venerdì 17 febbraio 2012

Falsi o ignoranti?


Ritorniamo sul falso problema dell’ICI.
La lettura dei giornali odierni e delle agenzie-stampa , l’ascolto delle notizie dei tele e radio-giornali è sconfortante. Tutti, all’unisono, con una semplificazione sospetta, parlano indistintamente di ICI sui beni del Vaticano (o, tutt’al più, della Chiesa – cattolica, scil.) ed esprimono soddisfazione per la prossima abolizione di un presunto privilegio. Unica eccezione: “Avvenire”.
Il linguaggio dovrebbe essere, evangelicamente, sì sì – no –no. Ammonimento del tutto dimenticato.
Infatti, come abbiamo tentato di illustrare ieri, l’esenzione dall’ICI NON riguarda solo i beni immobili ad uso non commerciale della Chiesa cattolica, ma anche quelli di proprietà di altre Culti religiosi acattolici dotati di intesa con lo Stato italiano ex art. 8 della Costituzione e quelli afferenti al patrimonio degli enti no profit di qualsiasi genere (laici, laicissimi e di ispirazione religiosa).
Questa è la verità inoppugnabile, che è provata dalla legislazione attuale, consultabile da tutti.
Invece, per ignoranza o per maliziosa falsità (temo un mix di entrambi, con il condimento della supponenza), giornalismo stampato e radiotelevisivo continuano imperterriti a denunciare (che coraggio!) il privilegio del Vaticano e della Chiesa cattolica.
A parte il fatto che il Vaticano non è la Chiesa cattolica, ma uno stato sovrano, il privilegio, se così lo si vuol definire, è attribuito a molti altri enti benemeriti acattolici, che fanno del servizio no profit la loro ragione di vita: servizio che spesso supplisce  ad evidenti carenze dello Stato.
La Corte Costituzionale ha dato la definizione della laicità secondo le norme della legge fondamentale, in virtù della quale l’ordinamento italiano ha una visione peculiare in materia, con un profilo originale; il principio di laicità «implica non indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale» giacché «l’attitudine laica dello Stato-comunità risponde non a postulati ideologizzati ed astratti di estraneità, ostilità o confessione dello Stato persona, o dei suoi gruppi dirigenti, rispetto alla religione o ad un particolare credo, ma si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini » (C. Cost.,  sent. n. 203/1989).
Lo Stato, dunque, nell’ambito di una separazione collaborativa rispetto ai culti organizzati, riconosce con favore la religiosità quale aspetto sociale-comunitario e aggregativo, meritevole di attenzione per la sua valenza collettiva; la Repubblica, quindi, nel tutelarla, non fa che riconoscere la personalità dei cittadini e favorirne lo sviluppo; lo stesso vale per altri fenomeni aggregativi non religiosi (come le onlus e gli enti no profit), che concorrono – insieme allo Stato – al benessere dei cittadini in settori ben precisi (attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive di natura non commerciale), ritenuti meritevoli  per questo di agevolazioni fiscali.
Ma i c.d. laici (inclusi i laicisti) conoscono la Costituzione ed i suoi princìpi? Sembra proprio di no, la ignorano selettivamente, salvo sciacquarsi la bocca con lo spirito costituzionale quando fa loro comodo (massime il 25 aprile...).
Allora, la questione dell’ICI, oggi così di moda anche tra improbabili moralisti guitti tele-canori, è un falso problema, dietro il quale si nasconde l’inesausta polemica anticlericale e libertina, che si supponeva fosse stata relegata nei bauli polverosi di una storia sorpassata.
Evidentemente non è così: il rischio di buttare via il bambino con l’acqua sporca è sempre più concreto.
Si sappia, tuttavia, che – nonostante le pelose mistificazioni ed il terrorismo demagogiconon praevalebunt e la Chiesa Cattolica, come le altre Chiese e gli enti no profit continueranno la loro missione umanitaria, spesso sostitutiva di uno Stato latitante: alla faccia dei chiacchieroni laicisti non informati e disinformatori, che non si sono mai misurati in attività di servizio e campano di populismo.
Anticlericali? No, grazie.

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