l’ospedale di Saronno: è stato sollevato il problema della sua inadattabilità alle future esigenze degli utenti; ora è bene che i rimedi vengano studiati concretamente, dettagliatamente e realisticamente; ne è coinvolta la salute dei Saronnesi.
Spero vivamente di leggere presto informazioni più precise.
Al di là, molto al di là delle attuali contingenze elettorali, in cui può anche accadere che i problemi siano analizzati con onesta capacità, mentre le soluzioni rimangono cartacee.
Sin d’ora, per quanto possa valere il mio contributo, sono pronto a capire ed a collaborare per il nostro benemerito, ultrasecolare ospedale. Ne va della nostra salute!

domenica 24 maggio 2009

Dies operis


Ieri ho avuto l’ultimo notevole impegno istituzionale: la sottoscrizione dell’atto costitutivo della nuova associazione tra Comuni “Licor”, che - per una mia iniziativa nata intuitivamente nello scorso ottobre – ha visto otto Comuni di ogni parte d’Italia mettersi insieme per costituire una rete delle identità delle città sedi della particolare tradizione della produzione di liquori; ciò all’interno di Res Tipica, l’associazione delle associazioni, che, d’intesa e in armonia con l’ANCI, è il luogo di rappresentanza delle Associazioni delle Identità a livello istituzionale locale, nazionale e internazionale per raccogliere, valorizzare e mettere a sistema le identità territoriali italiane a partire dalle esperienze maturate dalle Associazioni delle Città di Identità aderenti appunto al progetto “Res Tipica” dell’ANCI.
Una bella giornata insieme ai Sindaci di Benevento, Bormio, Civitavecchia, Muccia, Pisticci, Rossano Calabro e Torreglia, con i quali ho avuto modo di conversare e di scambiare opinioni ed esperienze, in un clima di immediata simpatia e disponibilità personale.
Il tutto in una Saronno animata e rallegrata dalla presenza di decine di colorate bancarelle di prodotti tipici, a corona di tredici gruppi folcloristici di ogni Regione italiana, che con i loro spettacoli hanno attirato in centro migliaia di persone, in un’atmosfera di festa e curiosità.
Se il buon giorno si vede dal mattino e dall’entusiasmo dei soci fondatori, posso sperare che Licor, al pari delle altre 25 associazioni delle città di identità, avrà successo e concorrerà a far entrare Saronno in un circuito virtuoso; mi auguro che i prossimi Amministratori ne sappiano coltivare le potenzialità: il seme l’ho gettato.
Riflessione: ho parlato a lungo con gli altri Amministratori convenuti a Saronno; Sindaci ed Assessori delle più diverse provenienze politiche, tra i quali è sorto immediatamente un rapporto cordiale di rispetto e di simpatia. Ho avuto la conferma che, quando si amministra, c’è una forte base di fondo che unisce tutti gli amministratori: il desiderio di interpretare e di soddisfare al meglio le esigenze manifestate dai concittadini. In modo molto pratico, che supera facilmente gli steccati dell’appartenenza politica (dalla quale gli amministratori si sentono spesso compressi) .
Al termine del mio servizio pubblico, considero questo concetto di continua e forte attualità, sicché guardo con perplessità alle esasperazioni di una campagna elettorale che, per suddivisioni politico-ideologiche e rigidità partitiche, scivola nell’irrealtà e nel difetto di rispetto, anche all’interno della stessa parte.
Mancano due settimane alle elezioni amministrative: spero proprio che l’amministrazione torni presto ad essere al centro dell’attenzione; l’amministrazione, non il carattere delle persone o i distinguo pseudo politici.
Con l’aria che tira per l’economia in generale e per le finanze dei Comuni, in particolare, c’è poco da promettere; in questi anni di vacche magre, non mi stanco di ripetere che, con onestà, oggi si può dire ai cittadini che sarà già una fortuna se, nei prossimi anni, sarà possibile mantenere la qualità e la quantità dei servizi che il nostro Comune è riuscito a dare sinora; il resto è illusione.
Per questo ho ammirato uno dei Sindaci presenti che, di fronte al dissesto finanziario del suo Comune, dopo ripetuti periodi di Commissario Prefettizio, ci ha raccontato di essere stato eletto con un severo programma esplicito di lacrime e sangue, per il risanamento della sua comunità: di sicuro, è un bravo amministratore, perché è riuscito a far capire ai suoi concittadini che la realtà è quella che è e i sogni, per quanto belli, non danno risultati.
Mi è tornato in mente il nostro Palazzo Visconti.

venerdì 22 maggio 2009

Forma e sostanza


I Romani, che sono giustamente ritenuti i maestri del diritto, coniarono due brocardi, apparentemente contraddittori, per evidenziare gli effetti perversi delle norme: 1) dura lex, sed lex (la legge è dura, ma rimane legge); 2) summum jus, summa iniuria (il diritto applicato al massimo si converte nel massimo dell’ingiustizia).
In altre parole, i patres hanno voluto dirci che la legge dev’essere applicata anche quando sembra dura (modernamente diremmo non in sintonia con il comune sentire), altrimenti la sua efficacia si vanificherebbe; dall’altra parte, però, tale principio va applicato con cautela, affinché l’applicazione rigorosa e formale di una norma non si tramuti in un provvedimento percepito come odioso ed astratto dalla realtà della vita.
Il vizio peggiore dell’applicazione di una norma è il formalismo, cioè il culto esasperato ed acritico della norma stessa, che può portare a conclusioni perfette nella forma, ma profondamente scollegate dal suo scopo vero, quello che si dice ratio legis.
Il tanto criticato buon senso interpretativo permette, per contro, di applicare le norme in modo contemporaneamente efficace e “giusto”, cioè adattato concretamente e miratamente al singolo caso, tento conto anche dei precedenti.
Non v’è dubbio che anche la forma abbia la sua importanza, perché è stata concepita come garanzia di parità tra i cittadini e di equità. Tuttavia, è la sostanza che, alla fine, deve prevalere per consentire alla norma di raggiungere il suo vero scopo senza essere tragicamente dura.
Ho l’impressione – da alcuni allarmanti segnali - che la contesa elettorale si stia incanalando verso una disputa di natura principalmente formale; la recente lamentela sulla distribuzione degli spazi nei tabelloni elettorali, infatti, è stata scatenata da alcuni candidati Sindaco con una motivazione formale, usata come chiavistello prevalente, che ha fatto perdere il senso della norma: garantire equità e parità di trattamento tra le diverse parti ed impedire il malizioso proliferare di dubbie associazioni di fiancheggiatori, utili solo per prevaricare con i numeri.
In pochi minuti, è stato possibile trovare un rimedio che metta pace ed eguaglianza tra tutti i veri competitori, rimedio che costituirà un valido precedente anche per il futuro.
Purché, dall’attaccamento alla forma emerso in questa vicenda non scaturisca un Consiglio Comunale in cui i provvedimenti che il prossimo governo della città adotterà siano valutati prevalentemente , se non unicamente, sulla base della forma: sarebbe un disastro (di cui potrei citare molti esempi nel passato anche recentissimo), poiché i cittadini-elettori si aspettano dagli eletti decisioni rapide e concrete, non dispute infinite e stucchevoli, a botte di articoli, commi, regolamenti, codicilli e cavilli: sarebbe il tradimento del mandato ricevuto, cioè amministrare, non discutere del sesso degli Angeli, come a Costantinopoli nel 1453, assediata dagli Ottomani, che entrarono nella città e debellarono per sempre il bizantino Impero Romano d’Oriente.

