giovedì 16 febbraio 2012

Un falso problema


Da “Repubblica”  di oggi: Il presidente del Consiglio Mario Monti ha comunicato al Vicepresidente e commissario per la concorrenza della Commissione europea, Joaquin Almunia, l'intenzione del governo di presentare un emendamento in merito all'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili riservata agli enti non commerciali, quindi anche alla Chiesa. In sostanza, la Chiesa pagherà l'Ici su quegli immobili in cui si svolgano attività commerciali. In caso di attività "miste", pagherà l'imposta sulla frazione dell'immobile dedicata ad attività commerciali”.
Dalla Stampa odierna: “Il presidente del Consiglio sceglie il sito di Palazzo Chigi per rendere pubblica la decisione. Questi i criteri che saranno seguiti: «L’esenzione fa riferimento agli immobili nei quali si svolge in modo esclusivo un’attività non commerciale; l’abrogazione di norme che prevedono l’esenzione per immobili dove l’attività non commerciale non sia esclusiva, ma solo prevalente; l’esenzione limitata alla sola frazione di unità nella quale si svolga l’attività di natura non commerciale; l’introduzione di un meccanismo di dichiarazione vincolata a direttive rigorose stabilite dal ministro dell’Economia e delle Finanze circa l’individuazione del rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali esercitate all’interno di uno stesso immobile. Il presidente Monti auspica che l’iniziativa del governo permetta alla Commissione europea di chiudere la procedura aperta nell’ottobre 2010»”.
Giubilo da parte di chi, soprattutto nel web, ha recentemente innescato un’astiosa polemica nei confronti della Chiesa Cattolica, accusata di essere privilegiata nei confronti dell’imposta ICI, da cui sarebbe esente, con il conseguente auspicio di assoggettamento della Chiesa all’imposta stessa, da cui dovrebbero derivare entrate per centinaia di milioni di euro.
Si tratta di un falso problema:
1)        1)  Non è vero che la Chiesa cattolica goda di un privilegio; l’esenzione dall’ICI, infatti, riguarda tutti gli enti non commerciali, ossia un’amplissima categoria di soggetti non ecclesiastici, tra cui anche quelli ecclesiastici di confessioni diverse da quella cattolica (basti confrontare le intese tra Stato italiano ed alcune religioni acattoliche). La norma applicabile, l'articolo 7 lettera i) del decreto legislativo 504 del 1992 non parla in alcun punto di Chiesa cattolica, né di enti ecclesiastici. Per l'individuazione dei soggetti agevolati, questa norma fa riferimento ad una norma del Testo unico delle imposte sui redditi (e in particolare agli immobili utilizzati dai «soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c, del Testo unico delle imposte sui redditi e successive modificazioni»). Questa, nella nuova numerazione del Testo unico è l'art. 73, lett. c), dispone: «gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali». Quindi, gli agevolati non sono soltanto la Chiesa cattolica e gli enti ecclesiastici, ma tutti i numerosissimi enti non commerciali: tutti gli enti non profit, le Onlus, il cosiddetto Terzo settore, ossia tutti quegli enti che abbiano una riconosciuta valenza sociale, come tale meritoria di agevolazione da parte dello Stato.
2)  2) Più in particolare, l’articolo 7, comma 2-bis, del D.l. 30 settembre 2005 n. 203 (convertito con modificazione dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, così come sostituito dall’art. 39, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modifiche, nella legge 4 agosto 2006, n. 248 (c.d. decreto Bersani) stabilisce che «l’esenzione disposta dall’articolo 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. n. 504 del 1992, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale»; l’art. 7, comma 1, lett. i, del d. lgs. n. 504 del 1992 così recita: i) gli immobili utilizzati dai soggetti di cui  all'articolo  87, comma 1, lettera c), del  testo  unico  delle  imposte  sui  redditi, approvato con decreto del Presidente  della  Repubblica  22  dicembre 1986, n. 917, e successive  modificazioni,  destinati  esclusivamente allo   svolgimento   di   attività   assistenziali,   previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative  e  sportive, nonché delle attività di cui all'articolo  16,  lettera  a),  della legge 20 maggio 1985, n. 222”; l’art. 16, lett. a) cit. è contenuto nella legge di ratifica dell’Accordo di Villa Madama del 14 febbraio 1984, comportante la modifica consensuale del Concordato tra l’Italia e la Santa Sede e così dispone: Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque:  a) attività di religione o di culto quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana”.
