lunedì 20 giugno 2011

Ricami (45): chi s'accontenta, gode


Dal cilindro della provvisoria Reggenza saronnese, spunta un coniglio di razza: un contratto di locazione di parte del già Seminario consegnato all’unico concorrente della gara bandita dall’Amministrazione.
Non possiamo che essere lieti di una soluzione ad un problema annoso, che la precedente Amministrazione e, successivamente, la Commissaria straordinaria, avevano affrontato senza successo, nell’ottica del completamento e dell’ampliamento dell’offerta formativa da parte dell’Università dell’Insubria: questa si è trovata in difficoltà, a partire dai tempi del Ministro Mussi e, definitivamente, con la riforma Gelmini, a sviluppare in questa sede distaccata i progetti che aveva in animo di perseguire, tra cui importanti master  (qualcuno è stato realizzato).
L’edificio è stato completamente ristrutturato quando il Comune ne aveva le possibilità finanziarie: meno male, v’è da dirsi, altrimenti oggi il complesso del già Seminario sarebbe destinato a chissà quali attese (come Palazzo Visconti), viste le note criticità delle casse degli Enti Territoriali.
L’insediamento dell’Università dell’Insubria è stata una scelta ponderata e lungimirante, che l’allora opposizione di sinistra non ha mai voluto mandare giù e che ancora oggi critica, con una buona dose di snobismo: centinaia di studenti in Scienze Motorie non piacciono, forse perché si tratta di una disciplina “minore”; tuttavia, si tratta di un corso di laurea vero, che rilascia diplomi veri, tramite un’Università pubblica.
Un investimento nella cultura e nell’educazione al più alto livello, destinato – nelle intenzioni – ad essere ampliato e purtroppo bloccato da fattori esterni, che ne hanno impedito il compimento; un progetto che aveva la sua logica, completato dall’accordo con  ALER per la ristrutturazione della foresteria (in corso di conclusione), per la realizzazione di minialloggi temporanei adatti anche agli studenti universitari (un vero e proprio campus).
Un investimento che ha comportato scientemente un minimo ritorno economico per il Comune (il canone di locazione pagato dall’Università è di natura pressoché simbolica – ma ad esso vanno aggiunte le spese di gestione, riscaldamento, elettricità, pulizie che sono a carico dell’Ateneo -, allorquando i Comuni di Como, di Busto Arsizio e di Varese, altre sedi dell’Insubria, danno i locali gratuitamente e versano contributi all’Università); un investimento per l’istruzione, che dà risultati non valutabili in quattrini.
Bene ha fatto, dunque, la nuova  Amministrazione a locare gli spazi già ricuperati e rimasti purtroppo vuoti, per adibirli ad attività didattiche, come previsto e voluto da chi l’ha preceduta; con una patente smentita delle proprie promesse elettorali, secondo cui gli spazi vuoti del già Seminario, nel programma dell’attuale maggioranza, sarebbero stati devoluti alle associazioni (pag. 11): un vero e proprio cambio di rotta (forse che avessimo ragione noi?).
Lascia però perplessi la nuova  destinazione:  un corso di studi privati  in una disciplina non riconosciuta  dal Ministero della Salute, dal Ministero dell’Università, dalla scienza medica, che non rilascia titoli riconosciuti.
Perplessità aggravate dalle dichiarazioni alla stampa dei responsabili della società privata  unica concorrente-vincitrice: che, per il primo anno di corso, si attende un afflusso di una ventina di studenti (con un incasso di circa € 60.000,00 se la retta scolastica è di € 3.000,00 annuale, come si legge nel sito della stessa società; poi c’è da pagare le spese di gestione, i docenti, i materiali…). Ma il canone di locazione pattuito è di € 90.000,00 annui; evidentemente, sarà pagato con altre risorse (cure, riabilitazioni? Anche perché il capitale sociale di tale società è di € 10.000,00=).
Le premesse sono dubbie; ci auguriamo che la ventina di studenti attesi dalla neoinquilina possano seguire con profitto i corsi di questa disciplina alternativa e che l’Accademia cui si iscriveranno sia una puntuale e precisa conduttrice dell’immobile di proprietà comunale.
Non grideremmo al successo epocale, tuttavia; si tratta di una soluzione di ripiego, che dimostra quanto fosse difficile trovare sul mercato soggetti interessati a questi spazi (un solo concorrente, circostanza significativa).
Neppure è il caso di abbandonarsi a frettolose e scadenti asserzioni, come ha fatto l’Assessora competente: mi spiace che commenti altrettanto severi non si siano levati dopo che abbiamo informato la città dei particolari del contratto capestro firmato dalla precedente amministrazione con l'Università dell'Insubria: * canone di 12.000 euro all'anno per 2500 mq * contratto di 9 anni + 9 anni rinnovabili con possibilità di disdetta  SOLO da parte della Insubria (scadenza 2022); per non parlare della scarsa ricaduta sul territorio della presenza della Università (solo così si giustificherebbe un affitto simbolico), ignota alla maggioranza dei saronnesi”  (così su Facebook).
L’Assessora, nello sforzo ideologico di denigrare altri per ricevere consenso, dice cose sbagliate:
  • i particolari del c.d. contratto capestro  erano pubblici dal momento in cui fu sottoscritto il contratto di locazione, atto pubblico annualmente riportato nel bilancio comunale; non è stato svelato  alcunché, se n’era parlato ampiamente in Consiglio Comunale e durante la campagna elettorale, con opinioni diverse; nessun capestro,
  • la legge 27.07.1978, n. 392 disciplina imperativamente la locazione degli immobili ad uso diverso dall’abitazione; la disdetta  è consentita SOLO all’inquilino (art. 27, commi 7 e 8), che ha diritto al rinnovo alla prima scadenza (art. 28, comma 2), salva la difficile ipotesi  che il locatore si trovi nelle condizioni tassativamente previste dall’art. 29 (cause di necessità): l’Assessora, prima di usare le lettere maiuscole, dovrebbe informarsi sulle norme vigenti nel nostro ordinamento, che devono essere osservate a pena di nullità (art. 79);    
  • se l'Università dell’Insubria, con oltre trecento studenti l’anno, è “ignota alla maggioranza dei Saronnesi”  e, quindi, ha “una scarsa ricaduta sul territorio”, come commenterà l’acuta Assessora la presenza di un corso di studi privati  in una disciplina non riconosciuta  dal Ministero della Salute, dal Ministero dell’Università, dalla scienza medica, per una ventina di studenti, come letto su “La Prealpina” di domenica 19?
  • Leggeremo e compulseremo con grande attenzione il contratto di locazione che sta per essere sottoscritto dal Comune; non abbiamo dubbi che sarà conforme alla legge, anche in tema di disdetta.


Vale ancora, dunque, l'antico proverbio: chi s'accontenta, gode.
L’Assessora s’accontenta, evidentemente.
Speriamo che ne godano davvero le casse comunali e che questa nuova disciplina  abbia un’altissima ricaduta sul territorio, tramite la sperata presenza di una ventina di studenti, missionari involontari delle magnifiche sorti e progressive vagheggiate dalla presente, ìnclita, pròvvida Amministrazione, così pronta a smentire i propri programmi elettorali (ma, si sa, governare è tutt'altra cosa che promettere, occorre essere realisti...).  

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