mercoledì 20 maggio 2009

Aceto di fiori


Maggio è il mese delle rose, profumato e portatore di lusinghe e mollezze di un’estate ormai prossima.
Dai petali di rosa, il fiore per antonomasia, di trae una preziosa essenza, usata per profumi, eau de toilette, saponi, ma anche per gentili liquori e rosoli.
Non sapevo che se ne traesse anche l’aceto, ma mi sono dovuto ricredere leggendo una melodiosa omelia, in cui – tra gl’incensi incantatori – si tratta anche d’aceto, senza rivelarne la ricetta.
Un simile conoscitore ne possiede naturaliter o per esogena ispirazione gli arcani segreti, di cui io non sono partecipe; sicuramente, da vero intenditore, sa misurare il grado di acidità fino ai massimi raggiungibili – e ben raggiunti. Dev’essere un aceto imbottato da tempo, per un lungo affinamento, un aceto ancien – anzi: très vieux -, una mirabile grande réserve, dagli effetti balsamici, anche se brucia.
Da quasi Sindaco emerito purtroppo sofferente di acidità di stomaco, mal tollero l’aceto; come condimento, preferisco il limone, quello ben spremuto e poi buttato diligentemente nel piccolo contenitore dell’umido.
I resti, per reazione chimica, si trasformeranno in fertilizzante biologico, fomento di crescita.
Come i fiori, una volta appassiti e raccolti nel residuo vegetale.
Una nuova funzione, misconosciuta, ma di grande valore.
Fiori, limoni (e aceto, aggiungiamolo pure), in natura servono ancora, dunque; servono, ma non sono servitori e preferiscono il riposo alla dipendenza.
Non sono cortigiani, anche se da cortigiani sono stati circondati in altri tempi.

martedì 19 maggio 2009

Né odio, né viscerale


L’anno paolino è stato indetto dalla Chiesa cattolica dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009, per ricordare la nascita e la conversione di Saulo, cioè di San Paolo Apostolo.
La lettura di un recentissimo comunicato stampa della Lega Nord saronnese ( http://www3.varesenews.it/saronno_tradate/articolo.php?id=141558) mi induce a ritenere che l’Apostolo delle genti, specie in quest’anno giubilare, dispensi grazie, miracoli e conversioni. Non sulla via di Damasco, ma sulle più nostrane strade di Sarònn.
Un miracolo selettivo, però; infatti, nonostante il tono apologetico ed esornativo del comunicato, alla penna del suo Autore sono sfuggite due righe contraddittorie e due parole inammissibili: “odio” e “viscerale”, peraltro riferite ad un sentimento che io starei provando.
“Chi mal fa, mal pensa”, dice il proverbio; si vede che l’odio – sentimento emotivo profondo ed incontrollabile, comportante la volontà di distruggere l'oggetto odiato e la percezione della sostanziale "giustizia" di questa distruzione – è di casa presso chi lo attribuisce a me; io non lo conosco, come sentimento, al massimo detesto qualcuno o qualcosa, ne provo avversione o disagio.
Scambiare per “odio” una legittima differenza di opinioni - di natura limitatamente locale e non circa un intero movimento - è sintomatico di una mentalità pericolosamente incline al radicalismo assolutista. “Viscerale”, poi, si connette alla pancia, come se con questa si ragionasse, anziché col cervello.
“Come torre ferma in mezzo ai venti”, quindi, continuo a rimanere della mia opinione politica locale – lo ribadisco -, diversa da quella di chi è stato legittimamente all'opposizione delle mie Amministrazioni; opinione totalmente priva di “odio” (da riservarsi, semmai, a cose ben più importanti e serie e mai alle persone).
Curiosamente, tra l’altro, provo forte simpatia personale per molti militanti e bravi amministratori di quel partito, con i quali è un vero piacere colloquiare; molti, non tutti; non si può essere simpatici a tutti (o l’incontrario)...
A me, per esempio, piace moltissimo il modo deciso e pacato di operare del Ministro degli Interni, Roberto Maroni, di cui in tanti anni ho seguito la notevole evoluzione e competenza; e come lui, tanti altri: il buon senso non ha colore, specie quando si amministra bene, anche se l'amministratore è di una parte politica avversa; non ho mai avuto difficoltà ad ammetterlo.
Comunque - per quanto possano valere - auguri alla Lega saronnese: di riuscire a mantenere le promesse e di apprendere modalità espressive da maggioranza, della quale aspirano a fare finalmente parte.

