lunedì 18 gennaio 2010

Acqua e riforme

È di attualità l’argomento dell’acqua, dopo che, alcuni mesi fa, si sono riscontrati problemi sulla potabilità del liquido del pozzo dell’acquedotto saronnese (Via Parini): le analisi ai limiti e le notizie sulla stampa del marzo 2009 hanno indotto a fornire acqua minerale alla scuola Pizzigoni ed alla parziale chiusura di quel pozzo.
Nonostante l’allarme destato, va chiarito però che non sono mai stati superati i limiti della potabilità in rete e nei punti di erogazione in città, sicché – come ha assicurato Saronno Servizi s.p.a., gestore dell’acquedotto – le analisi disposte ogni settimana confermano che il valore degli agenti inquinanti è risultato essere sempre al di sotto della soglia di allarme. Si riscontra, peraltro, un altro problema – in alcune zone della città – dovuto a pressione a volte inferiore alle necessità, con difficoltà di erogazione ai piani alti.
La situazione, tuttavia, non appare né compromessa, né insuperabile, come invece fanno intendere alcune voci allarmistiche, che non tengono conto né della pronta reazione della società gestrice, né dell’Amministrazione Comunale e del Commissario Straordinario.
Conviene, anzitutto, rammentare che l’Amministrazione Comunale, tra il 2002 ed il 2003, aveva promosso l’approntamento di un nuovo pozzo a Cassina Ferrara e di un nuovo pozzo sostitutivo in Via Novara, con una spesa di oltre € 500.000,00=, mentre Saronno Servizi s.p.a. ha costantemente provveduto, nel corso degli anni, alla manutenzione ordinaria e straordinaria della rete ed al monitoraggio delle acque.
È stato infine annunciato che, nel primo trimestre del 2010, saranno appaltati i lavori per la realizzazione di un nuovo pozzo ed interventi di approfondimento in altri, per il che la Commissaria Straordinaria ha già disposto l’assunzione di un mutuo.
Si può quindi ragionevolmente concludere che, in tempi brevissimi, la situazione sarà soddisfacente ed adeguata sotto il profilo sia quantitativo, sia qualitativo.
Tuttavia, ciò non basta ed induce a riflessioni di carattere più ampio.

Anzitutto, condivido senza alcun dubbio il concetto che l’acqua, elemento essenziale per la vita, sia un bene primario fondamentale di interesse esclusivamente pubblico, che non deve essere sottoposto a manipolazioni legislative tendenti alla privatizzazione.

In tal senso, invece, si sono spinte alcune direttive dell’Unione Europea, che in nome della presunta maggiore efficienza, hanno indotto i singoli Paesi dell’Unione ad introdurre provvedimenti che contemplano la possibilità per società private di gestire servizi pubblici, tra cui la distribuzione dell’acqua.
Nel nostro ordinamento si sono susseguite diverse norme, nazionali e regionali, di cui – da ultimo – il D. Legge 25.09.2009, n. 135, convertito nella Legge 20.11.2009, n. 166, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, in forza del quale la gestione dei servizi pubblici locali sarà conferita “in via ordinaria” attraverso gare pubbliche a società miste e la gestione in house (a totale capitale pubblico) sarà consentita soltanto in deroga “per situazioni eccezionali” e dietro parere preventivo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Peraltro, in attuazione di leggi nazionali e regionali, il servizio idrico integrato è attribuito ad un Ambito Territoriale Ottimale, che in Lombardia coincide con il territorio di ogni Provincia, sicché anche nella nostra, dopo anni di incertezze e polemiche, si è costituito il 17.12.2008 in forma di consorzio obbligatorio l’A.T.O. 11 Varese, comprendente tutti i Comuni della Provincia, che hanno quindi obbligatoriamente devoluto al nuovo consorzio tutte le competenze sull’acqua.
I Comuni, nonostante il funzionamento dell’ATO sia ben lungi dall’essere definitivo e completo, non hanno più alcuna competenza diretta nella gestione dell’acqua. Se ne è ben compresa la drammaticità in occasione della difficoltà recentemente registrata nella nostra città: l’Amministrazione e la Commissaria, infatti, non erano abilitati ad assumere impegni economici in via diretta senza la preventiva autorizzazione dell’ATO – che, però, attualmente non ha ancora i mezzi economici occorrenti per attuare interventi su acquedotti ed impianti di distribuzione.
In altre parole, il Comune di Saronno ha dovuto assumere un mutuo per la realizzazione di un nuovo pozzo ed altri necessari interventi, a carico del proprio bilancio, perché l’ATO – che sarebbe l’ente competente - non ha i fondi; ma ha dovuto richiedere a Varese un’autorizzazione, altrimenti si sarebbe trattato di una distrazione di fondi da portare alla Corte dei Conti!
Una situazione incresciosa e di stallo, che dura da anni, quelli che sono stati necessari per costituire l’ATO tra ostilità e mugugni, destinato ad essere abolito se sarà adottato dal Parlamento il disegno di legge di riforma degli Enti Locali (art. 19) predisposto dal Ministro Calderoli qualche mese fa e già approvato dal Governo.
C’è davvero da domandarsi se in una situazione schizofrenica come questa – che perdura da anni - sia stato possibile per anni e sia possibile adesso per i Comuni adottare, com’è logico, una lungimirante politica dell’acqua, quando le competenze sono state spostate altrove – ma magari saranno loro restituite – e la gestione delle reti e l’erogazione, tuttora precariamente in mano per prorogatio agli attuali gestori, non si sa in che mani finiranno: infatti, come detto, solo in casi eccezionali e dopo un complesso iter autorizzativo, le società comunali pubbliche (ex municipalizzate, come Saronno Servizi s.p.a.) potranno mantenere l’incarico gestionale.
Come si vede, l’intreccio confuso di direttive dell’Unione Europea (che ha perso di vista il senso comune e le preoccupazioni legittime dei cittadini, in omaggio a criteri di efficienza molto opinabili), di sentenze della Corte Europea di Giustizia, di pasticciate norme nazionali e regionali di adeguamento a tali direttive, di innamoramento improvviso di molti per la privatizzazione hanno condotto a complicazioni inutili, di cui i Comuni ed i loro cittadini scontano le incertezze e le criticità (ed i probabilissimi futuri aumenti di costo e tariffe).
Ribadisco, dunque, che in una materia come l’acqua la competenza pubblica è essenziale e che è altrettanto auspicabile che sia approvata l’abolizione degli ATO prevista dalla riforma Calderoli degli Enti Locali. In tal modo, i Comuni potrebbero tornare ad essere protagonisti in questo fondamentale aspetto e sarebbe rispettata localmente la volontà dei cittadini, particolarmente sensibili alle vicende concernenti l’acqua.
Nel nostro caso, è fortemente auspicabile (e in tal senso sono determinato ad operare) che Saronno, insieme ai Comuni dello stesso bacino imbrifero (che – ovviamente – non rispetta i confini politici delle Province!), tramite società totalmente pubbliche, quali sono Saronno Servizi s.p.a. e Lurambiente s.p.a., possa ritornare a avere la gestione autonoma del servizio idrico integrato, con il riconoscimento della sussistenza di una situazione eccezionale richiesta dalla legge 166/2009, determinata in modo evidente dalla posizione idrotopografica della città e del suo circondario, suddiviso in ben quattro Province (quindi… quattro ATO!), ma unico ed indivisibile per la natura (che dei confini amministrativi si fa un baffo).

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