domenica 6 settembre 2009

Il Cairo


Ahmed, la nostra guida, ha 31 anni, è laureato in letteratura araba ed ha imparato perfettamente l’italiano dai Padri Salesiani al Cairo, dove abita nel centro, nel bel quartiere dei viali delle ambasciate e degli eleganti palazzi fin de siècle.
Ci accoglie con gentilezza a Port Said, precisandoci che il suo nome, in italiano, suonerebbe come “Amedeo”, cioè colui-che-ama-Dio; è musulmano osservante e rispetta il digiuno da cibo e bevande dell’incombente Ramadan.
Poiché conosciamo già il Cairo, abbiamo richiesto un giro “mirato”, una parte dedicata alle moschee, un’altra alle chiese copte; durante il tragitto, à côté del Canale di Suez sino ad Ismailìa, tra campi ubertosi sino alla capitale, su una larga strada punteggiata di moschee ogni chilometro e di improbabili posti di ristoro, Ahmed è ricco di spiegazioni: confrontiamo le diverse visioni della storia, soprattutto di quella più recente.
Visitammo a lungo il Cairo alla fine del 1985: era una città già enorme, affollata, caotica, ma di grande fascino come punto d’incontro di antiche civiltà e di simpatica accoglienza; ovunque, i segni di una grande apertura al mondo esterno, una “occidentalizzazione” marcata, pubblicità ovunque di prodotti a noi familiari, abbigliamento liberale e rare le donne velate.
Nel 2005, l’atmosfera era già cambiata; oggi ancor di più, in una
involuzione che rende più rigidi i rapporti e tiene alta una vigilanza sulle differenze (e diffidenze), piuttosto che sulle somiglianze.
La Cittadella di Saladino, con la grandiosa moschea di Mohammed Ali, è deserta; dal piazzale assolato, un panorama amplissimo, fino al Nilo ed alle piramidi sullo sfondo del deserto; nell’interno, pochissimi fedeli, sicché la visita – tolte le scarpe – è completata dalle accurate spiegazioni della nostra guida, che definisce “monumentale e turistico” questo luogo, tirato a lustro per apparenza.
Scendiamo, così, attraverso l’incredibile abitato del cimitero dei Mamelucchi, alla più celebrata moschea del mondo islamico, sede della più autorevole univesità teologica musulmana: Al Azhar, a un dipresso dello sterminato bazar di Khan-el-Khalili. Ormai è mezzogiorno e ovunque risuona la voce di richiamo alla preghiera; ci accodiamo anche noi per entrare, ma dobbiamo renderci adeguati alla sacralità del luogo: i maschi si tolgono le scarpe, le donne devono indossare una lunga tunica, che ne ricopra completamente il corpo, e velarsi – una prova sopportata con molta difficoltà da mia moglie e mia figlia, che si protesta umiliata per questo atteggiamento ginofobico, posto che era già vestita in modo modesto ed appropriato; ci fanno attendere per un quarto d’ora nella stanza della madrassa, la scuola coranica, finché gli uomini (tra cui Ahmed) hanno terminato le orazioni rituali; finalmente entriamo nel cortile – sotto gli sguardi perplessi (se non di rimprovero) dei credenti – e poi nella moschea, la cui architettura rivela il preesistente impianto basilicale cristiano, con le navate divise da colonne di spoglio: una successione di culti e di mentalità.
Ci sediamo sui tappeti, da cui l’interno è ricoperto, e la nostra guida ci illustra dettagliatamente i cinque pilastri dell’Islam: 1) la testimonianza: "non c'è altro Dio fuorché Dio e Muhammad è il suo Profeta "; 2) le cinque preghiere quotidiane; 3) il pagamento dell'imposta coranica e l’elemosina; 4) il pellegrinaggio alla Sacra Casa, cioè alla Mecca; 5) il digiuno del mese di Ramadan. In particolare, spiega che il Ramadan serve agli uomini per capire, con l’astinenza, la condizione di chi soffre, è un'offerta a Dio in cui l'anima domina il corpo ed ogni fedele, essere imperfetto, è spinto a purificarsi.
Riflettiamo che l’intento è nobile e ne comprendiamo lo spirito, al di là degli aspetti che possono apparire pittoreschi e curiosi. Desta in noi, invece, una spiacevole sensazione il serioso panegirico di Ahmed sulla necessità di velare le donne: il presunto intento protettivo nei loro riguardi e l’asserzione che la prima donna velata della storia sia stata Maria ci appaiono incompatibili con la parità, la libertà e la dignità dei sessi : ci troviamo in un mondo profondamente diverso da quello in cui viviamo, al di là delle facili e scontate battute che anche da noi, con superficialità, circolano talvolta nei confronti dell’«altra metà del cielo». Quando la donna prenderà coscienza di sé (meglio: quando le sarà permesso di prendere coscienza di sé), anche l’Islam subirà una lodevole rivoluzione: il mondo sarà certamente migliore.

Per noi è l’ora del pranzo; l’autista e la guida digiunano coerentemente.

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