sabato 16 maggio 2009

Ironia difensiva


Le campagne elettorali sono difficili per chiunque vi partecipi da concorrente; stancano fisicamente, richiedono tempo, passione, attività. Sono esigenti, perché coinvolgono anche la propria vita personale, che – uscita dalla privacy e divenuta pubblica – ne viene condizionata.
La prima regola per ogni aspirante a questa dimensione pubblica è… imparare a mandare giù: gli attacchi alle opinioni, alle idee, ai programmi, all’orientamento ideologico ciascuno li mette in conto come una cosa inevitabile.
Meno facile è convincersi che gli avversari (mai usare il termine “nemici”) sono anche proclivi ad osservazioni di carattere personale, spesso pungenti, che a nulla servono ai fini del confronto dialettico, ma sanno innervosire ed alzare la tensione, specie se sono provocazioni studiate a tavolino per misurarne l’effetto.
La risposta ironica, a mio avviso, è l’unica strada percorribile; una battuta spiritosa stempera gli animi, dimostra capacità reattiva senza il ricorso all’ascia.
L’ironia, soprattutto su sé stessi, non è da tutti; riderci sopra fa bene e svela l’umanità, al di là di apparenze seriose, competenti, direi quasi professionali.
In tal senso, ho ammirato il Ministro Renato Brunetta – vittima privilegiata di battute anche di pessimo gusto -, che sa reagire in modo avvincente; l’ho sentito dire, nel bel mezzo di un discorso: “a queste cose pensavo già fin da piccolo”; pausa; conclusione: “be’, dopo non sono cresciuto più di tanto”; risata liberatoria dei presenti ed applauso, anche di chi non lo stava ascoltando con particolare condiscendenza.
Un modo brillante per continuare il dialogo, attraverso la simpatia personale, che non significa abbassare la guardia sulle proprie idee o cedere all’avversario.
Diffido, dunque, di chi si prende troppo sul serio e, tutto d’un pezzo, si presenta come il salvatore della patria, possessore della bacchetta magica e della panacea senza dubbi; è destinato prima o poi a volare in alto, gonfio come un dirigibile.
Quando se ne accorgerà, si risveglierà penosamente piagnucoloso.


mercoledì 13 maggio 2009

13 maggio


A mia moglie, che oggi compie gli anni, i miei auguri da lontano; ma siamo vicini, ormai quasi alle nozze d’argento. Lei sì che sa… resistere!
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Il 13 maggio è anche il giorno della Madonna di Fatima e dell’attentato a Giovanni Paolo II nel 1981.
Ho ricordi diretti di quel pomeriggio; mi trovavo all’Università Lateranense a Roma, all’annuale convegno di diritto canonico. Dopo la pausa per il pranzo, il Card. Pericle Felice (che la mattina aveva tenuto una prolusione in uno splendido latino aureo) sbiancò dopo aver letto un biglietto portogli da un assistente: ci annunciò trasecolato che il Santo Padre aveva subito un attentato.
Scoppiò il putiferio, il convegno fu interrotto; da una cabina telefonica di Piazza San Giovanni riuscii ad augurare buon compleanno alla mia allora fidanzata, che commossa al pari mio mi diede qualche notizia in più pervenuta dalla televisione.
Preoccupato e sgomento, guadagnai la metropolitana e giunsi a Via Lepanto in una città ormai deserta, negozi chiusi, finestre tappate; il silenzio irreale era rotto solo dal risuonare violento di lontane sirene.
Rientrai in pullman alla Scuola di Artiglieria a Bracciano dopo un viaggio rapido e muto; silenzio anche tra le centinaia dei miei commilitoni, raccolti tutti in un grande rispetto per il Papa.
La sera dopo, a decine, avuto il permesso straordinario di rientrare con mezz’ora di ritardo, ci precipitammo a Roma per partecipare al Rosario presieduto dal Cardinal Vicario Poletti, per impetrare la guarigione di Karol Wojtiła: piazza San Pietro era un’unica folla in preghiera, sotto un cielo sereno, di un incredibile blu, l’oscurità incipiente rotta solo da un largo raggio di luce azzurra.
Raramente ho avvertito un così profondo senso di partecipazione collettiva, che si esprimeva con compostezza e tensione verso il silenzio, a parte le parole del Rosario.
Un’assemblea spontanea, muta, addolorata, in ansia per un Uomo che stava lottando per la vita.

Le rondini, numerose ed alte nel cielo di maggio, continuavano a cantare le lodi a modo loro.

martedì 12 maggio 2009

White Horse, nitriti e confronti

White Horse, che ha perso per strada il candidato Sindaco, crede di partecipare al Palio di Siena, dove il cavallo vince anche se arriva da solo al traguardo, senza il fantino.
Ma le elezioni non sono il palio e le regole del gioco prevedono obbligatoriamente il fantino, sicché sembra proprio un bislacco artificio cercare di dribblare l’occorso, mercé un “apparentamento” che non si può fare sulla scheda di voto e l’invito a concentrare le preferenze su un puledro di cui, in tanti anni, non s’è sentito nemmeno un nitrito.
Nitriti che, invece, sovrabbondano nella forma dell’insulto e costringono ad evitare confronti, che fondatamente si suppongono scivolare nella mancanza di rispetto.
Ne ho ricordi personali riferiti alla campagna elettorale del 1999, in cui i colpi bassi rappresentarono la linea direttiva di molti avversari, in evidente stato di crisi nervosa e poco inclini all’ironia; ingiurie ed insinuazioni raggiunsero livelli cosmici: ma chi le pronunciò, con amici e sodali, finì nella polvere.
Anche per questo, nel 2004, pensai che fosse più opportuno evitare confronti, indipendentemente dalle ottime intenzioni degli organizzatori di tali manifestazioni, di certo non responsabili delle intemperanze di qualche loro invitato recidivo.
Andò bene lo stesso.
I cittadini non sono gli spettatori della corrida nella plaza de toros, avidi di emozioni forti e di battaglie cruente, non vogliono il sangue (metaforico, beninteso); desiderano solo farsi un’idea non fondata su reazioni emotive o su scontri dialettici; badano al sodo e conoscono anche i penosi trucchetti di domande concordate e risposte già pronte da leggere sul taccuino, di opposte tifoserie pronte all’applauso a comando, di frasi ad effetto, che – con molto divertimento - ho visto usare in più occasioni, senza che ciò influisse minimamente su una meditata decisione di voto: il consenso si forma altrimenti, in modi più intelligenti e corrispondenti alla maturità dei Concittadini.
Perciò, sono d’accordo con Joe il Biondo, “Il Buono” (Clint Eastwood) del film “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone, 1966: “Io dormirò tranquillo perché so che il mio peggior nemico veglia su di me”.
Meglio continuare sulla propria strada e, di questi tempi elettorali, rimpiangere il cinema muto.

