martedì 15 dicembre 2009

Ritornare alle origini



Silvio Berlusconi è stato ferito in agguato; ogni persona dabbene ne è rimasta spiacevolmente colpita e mal tollera il can can di dichiarazioni che ne sono seguite, soprattutto quelle incredibili di taluni politici, per non parlare degli sconsiderati che hanno sfogato il loro tristo livore in internet.
Da parte mia, desidero soffermarmi sul lato umano della vicenda, sul dolore – fisico e morale – che l’uomo Silvio Berlusconi sta sopportando; ognuno di noi ha esperienza di che cosa sia, nella vita nessuno ne è indenne, sicché possiamo ben capire quanto ingiusta possa apparire a lui questa situazione, che lo tocca nella salute e nello spirito.
C’è troppo odio nella nostra società, odio che parte dall’insofferenza per tutto e per tutti, anche negli aspetti quotidiani più banali; i toni si alzano subito anche in una discussione condominiale o in un discorso tra tifosi sportivi; è cosa ormai ordinaria il ricorso all’insulto – purtroppo parzialmente giustificato dalla più recente giurisprudenza, che lo ritiene consentaneo all’imbarbarimento dei costumi -; l’avversario è subito visto come un nemico (eppure esistono due parole per definire chi è “contro”: avversario, appunto, e nemico, la cui portata etimologica e di significato è ben diversa, un po’ come la distinzione tra peccato veniale e peccato mortale).
Mi immedesimo, dunque, nel Presidente costretto in una stanza d’ospedale e nel senso di sconforto e di amarezza che si è abbattuto su di lui, solo in parte attutito dalle molte prove di solidarietà e di simpatia; sicuramente ripenserà alla bufera che si è scatenata contro di lui da quando decise di scendere in campo e si domanderà se è valsa la pena di mettere a repentaglio sé stesso come persona, come imprenditore, come cittadino.
La vicenda mi fa tornare indietro nel tempo, a sabato 24 ottobre 1998 (http://pierluigigilli.blogspot.com/2009_03_01_archive.html), quando – mai successo in vita mia – partecipai insieme ad altri amici saronnesi alla prima grande manifestazione dell’allora Casa delle Libertà a Roma: esperienza che mi ha segnato, da cui ho compreso l’esistenza di un io collettivo nelle centinaia di migliaia di persone radunatesi infine a Piazza San Giovanni, mosse tutte dal medesimo ideale.
Nacque allora visibilmente – nell’incredulità di chi, abituato a marciare ad ogni piè sospinto, si credeva padrone assoluto della piazza – uno spirito innovatore, a cui seguì un’avventura politica entusiasmante, al di là delle bandiere dei singoli gruppi politici aderenti. Questa, almeno, la percezione mia e dei cittadini presenti, orgogliosi di esserci e di sentirsi comunitariamente protagonisti.
Inevitabilmente, col decorrere degli anni, lo spirito propulsivo di allora si è sfilacciato e, nonostante la nascita di un unico contenitore, il PdL, si intravvedono i tentativi di ritornare indietro, alla vecchia politica à l’italienne, fatta di compromessi, di correnti, di ambiguità, di tessere, di nuovi arrivati.
A mio avviso, oggi occorre riprendere per mano quello spirito di novità e di passione per non finire nelle paludi della politica bizantina: è l’unico modo di essere davvero vicini al Presidente Berlusconi.
Anche se da posizioni di indipendenza critica, distinti dalla balena azzurra, che negli anni si è fin troppo appesantita per un eccesso di consenso utilitaristico in molti nuovi sopraggiunti.
Distinti non significa distanti: anzi, il confronto tra varianti di opinioni all’interno della stessa famiglia – nel rispetto dell’autonomia di ciascuno – è il metodo appropriato per ridare vitalità allo spirito positivo che ha percorso il nostro Paese grazie alle grandi intuizioni di statista del Presidente Berlusconi, che non ha mai amato il teatrino della politica ed ha saputo infondere negli Italiani fiducia in sé stessi.
Gli auguro di rimettersi presto e bene e di ricuperare entusiasmo ed ottimismo, per continuare a cooperare al bene della nostra Nazione; per quanto mi concerne, da cittadino, nel mio piccolo, non farò mancare il mio modesto contributo.

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