3)          3) Riassumendo: l’esenzione dall’ICI compete quando si tratti a)  (requisito soggettivo) di un ente tra quelli espressamente indicati dalla legge (quindi Chiesa cattolica, culti acattolici dotati di intesa ex art. 8 Costituzione e connessi enti ecclesiastici, nonché tutto il c.d.  no profit); b)  che svolga (primo requisito oggettivo) una delle otto attività identificate come meritorie [assistenziali,   previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative  e  sportive, nonché delle attività di cui all'articolo  16,  lettera  a),  della legge 20 maggio 1985, n. 222]; c) che non abbiano esclusivamente natura commerciale (secondo requisito oggettivo).
4)      Conseguentemente, l’ente ecclesiastico cattolico o acattolico con intesa che svolga attività diverse  da quelle di religione e di culto o da quelle meritevoli (assistenziali,   previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative  e  sportive) è soggetto, per tali attività (p.es. quelle commerciali o a scopo di lucro), all’applicazione dell’imposta ordinaria, senza agevolazioni (p.es.: su un bene immobile dato in locazione ad uso abitativo e/o commerciale, si paga integralmente l’ICI); si veda Cass. civ., sez. trib., 23-03-2005, n. 6316, secondo cui, appunto, “Enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che, in aggiunta alle attività istituzionali loro proprie di culto e religione, si occupano anche di attività diverse da quelle di religione o di culto, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, sono soggetti alle ordinarie disposizioni tributarie”.
Altra cosa è l’elusione, che è un aggiramento patologico della norma; è di tutta evidenza che l’elusione, al pari dell’evasione, ove accertata, debba essere rigorosamente repressa.
Ed è proprio in questo senso che l’annunciato provvedimento governativo si muove: l’abrogazione di norme che prevedono l’esenzione per immobili dove l’attività non commerciale non sia esclusiva, ma solo prevalente; l’esenzione limitata alla sola frazione di unità nella quale si svolga l’attività di natura non commerciale; l’introduzione di un meccanismo di dichiarazione vincolata a direttive rigorose stabilite dal ministro dell’Economia e delle Finanze circa l’individuazione del rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali esercitate all’interno di uno stesso immobile: si tratta, come si vede, di precisazioni e puntualizzazioni che rendono più certo e sicuro il sistema, sia nella fase definitoria, sia nella fase accertativa, e tendono a chiarire in modo limpido le situazioni miste, che vedono la coesistenza nello stesso compendio immobiliare di attività meritevoli ed attività commerciali, così da eliminare anche un facile contenzioso.
Se, dunque, le intenzioni governative sono condivisibili, altrettanto è a dirsi delle osservazioni della Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.), il cui portavoce, Mons. Domnico Pompili, ha così commentato: «Attendiamo di conoscere l’esatta formulazione del testo così da poter esprimere un giudizio circostanziato. Come dichiarato più volte, anche di recente, dal Presidente della Cei, Card. Angelo Bagnasco, ogni intervento volto a introdurre chiarimenti alle formule vigenti sarà accolto con la massima attenzione e senso di responsabilità. Ci auguriamo  -  soffermandoci sulle ragioni dell’esenzione - che sia riconosciuto e tenuto nel debito conto il valore sociale del vasto mondo del no profit».
Insomma, per non rincorrere facili ed ingiuste polemiche, cerchiamo di evitare di buttar via il bambino insieme all’acqua sporca.

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