domenica 10 maggio 2009

Liste viste dall'esterno


Su tutti i giornali è possibile consultare, con tutto comodo, le liste che i vari partiti e liste civiche hanno depositato all’Ufficio Elettorale.
Com’è noto, non partecipo direttamente a questa tornata elettorale, per necessità di riposo dopo dieci anni di impegno continuativo ed anche per il disagio – non certo nascosto – che provo per alcune scelte di fondo della nuova alleanza, basate per lo più su un’apodittica volontà di “discontinuità”, parola che non capisco se proveniente non, come sarebbe logico, dall’opposizione, bensì dalla maggioranza che, insieme a me, ha retto l’Amministrazione per due lustri.
Una contraddizione in termini, di cui mi limito a prendere atto: non ho bisogno di parlare in modo esornativo della mia esperienza amministrativa, che ho voluto talmente trasparente, da rendere ben visibili pubblicamente la mia insofferenza per taluni episodi e le mie immediate dichiarazioni al riguardo; come è parimenti nota per i plurimi discorsi pubblici pronunciati la mia concezione del sistema legislativo che regge l’ordinamento dei Comuni.
So benissimo che il trascorrere degli anni ha comportato mutazioni all’interno della parte politica cui continuo ad essere vicino, l’arrivo di nuovi aderenti, oggi in posizione privilegiata, la partenza di altri o l’affievolimento di precedenti obiettivi, l’aggiornamento alle nuove alle alleanze.
Tutto sommato è normale, come è normale non condividere sempre e comunque l’opinione dominante corrente all’interno di un partito (che sarà sì “unificato”, ma non è votato al pensiero “unico”: non siamo “bulgari”).
Ma da qui alla “discontinuità” ce ne corre, a meno che, dietro formali, entusiastici complimenti che ho incassato quasi con incredulità ed imbarazzo per l’abbondanza quali-quantitativa, si celino intime e sussurrate considerazioni opposte. Se così fosse, mi piacerebbe parlarne in modo diretto; per abito mentale di formazione sono in grado di argomentare; confutare eventuali dicerie sotto traccia sarebbe facile e vittorioso, perché la verità viene sempre a galla, specie se si è in disparte.
Ciò detto, ora, con spirito oserei dire goliardico, la lettura della composizione delle liste mi ha ispirato qualche battuta, che mi piace riferire con simpatia, fermo il mio rispetto per chi si propone di mettersi a servizio della comunità.
Sinistra Saronnese: la voce dell’insistenza (ideologica);
Verdi: la mezz’età che si crede giovanotta;
Partito Socialista: l’offerta prevale sulla domanda;
P.D.: indietro tutta;
Tu@ Saronno: bonjour tristesse et noblesse oblige;
Saronno Futura: déjà vu di una conduzione familiare;
Italia dei Valori: votantonio, votantonio!
P.D.L.: discontinuità per un’Amministrazione costruttiva;
Lega Nord: arrivano i nostri;
UDC: aggiunto un posto a tavola;
Saronno Si-cura: l’ambizione non è un peccato, in modica quantità;
Noi per Saronno: pochi, ma resistenti.

Buona settimana.

sabato 9 maggio 2009

La piazza grande si fa grande chiesa


Oggi pomeriggio, con inizio alle ore 16.00, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, terminerà la sua visita pastorale al Decanato di Saronno con una solenne Santa Messa.
Piazza Libertà, la piazza grande della comunità dei Saronnesi, si convertirà in una grande chiesa all’aperto, pronta ad accogliere le migliaia di fedeli che l’affolleranno.
Penso che sarà un momento di raccoglimento collettivo, in cui l’ascolto del messaggio dell’Arcivescovo si accompagnerà alla privata riflessione sui tempi che viviamo.
Ci sarò, in rappresentanza di tutta la città, consapevole dell’impegno che ciò significa: una città in cui la fede dei nostri padri non è più sentita e praticata come in altre epoche; nondimeno, per tutti, nell’ampia gamma di diversità di pensiero, di credo, di opinioni, non potremo restare indifferenti al richiamo ai valori di umanità e di riconciliazione, che l’Arcivescovo ci chiederà di condividere.
Lo stesso messaggio di umanità che Benedetto XVI sta portando nella tormentata Terra Santa.
Che ci faccia bene!

venerdì 8 maggio 2009

L’osservatorio


Rispondo alla lettera aperta che il Dott. Carlo Mazzola mi ha indirizzato sulla stampa

"Caro Carlo,
grazie per la lettera aperta che hai inviato alla stampa: non è una banale sviolinata, ma un serio tentativo di analisi, tramite il quale metti a confronto la diversa realtà della politica cittadina di dieci, cinque anni fa e di oggi.
Sarebbe troppo facile indulgere nel reducismo e farsi prendere dalla nostalgia: non esiste, a mio avviso, un tempo migliore dell’altro; l’importante è adoperarsi per vivere bene la contemporaneità, guardando all’esempio del passato e ponendo le basi per un futuro ancora migliore.
Nell’immediato, sento di avere il bisogno di un po’ di riposo; tutto mi si potrà dire, ma non si potrà negare che per dieci anni mi sono impegnato fino in fondo per l’amministrazione di Saronno; sui risultati, ognuno è libero di dire la sua, sebbene io sia convinto che la verità stia sempre nel mezzo. Di certo, non ho rifilato patacche, sarebbe stato sciocco, oltretutto.
Adesso, come impone una legge per me saggia, tocca necessariamente ad altri: a tutti riconosco per definitionem la buona fede e la voglia di fare; poi, li vedremo all’opera.
Solo chi non fa nulla va esente da critiche e non sbaglia (sempreché il far nulla sia cosa positiva…).
Accolgo comunque con piacere il tuo invito ad osservare, anche alla luce dell’esperienza amministrativa, politica ed umana vissuta profondamente negli ultimi anni; presto ne verificheremo insieme modi e i tempi.
Sempre con il gusto di pensare al benessere ed al progresso di Saronno, che merita da sola di essere sempre vincitrice dopo ogni campagna elettorale.
I miei più cordiali saluti"



