venerdì 29 gennaio 2010

Ancora sull'immigrazione


Il problema non è l’immigrazione in sé, ma l’immigrazione sregolata.
Da sempre esistono i fenomeni migratòri; anche gli Italiani ne sono stati protagonisti nel secolo scorso.
Per evitare che diventino una scomposta disgrazia, a pena soprattutto di chi si è fatto trasportare da aspettative illusorie, è necessario per il bene di tutti che i flussi siano regolamentati seriamente.
Per certo, la configurazione geografica italiana, che rende la Penisola un grande ponte verso l’Europa continentale, e le maglie larghe del nostro sistema hanno favorito l’ingresso incontrollato nel nostro Paese di migliaia di persone, inevitabilmente costrette alla clandestinità.
Dalla clandestinità proviene il bracciantato per la delinquenza; anche in questo àmbito, spesso, la malavita nostrana ha girato le incombenze più sporche a stranieri clandestini, facilmente ricattabili per la loro condizione; di qui viene gran parte della prostituzione, che trova tanta domanda tra i nostri connazionali (peraltro distintisi all’estero con personaggi come Al Capone… Ma anche Fiorello La Guardia).
Le leggi sull’immigrazione, che si sono succedute nel tempo, hanno fallito, in un modo o nell’altro; servirebbe, piuttosto, una politica di ordinata accoglienza, collegata agli effettivi bisogni della nostra economia e ad adeguati mezzi per impedire l’illegalità, accompagnata da una concreta e ben programmata politica di interventi di solidarietà internazionale per rendere sempre più autosufficienti e in loco le popolazioni del mondo più povero, da non sradicare dalle loro terre native.
L’eccesso di indiscriminata apertura (pelosamente caritatevole), da una parte, ed il minaccioso ricorso alla forza (esperimento muscolare destinato all’insuccesso), dall’altra, hanno dato cattiva prova ed hanno messo in dubbio la dignità di ogni persona umana che non può essere oggetto di giudizio e pregiudizio, come insegna Benedetto XVI.
Una politica, dunque, tutta da ripensare, ripartendo dal centro.

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