sabato 25 aprile 2009

25 aprile, la liberazione, la libertà


"Concittadini Saronnesi,
con emozione mi accingo a rievocare l’anniversario della Liberazione al termine del mio duplice mandato: in questi dieci anni, la festa civile della nascita della democrazia nel nostro Paese è stata per me un’occasione privilegiata di riflessione sulla storia italiana e sul significato che il 25 aprile ha assunto, divenendo nel tempo la vera e comune base della nostra convivenza e delle istituzioni della Repubblica.
Quest’anno, nel preparare i manifesti per le celebrazioni della Liberazione e del 2 giugno ho commesso un errore involontario: ho contato, infatti, gli anni del 25 aprile partendo dal 1946, anziché dal 1945, uno in meno.
Quando me ne sono accorto, ho cercato di capire la ragione di un così vistoso sbaglio; la conclusione è stata spontanea: 25 aprile e 2 giugno, benché a distanza di un anno, sono la stessa cosa, rappresentano l’unità inscindibile tra la riconquista della democrazia, atto preliminare, e la formazione della Costituzione repubblicana, che si fonda, appunto, sui princìpi ed i valori di democrazia, di libertà, di solidarietà derivati dalla lotta contro la dittatura, dal riscatto della nostra coscienza collettiva di Italiani dall’involuzione totalitaria del ventennio fascista della nostra storia e dell’obbrobrio della mortifera alleanza con il nazismo.
Storia che rimane la stessa, nonostante luci ed ombre – come in ogni periodo di grave e lancinante contesa -; anche se la storiografia più moderna ha scandagliato pagine dolorose e messo in evidenza verità difficili a capirsi per chi non abbia direttamente vissuto i fatti e li interpreta con gli occhi di oggi, in un modo metodologicamente pericoloso, rimane intatto il fatto della liberazione, la fine di una guerra criminale, dell’oppressione elevata ad istituzione, della prepotenza ideologica, della meschinità roboante dei milioni di baionette di latta, dell’equivoco lucidamente ingenerato di potenza fondata sui cannoni; parentesi avulsa, peraltro, dalla cultura tradizionale degli Italiani.
In questi dieci anni ho potuto vedere la crescita della consapevolezza tra noi Concittadini che la libertà di cui godiamo così copiosamente e che respiriamo con naturalezza, come l’aria, non sia un dono piovuto dal cielo, ma frutto di una liberazione che è stata conquistata da uomini e donne in carne e ossa, i quali, con un impeto di dignità e con azzardo personale, non hanno esitato a sporcarsi le mani, imbracciando le armi della libertà e per la libertà.
Dobbiamo guardare con rispetto a questi disperati ribelli, animati da opinioni diverse, ma uniti dall’obiettivo comune di far rientrare l’Italia nell’alveo della democrazia e della vita di persone libere, con il concorso delle Forze Alleate e dei superstiti militari delle Forze regolari, tra cui non dimentichiamo il Carabiniere Salvo d’Acquisto.
Non è un caso – riprendo così l’automatica associazione del 25 aprile al 2 giugno – che il popolo italiano abbia vissuto un’irripetuta stagione di collaborazione tra diversi orientamenti politici, conclusasi con l’adozione, da parte dell’Assemblea Costituente, di una Costituzione repubblicana, la cui vitalità, nonostante tutto, è giunta sino a noi, massimamente nei suoi principi fondamentali, che permeano ormai la nostra società ed il nostro modo di vivere la democrazia.
Le libertà descritte e garantite nel titolo primo della Costituzione, gli stimoli all’eguaglianza, alla solidarietà, all’economia distributiva, alla tutela dal bisogno, alla cura della salute, alla formazione della piccola proprietà, alla diffusione dell’istruzione, alla sicurezza sul lavoro, al patto tra generazioni, al superamento dell’esasperato individualismo dell’uguaglianza formale sono princìpi che caratterizzano e distinguono, nell’ambito della civiltà occidentale, la nostra Nazione, in compagnia di altri Stati europei, da altri grandi sogni, tipici di un modello di società probabilmente più efficiente ed organizzato del nostro, ma socialmente più fragile e crudele, anche se contempla costituzionalmente il diritto alla felicità.
D’altronde, la Corte Costituzionale, investita dalla nostra legge fondamentale del còmpito arduo di valutare la conformità delle norme ai principi della Costituzione, che ho appena riassunto, ha immesso nel nostro ordinamento, spesso più rapidamente del Parlamento, proprio quei valori, nati con la Liberazione, che sono così entrati a far parte del nostro modo di vivere.
Sono certo che i Partigiani di allora possano guardare con fiducia al futuro della nostra Patria; i loro sacrifici non sono stati inutili, anzi hanno aperto all’Italia esperienze di democrazia mai prima conosciute; è vero, il Paese in cui oggi ci muoviamo non è sempre quello che i Resistenti hanno sognato durante i lunghi mesi dell’impari confronto militare; forse avrebbero voluto di più o altro, a seconda dell’impostazione delle correnti politiche cui aderivano.