Saronno Servizi e forma


Nel 1999, subito dopo le elezioni, ci fu nella maggioranza un serio dibattito relativo alla sorte dell’allora municipalizzata Saronno Servizi, che aveva avuto vita travagliata, con un carosello di Presidenti in pochi anni. Che fare? si disse in una lunga ed affollata riunione presso l’allora Asilo Infantile Vittorio Emanuele II; smantellarla o rivitalizzarla?
La scelta fu per mantenerla e darle nuovi, ambiziosi obiettivi; scelta rivelatasi vincente, anche grazie alla stabilità di cui questa società (qualche tempo dopo, infatti, fu trasformata da azienda speciale in società per azioni) ha potuto godere per due lustri, ottimamente guidata dall’ininterrotto Presidente dott. Riccardo Rota, in cui ho sempre riposto fiducia ed amicizia, ricambiate. A lui i miei ringraziamenti e complimenti.
Dieci anni di continuo progresso, non solo nel fatturato (moltiplicatosi diverse volte), ma pure nella gamma di servizi e di strutture offerte: l’iscrizione all’Albo nazionale dei Riscossori (una delle poche società italiane ammessevi), l’ampliamento della rete idrica, il rinnovamento della piscina e del bocciodromo, la nuova piscina all’aperto, la pista di pattinaccio sul ghiaccio, il teleriscaldamento, la gestione dei parcheggi a pagamento, gli ottimi risultati delle due farmacie, i rapporti con altri Comuni divenuti soci.
Oggi, con la creazione dell’archivio telematico, preceduto dalla possibilità dei pagamenti on line, Saronno Servizi si distingue per modernità ed efficienza, peraltro in perfetta simbiosi con il più complesso tentativo di ammodernamento dell’Amministrazione Comunale, anch’essa da poco in grado di offrire numerosi servizi in via telematica: complimenti!
Questo è il futuro delle Pubbliche Amministrazioni, come l’instancabile Ministro Brunetta non smette di dire; un futuro migliore per i cittadini, che avranno a disposizione servizi più comodi, più tempestivi, più mirati, anche senza uscire di casa; per i dipendenti, che vedranno valorizzate le loro capacità e troveranno nuova motivazione nel loro lavoro; per il sistema Italia in generale, perché forti saranno i risparmi, da dirottare per la soddisfazione di bisogni altrettanto importanti.
Vero è che Saronno Servizi, sebbene gestita in modo encomiabile, ha ricevuto da parte del Consiglio Comunale un trattamento a dir poco schizofrenico; forse per la perfetta sintonia con l’Amminsitrazione, di questa società si è parlato soltanto per mettere in evidenza presunti orrori giuridici, assemblee mal convocate, illegittime modificazioni statutarie…
La forma, la forma ben più importante della sostanza! Il Consiglio Comunale trasformato in una perenne Corte di Cassazione, con improvvisati Procuratori Generali pronti a requisitorie devastanti su cavilli giuridici di cui nulla sapevano, adombranti recidive violazioni di legge (formale); chiacchiere, bevute avidamente anche da molti della maggioranza per il sol gusto di insinuare chissà quali complotti della Giunta; chiacchiere cui non sono mai seguiti passi presso i competenti organi giurisdizionali; chiacchiere rimaste tali, a confusione di chi le ha pronunciate a vanvera, nella falsa supposizione che Giunta, Consiglio di Amministrazione, Direttori Generali, Dirigenti fossero tutti una manica di incompetenti e sprovveduti, nonostante i risultati dicessero il contrario.
Dovetti parlare quasi due ore, un anno e mezzo fa, per demolire punto per punto, leggi, codici e sentenze alla mano, le infondate censure di tanti orecchianti, che estrapolano una frase da un parere della Corte dei Conti e pensano di avere trovato la prova dell’incapacità (peggio: della mala fede) altrui: che è invece trasparente e tutto pubblica in internet (più pubblico di così…).
Parole inutili, benché ampiamente documentate; il pregiudizio incontrollabile degli oppositori (più interni che esterni) ha impedito di aggiornare lo statuto della società anche negli ultimi mesi.
Certo che quando l’avvocato vuol fare il medico, il medico il Giudice, l’ingegnere il commercialista o il commercialista l’architetto non ci si capisce più; già i Romani avvertivano ”sutor, ne ultra crepidam” (calzolaio, non andare oltre la suola), che non è altro che il detto ufelée fa’l tò mestée.
Quando la “politica” si trasforma in pseudotecnica o, peggio, in perenne Corte d’Assise, à la Robespierre, si blocca tutto, la forma (dubbia) prevale sulla sostanza (corposa), la voglia di fare mischia prevale.
E gli statuti stanno ad aspettare.

giovedì 7 maggio 2009

Evoluzione darwiniana



S’è ritirato il bianco cavallo:
che zuccherino avran concordato?
Sicuramente non solo un tarallo,
qualche poltrona gli avran regalato.


Missione compiuta! Con tanta buona volontà e confronto di idee, è nata una completa alleanza nazionale, non solo lombarda.
Secondo l’antico proverbio: chi vusa pusée, la vaca l’è sua (nota: nel XXI secolo, la parola “vàca” si legge, più finemente, “cadréga”).

Risparmiata ai Saronnesi l'era del cavallo bianco, prepariamoci all'era dell'ippogrifo.

Machiavelli, Talleyrand, Fouché, Giolitti, De Pretis – grandi maestri di trasformismo – impallidiscono dall’oltretomba davanti a cotanto esempio: imbarcati, seppur riluttanti, su una mongolfiera a forma d’ippogrifo bianco (evoluzione darwiniana del quadrupede equino), vagano nell’etere eterno, sconsolati per aver perduto la primogenitura, ridotti a figure di secondo piano. Anime belle anche loro.

martedì 5 maggio 2009

Se stessi ad ascoltare tutti quelli che parlano di sé stessi…


Uno spigoloso lettore – che non conosco e di cui ometto i riferimenti per rispetto della privacy - mi invia questo sintetico, ma perentorio commento: «Chi dice di star zitto, sta ovviamente mentendo. Ah, "se stessi" si scrive senza accento».
Siccome sono un pedante, specie per la grammatica, sono certo che qualcun altro – non io - stia mentendo: per ben due volte in quindici parole.

Partiamo dalla questione “sé stessi” – “se stessi”.

Illuminante e con l’autorevolezza definitiva che le deriva da secoli di storia l’Accademia della Crusca, riconosciuto nume tutelare della nostra lingua:
“Alcuni, quando il pronome sé è seguito da stesso e medesimo, tralasciano di indicare l'accento, perché in questo caso il se pronome non può confondersi con se congiunzione: se stesso, se medesimo. Noi, però, consigliamo di indicare l'accento anche in questo caso, e quindi di scrivere sé stesso, sé medesimo”.

http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=4016&ctg_id=44

Sull’argomento, l’Accademia è tornata con maggiore approfondimento:

