venerdì 22 maggio 2009

Forma e sostanza


I Romani, che sono giustamente ritenuti i maestri del diritto, coniarono due brocardi, apparentemente contraddittori, per evidenziare gli effetti perversi delle norme: 1) dura lex, sed lex (la legge è dura, ma rimane legge); 2) summum jus, summa iniuria (il diritto applicato al massimo si converte nel massimo dell’ingiustizia).
In altre parole, i patres hanno voluto dirci che la legge dev’essere applicata anche quando sembra dura (modernamente diremmo non in sintonia con il comune sentire), altrimenti la sua efficacia si vanificherebbe; dall’altra parte, però, tale principio va applicato con cautela, affinché l’applicazione rigorosa e formale di una norma non si tramuti in un provvedimento percepito come odioso ed astratto dalla realtà della vita.
Il vizio peggiore dell’applicazione di una norma è il formalismo, cioè il culto esasperato ed acritico della norma stessa, che può portare a conclusioni perfette nella forma, ma profondamente scollegate dal suo scopo vero, quello che si dice ratio legis.
Il tanto criticato buon senso interpretativo permette, per contro, di applicare le norme in modo contemporaneamente efficace e “giusto”, cioè adattato concretamente e miratamente al singolo caso, tento conto anche dei precedenti.
Non v’è dubbio che anche la forma abbia la sua importanza, perché è stata concepita come garanzia di parità tra i cittadini e di equità. Tuttavia, è la sostanza che, alla fine, deve prevalere per consentire alla norma di raggiungere il suo vero scopo senza essere tragicamente dura.
Ho l’impressione – da alcuni allarmanti segnali - che la contesa elettorale si stia incanalando verso una disputa di natura principalmente formale; la recente lamentela sulla distribuzione degli spazi nei tabelloni elettorali, infatti, è stata scatenata da alcuni candidati Sindaco con una motivazione formale, usata come chiavistello prevalente, che ha fatto perdere il senso della norma: garantire equità e parità di trattamento tra le diverse parti ed impedire il malizioso proliferare di dubbie associazioni di fiancheggiatori, utili solo per prevaricare con i numeri.
In pochi minuti, è stato possibile trovare un rimedio che metta pace ed eguaglianza tra tutti i veri competitori, rimedio che costituirà un valido precedente anche per il futuro.
Purché, dall’attaccamento alla forma emerso in questa vicenda non scaturisca un Consiglio Comunale in cui i provvedimenti che il prossimo governo della città adotterà siano valutati prevalentemente , se non unicamente, sulla base della forma: sarebbe un disastro (di cui potrei citare molti esempi nel passato anche recentissimo), poiché i cittadini-elettori si aspettano dagli eletti decisioni rapide e concrete, non dispute infinite e stucchevoli, a botte di articoli, commi, regolamenti, codicilli e cavilli: sarebbe il tradimento del mandato ricevuto, cioè amministrare, non discutere del sesso degli Angeli, come a Costantinopoli nel 1453, assediata dagli Ottomani, che entrarono nella città e debellarono per sempre il bizantino Impero Romano d’Oriente.

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