Tuttavia, chi allora si è adoperato con rischio vitale quotidiano perché mai più si ripetessero nel nostro popolo le efferatezze dell’oblio della ragione, che tutti ben conosciamo, è qui, sessantaquattro anni dopo, a ricordare, nella libertà, con la libertà, per la libertà una conquista, da loro fomentata, che nessun Italiano di oggi può mettere in dubbio, tanto che possiamo ben dire, come ci insegna con indiscutibile autorevolezza il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che questa festa è ormai la festa di tutti gli Italiani, non di alcuni contro altri, ma di tutti, nella libertà e per la libertà da ogni tentazione autoritaria, nella concordia unitaria, di cui è bello ed intenso esempio recente la solidale mobilitazione generale a favore dei compatrioti d’Abruzzo, colpiti dalla sventura di un grave evento sismico: a loro vada il nostro pensiero di compartecipazione nel giorno della dignità nazionale.
Il volgere del tempo, com’è umanamente prevedibile, ha reso sempre più sottile il numero dei testimoni diretti; quest’anno, anche la staffetta partigiana Nuccia Pagani ci ha lasciato; la rivedo qui, l’anno scorso come oggi, di fianco a me, a portare non senza fatica il suo tributo di buona e grande donna all’omaggio ai Caduti della Resistenza; la ricordo con commozione e con gratitudine per l’esempio che ci ha dato e che mi ha dato.
E come ricordo lei, così – a nome di tutta la Città che ho ancora l’onore di rappresentare – ripeto solennemente che non dimenticheremo mai e che ci sentiamo impegnati eticamente, noi uomini e donne di questo secondo millennio, a difendere la libertà senza compromessi e ad adoperarci affinché i vivi ideali della resistenza all’odio, alla dittatura, alla prevaricazione, al servaggio si affermino sempre più per un’Italia unita, operosa e gentile per tutti, in cui il rispetto reciproco e dell’infinita diversità tra i cittadini sia vissuto quotidianamente come ricchezza collettiva del nostro popolo.
Con questi sentimenti, che sento non solo miei, ma fortemente ed emotivamente condivisi, vi prego di unirvi a me nell’augurarci viva la Liberazione, viva la Costituzione, viva l’Italia!"
(discorso pronunciato a conclusione della manifestazione istituzionale in Piazza Caduti Saronnesi, davanti al monumento ai Caduti della Resistenza)
Commento
È stata una bella giornata, in cui mi è parso più diffuso il sentimento di condivisione dello spirito di questa festa civile, non di una parte, ma di tutti, come l’ha suggellata il Presidente della Repubblica dall’alto della sua riconosciuta autorevolezza.
Malinconia nel sentire Aurelio Legnani enumerare in una sola mano i superstiti saronnesi della lotta di liberazione; il tempo è crudele ed inesorabile, ma attutito dalla memoria, che non scompare mai.
Ho potuto stringere la mano e salutare tantissimi concittadini: una volta tanto, in questo giorno, le differenze di opinione si attenuano ed il rispetto per la persona fa capolino. Sia così anche oltre il 25 aprile.
L’anno prossimo, a Dio piacendo, festeggerò questa ricorrenza unitamente ad un altro 25: i 25 anni di matrimonio con mia moglie, che – con eroismo muliebre – mi “resiste” da quasi cinque lustri; ne ho fatto cenno salutando al termine della cerimonia, raccogliendo un applauso che ho interpretato come simpatia (per taluni indotta dalla consapevolezza che si trattava del mio ultimo discorso da Sindaco?).
Due sole note stonate:
- slogan sorpassati urlati da ragazzi bisognosi di recuperare il senso della realtà (purtroppo corteggiati da taluni che ragazzi non sono più);
- un apodittico e sospettoso comunicato di un candidato Sindaco che, con una malizia che non mi appartiene, ha stravolto il manifesto comunale per il 25 aprile (che ho disegnato personalmente), vedendovi una sorta di pubblicità per un partito oggi maggioritario: un vero peccato, parole antipatiche che avrebbero meritato il silenzio. Io sto con il Capo dello Stato: “la celebrazione del 25 aprile deve diventare finalmente - voglio ribadirlo nel modo più netto - occasione di ricordo, di riconoscimento, di omaggio per tutte le componenti di quel grande moto di riscatto patriottico e civile che culminò nella riconquista della libertà e dell'indipendenza del nostro paese : per tutte le sue componenti, viste e onorate nella loro unitarietà”.
La libertà non ha colore, è trasparente come l’aria che respiriamo; come – senza l’aria – finiremmo asfissiati, così senza la libertà saremmo servi.
Dalla libertà nasce la democrazia, nasce la Costituzione; il resto (giustizia, uguaglianza, solidarietà, diritti, doveri civici, pace, fratellanza) discende dalla libertà.
L’Italia liberata (e sappiamo da chi e come) è l’Italia della libertà: di tutti, di tutti che, per l’art. 3 della Costituzione, sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Nessuno è più uguale degli altri, men che meno quando sale in cattedra paludato come sommo sacerdote di una “religione” tutta sua, che può praticare liberamente proprio perché l’Italia è stata liberata ed è l’Italia della libertà di tutti.

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