“Il pronome tonico riflessivo singolare e plurale sé (“ognuno pensi per sé”; “la guida disse agli escursionisti di portare gli zaini con sé”) richiede l’accento acuto, che va dal basso verso l’alto, da sinistra a destra, ed indica graficamente la pronuncia chiusa della vocale e (ossia il fonema anteriore o palatale medio alto /e/), distinguendosi in tal modo dal se congiunzione (“se te ne vai, avvertimi”) o pronome atono (“se ne andò”).
Riguardo alla possibilità di alternanza tra le forme sé stessi e se stessi, si possono notare due diverse tendenze.Alcuni studiosi evitano infatti in questo caso di indicare l’accento a livello grafico, considerandolo non richiesto in quanto il pronome non può confondersi con il se congiunzione. Tale confusione potrebbe eventualmente generarsi solo estrapolando dal contesto la forma rafforzata se stessi, interpretando stessi come prima o seconda persona singolare del congiuntivo imperfetto del verbo “stare”.
Alla voce “sé” il GRADIT – Grande dizionario italiano dell’uso, ideato e diretto da Tullio De Mauro (Torino, Utet, 2000), presenta quindi i seguenti esempi privi di accento grafico: «adesso è inutile prendersela con se stessi, non gli manca la fiducia in se stesso»; «tradire se stessi». Analogamente, nel Sabatini Coletti – Dizionario della Lingua Italiana (Milano, Rizzoli-Larousse, 2005), alla voce “sé” gli autori notano a lemma, tra parentesi, «si può non accentare prima di stesso, medesimo», inserendo nella voce i seguenti esempi e citazioni d’autore: «per convincere gli altri bisogna prima convincere se stessi»; «in se medesimo si volgea co’ denti (Dante)».
Altri considerano invece opportuno indicare sempre l’accento del pronome tonico riflessivo, scrivendo pertanto sé stesso, sé stessa, sé stessi ecc.
Luca Serianni (Grammatica italiana - Italiano comune e lingua letteraria, Torino, Utet, 1991², p. 57) ritiene, ad esempio, «Senza reale utilità la regola di non accentare sé quando sia seguito da stesso o medesimo, giacché in questo caso non potrebbe confondersi con la congiunzione: è preferibile non introdurre inutili eccezioni e scrivere sé stesso, sé medesimo. Va osservato, tuttavia, che la grafia se stesso è attualmente preponderante […]». In proposito, infine, il DOP - Dizionario d’ortografia e di pronunzia redatto da Bruno Migliorini, Carlo Tagliavini e Piero Fiorelli (Torino, ERI, 1981) osserva (s.v.): «frequenti ma non giustificate le varianti grafiche se stesso, se medesimo, invece di sé stesso, sé medesimo».Svolgendo una breve indagine in diacronia, vediamo che il Tommaseo-Bellini (N. Tommaseo-B. Bellini, Dizionario della lingua italiana, Torino, Unione tipografico-editrice 1861-1879) riporta negli esempi (s.v.) il pronome rafforzato privo di accento nelle forme se stessa, se stesso, se stessi.
Consultando la LIZ 2001 (Letteratura Italiana Zanichelli, CD-ROM dei testi della letteratura italiana, a cura di Pasquale Stoppelli, Eugenio Picchi, sistema di interrogazione DBT in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, Bologna, Zanichelli, 2001) è inoltre possibile osservare che nelle sue opere il Manzoni impiega entrambe le forme. Per se stesso la LIZ riporta infatti 18 contesti, tra i quali il seguente, tratto da Fermo e Lucia (la forma non accentata è tuttavia assente nelle due successive edizioni dei Promessi Sposi): «lecito anzi bello il condannare, cioè quando uno giudica se stesso. Vedete quello che hanno pensato dei loro scritti amorosi – Tomo 2, cap. 1.12»; se stessi vede invece 3 contesti, tutti in Fermo e Lucia, come ad esempio «di quel giorno, non sapendo bene render conto a se stessi se dovessero essere soddisfatti o no, parendo loro che – Tomo 3, cap. 7.29». La forma con accento grave sè stesso occorre in 33 contesti, 1 in Fermo e Lucia, 13 nella “ventisettana”, 14 nella “quarantana”, 5 in Storia della colonna infame. Nell’edizione del 1840 dei Promessi Sposi possiamo ad esempio leggere: «tremava anche per quel pudore che non nasce dalla trista scienza del male, per quel pudore che ignora sè stesso, somigliante alla paura del fanciullo – Cap. 8.67». Al maschile plurale sono attestati 2 contesti, entrambi riguardanti il medesimo passo delle due edizioni dei Promessi Sposi, che qui cito dalla “quarantana”: «I vaneggiamenti degl’infermi che accusavan sè stessi di ciò che avevan temuto dagli altri, parevano rivelazioni – Cap. 32.24». Non c’è invece attestazione per la forma con accento acuto sé stesso, mentre è registrato un solo esempio con sé stessi, tratto dall’opera Il Conte di Carmagnola: «MARCO \ … tutti / I generosi, che giovando altrui / Nocquer sempre a sé stessi, e superate / Tutte le vie delle più dure imprese – At. 1, sc. 5.16».
È noto che la distinzione tra accento grafico grave e acuto era largamente trascurata ancora nel secolo XIX.

In conclusione, sebbene negli attuali testi di grammatica per le voci rafforzate se stesso, se stessa e se stessi non sia previsto l’uso dell’accento, è preferibile considerare non censurabili entrambe le scelte, mancando in realtà una regola specifica che ne possa stabilire il maggiore o minore grado di correttezza. Si raccomanda di tener conto di questa “irrilevanza” specialmente in sede di valutazione di elaborati scolastici e affini.
A cura di Manuela Cainelli, Redazione Consulenza Linguistica Accademia della Crusca

http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=7305&ctg_id=93

Per un’ampia analisi della questione, vedasi anche:

http://it.wikipedia.org/wiki/S%C3%A9_(grammatica)

Io preferisco “sé” sempre accentato, anche davanti a “stesso” e “medesimo”; sono in buona, anzi ottima compagnia e non mento.

Seconda questione: “chi dice di star zitto, sta ovviamente mentendo”.

Palese carenza di comprensione del mio testo, in cui narro che, preso atto di una nuova condizione di silenzio, rispetto all’assedio verbale cui ero abituato, mi sono sorpreso dei benefici che siffatto silenzio concede alla riflessione personale, poiché si ha più tempo.
Ciò non significa “tacere”, tutt’altro; significa, invece, maggiore possibilità di comunicare i frutti delle riflessioni con sé stessi.
Altrimenti, per quale motivo avrei iniziato questo blog? Per… tacere?
Ma forse lo spigoloso lettore gradirebbe che io stessi zitto, è forse un nostalgico del bavaglio. Mi duole deluderlo; se non gradisce, c’è piena di libertà di non consultare il mio blog, dove non mento nemmeno in questo caso.

La lanterna giusta


Abituato al quotidiano assalto di tante persone, ciascuna con il suo giusto problema da risolvere, ho riscoperto con sorpresa il beneficio che proviene dal silenzio.
Con più tempo da dedicare alla muta riflessione con sé stessi, si riesce a setacciare anche i più piccoli granellini, quelli cui non si prestava soverchia attenzione e che, invece, pur nella loro pochezza, possono mettere in crisi i più sofisticati meccanismi.
D’altronde, le peggiori malattie nascono da microrganismi, che ci insidiano dall’interno senza che ci se ne accorga.
Ciò vale anche per la vita di relazione ed associativa.
Nel silenzio, dunque, è possibile fare ricerca e trovare i rimedi.
Mi sento un ricercatore, come Diogene.
Devo solo individuare la lanterna giusta.

lunedì 4 maggio 2009

Patacche e patacas


Timeo Danaos et dona ferentes: ho paura dei Danai anche quando portano doni.
Detto che si attaglia perfettamente alla sarcastica condiscendenza con cui il candidato più à la page alla carica di Sindaco, per una volta mi dà ragione.
Non ne abbiamo bisogno, soprattutto quando, con un’eleganza non consona al suo snobbistico stile di nostrano maître à penser, conclude con l’insulto davvero sopra le righe e privo di qualsiasi senso di rispetto: dandomi dello spacciatore di patacche (reato, tra l’altro, punito dall’art. 453 del codice penale, come Lui ben sa): che cosa somministri Lui al pubblico, nella mia pochezza io non l’ho ancora capito; molto fumo, molto volare alto, molto compiacimento aristocratico da primo della classe.
La pataca è la moneta in uso nel territorio di Macao, valuta ufficiale. Non ho mai visitato questo lembo di terra già portoghese alle porte della Cina sterminata; per curiosità, sarà bene che vi ci faccia un giro, in compagnia dell’esimio contraddittore - se si degnerà -, il quale perfezionerà così, dal vivo, la sua conoscenza della pataca e se ne riempirà il portafogli, per completare la parte economico-finanziaria del suo superbo programma.
Da anni sopportato in casa, a casa mia rientro sereno e tranquillo, con la coscienza di avere adempiuto i miei doveri istituzionali; dopo due elezioni vinte col voto dei miei Concittadini, non dopo tanti e variegati tentativi di elezione mai andati a buon fine perché carenti di suffragi.
Forse perché non si è mai stati messi veramente alla prova si è così proclivi a criticare gli altri: con insuperabile albagìa, per di più. Si tratta, suppongo, di training autogeno di un perenne a riéccolo!
Infine, pericolose sono le idi di marzo; ignoravo che aprile fosse il mese più crudele: anche per il genetliaco – nello stesso giorno – del mio implacabile osservatore, di Adolfo Hitler, di Napoleone III, di Massimo D’Alema?

Semana de pasión...


Attenzione, cittadini! Entro sabato 9 maggio si dovranno presentare le liste dei candidati a Sindaco e a Consigliere Comunale. Si tratta di operazioni molto delicate; si prega di non disturbare il manovratore, anche se i giochi sono già fatti.

In onore dei Paesi dell'Unione Europea
e delle elezioni del Parlamento Europeo:

E ¡Atención ciudadanos! Dentro de sábado 9 de mayo tendrán que presentarse las listas de candidatos para Alcalde y Concejal. Estas operaciones son muy delicadas; por favor, no perturben al operador, incluso si los juegos ya están realizados.
F Attention citoyens! Jusq’à samedi 9 mai on pourra déposer les listes de candidats pour maire et conseiller municipal. Ces opérations sont très sensibles; s'il vous plaît, ne pas déranger l'opérateur, même si les jeux sont déjà fait.
UK Your attention, please! Until Saturday May 9th, the lists of candidates of Mayor and Town Councilor may be filed. These operations are very sensitive, please do not disturb the operator, even if the games are already done.
P Atenção cidadãos! Dentro do sábado 9 mai devem ser apresentadas listas de candidatos a prefeito e vereador. Estas operações são muito sensíveis, por favor, não perturbem o operador, mesmo se os jogos já estão feitos.
D Ihre Aufmerksamkeit, bitte! Bis Samstag, 9. Mai, die Listen der Kandidaten der Bürgermeister und Stadtrat eingereicht werden. Diese Operationen sind sehr empfindlich, bitte nicht stören, der Betreiber, auch wenn die Spiele sind bereits getan.
ELL Την προσοχή σας, παρακαλώ! Μέχρι το Σάββατο 9 Μαΐου, τους καταλόγους των υποψηφίων του Δημάρχου και πόλη Σύμβουλο, μπορεί να υποβληθεί. Οι πράξεις αυτές είναι πολύ ευαίσθητες, παρακαλούμε να μην διαταραχθεί ο φορέας εκμετάλλευσης, ακόμη και αν τα παιχνίδια που έχει ήδη γίνει.
ROM Atentie, va rog! Până sâmbătă 9 mai, listele de candidaţi şi de primarul orasului consilier poate fi depusă. Aceste operaţii sunt foarte sensibile, vă rugăm să nu perturbe operator, chiar şi în cazul în care jocurile sunt deja gata.
PL Twoja uwaga, proszę! 9 maja do soboty, listy kandydatów na Burmistrza Miasta i radny może być zgłoszony. Operacje te są bardzo wrażliwe, prosimy nie przeszkadzać operatora, nawet jeśli gry są już zrobione.
S Er uppmärksamhet, tack! Fram till lördag den 9 maj, de förteckningar över kandidater av borgmästare och Stan Councilor komma att göras. Dessa insatser är mycket känslig bör du inte störa aktör, även om spel är redan gjort.
SL Vaša pozornost, prosim! Do sobote 9. maj, seznamov kandidatov za župana in mestnega Councilor lahko vloženo. Te operacije so zelo občutljivi, vas prosimo, da ne motijo operaterju, tudi če igre že storile.
SF Sinun huomiota, please! Kunnes lauantaina 9 toukokuu, luettelot ehdokkaiden kaupunginjohtajan ja kaupunki Councillor voidaan arkistoida. Nämä toimet ovat hyvin herkkiä, älä häiritse-operaattorilta, vaikka pelit ovat jo tehneet.
DK Deres opmærksomhed, please! Indtil lørdag 9 mai, de lister over kandidater af borgmester og Town Councilor kan indgives. Disse operationer er meget følsomme, bedes du ikke forstyrrer den erhvervsdrivende, selv om de spil der allerede er gjort.
CS Prosím pozor! Až do soboty 9. května, seznamy kandidátů na primátora města a Councilor může být podána. Tyto operace jsou velmi citlivé, prosím neruší operátora, a to iv případě, že hry jsou již hotové.
BUL Вашето внимание, моля ви! До събота 9 май, списъците на кандидатите за кмет и съветник на града може да бъде подадена. Тези операции са много чувствителни, не се безпокойте оператора, дори ако игрите са го направили.
SLO Prosím pozor! Až do soboty 9. mája, zoznamy kandidátov na primátora mesta a Councilor môže byť podaná. Tieto operácie sú veľmi citlivé, prosím nezrušuje operátora, a to iv prípade, že hry sú už hotové.

domenica 3 maggio 2009

L'attualità dei "Promessi Sposi"


Ho visitato i bei luoghi manzoniani, in un affascinante itinerario da Lecco a Somasca (con l’aggiunta della spettacolare parrocchiale romanica, dell’anno Mille, ad Arlate).
Pensando al romanzo, ricordi di scene indimenticabili, che appartengono al patrimonio della memoria collettiva degli Italiani: un affresco grandioso dei percorsi misteriosi della Provvidenza, senza nascondere i vizi e i difetti umani.
I minacciosi bravi, il prepotente don Rodrigo, il terribile Innominato di prima della conversione, il mondano insinuante Conte Zio: l’arroganza personificate.
Riportandomi all’oggi, ne rivedo ampie tracce.
Quante insidie ancora per la candida Lucia che, sventurata, rispose, vaso di coccio tra i vasi di ferro, incerta come don Abbondio.
Mentre i polli di Renzo continuano a beccarsi tra di loro, tra tanti Azzeccagarbugli, Fra Cristoforo latita; non resta che sperare nel Cardinal Federigo o passare l’Adda, verso nuovi lidi, oltre i bei monti sorgenti dall’acque, che anche noi ammiriamo nelle giornate limpide.

sabato 2 maggio 2009

La festa del (nuovo ) lavoro


Ahimé la fame rende smemorato
anche il più illustre e bravo letterato;
per una tazza di stento brodino,
si adatta a cortigiano ammodino,
disposto a scriver sotto dettatura
ed a tacer per far molta censura.
Due lustri ora cancella con la spugna,
ma al sol si scioglierà come la sugna.

venerdì 1 maggio 2009

Il ritorno



Fatto


Ieri sera, ultima seduta del Consiglio Comunale: presenti cinque Consiglieri di opposizione, quattordici della “maggioranza”. Assenti i leghisti (quelli della “nuova” maggioranza), la sinistra abbandona l’aula ed il Consiglio viene sciolto per mancanza del numero legale. Il conto consuntivo dell’anno 2008 non può quindi essere approvato entro il perentorio termine di legge (30 aprile), sicché al Sindaco non resta che chiedere al Segretario Generale di trasmettere gli atti alla Regione per la nomina di un Commissario regionale ad acta, che supplisca all’inerzia consiliare.


Commento


Fine di un film decennale (di azione nei primi cinque anni, tragicomica comédie à l’italienne nei secondi cinque), con funambolico coûp de théâtre. L’estremo dono alla città ed all’opinione pubblica di uno spettacolo inverecondo, regalato irresponsabilemente da una parte dell’uscente maggioranza in combine con i neo-alleati, nella colpevole carenza di senso istituzionale delle sinistre; il preludio minaccioso di un futuro agghiacciante, logica conseguenza di malcelate lotte intestine, viatico sconsolante per il Sindaco che verrà.

In un sol colpo, ho assistito silente:


1) all’inerzia compiaciuta di un influente Consigliere, con la mente già rivolta all’omelia con cui si insedierà sullo scranno di Presidente del Consiglio e la pretesa bizzarra di partecipare come “uditore” alle sedute della prossima Giunta (che sono... segrete);


2) all’assenza recidiva di un capogruppo, che con soave levità ha saltellato da un gruppo all’altro e che ora nell’ombra si cura di una lista civica, in compagnia di un altro Consigliere uscente, noto per il consistente contributo dato al silenzio, palese candidato della sicura lista civica predetta;


3) all’incapacità di controllare i suoi Consiglieri da parte di un capogruppo, la cui opera più meritoria è consistita nel tentativo di raccogliere le firme per sfiduciare il Sindaco del suo stesso partito: sarà premiato con la ricandidatura per l’eroica impresa malriuscita;


4) alla coerenza dei leghisti, assenti previe consultazioni con l’Alto, che hanno assestato un colpo educativo ai neo-alleati, tanto per far capire chi darà gli indirizzi alla nuova Amministrazione, nonostante la graziosa riammissione di Lassie;


5) all’incapacità della sinistra di anteporre la dignità dell’Istituzione ad un’occasione polemica da sfruttare con gusto nell’imminente campagna elettorale.


Stupore attònito tra il poco pubblico presente; non oso immaginare che cosa abbiano pensato i cittadini all’ascolto tramite la radio.


Molti hanno allegramente creduto che, con questa sceneggiata, il Sindaco uscente fosse immediatamente deposto, per l’arrivo del Commissario; ma la festa è rinviata, non si tratta del Commissario Straordinario nominato dal Prefetto, bensì di un mero Commissario Regionale che avrà il solo còmpito di approvare il conto consuntivo del 2008.


Ancora poco più di un mese di pazienza, poi si stapperanno le bottiglie di champagne, custodite ben ghiacciate in generose tinozze al fresco di ospitali terrazze agresti, per brindare ai salvatori della Patria spassionatamente votati a rimediare ai guasti degli ultimi dieci anni (non mi pare, però, girando tra i Saronnesi, che questi la pensino così; non ne avrò tuttavia la prova, poiché non sarò candidato ad alcuna carica pubblica, come quel simpatico di Cincinnato; è ora di voltare pagina, largo ai migliori, che ritornano!) .


Intanto, suppongo che alla Regione si troveranno nell’imbarazzo per questa insolita procedura; non mi risulta alcun precedente di conto consuntivo non approvato nei termini di legge: un altro record da aggiungere al medagliere già ricco dei nostrani imitatori di Bisanzio.


Senza pudore, con orgoglio.


E Saronno resta a guardare...