mercoledì 7 ottobre 2009

Il nuovo conformismo


Non conosco, per ora, le motivazioni giuridiche con le quali la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del c.d. “Lodo Alfano”; sicuramente, i Giudici della Consulta – che sono degli ammirevoli pozzi di scienza giuridica – hanno interpretato in modo rigoroso i principii costituzionali coinvolti nella delicata materia.
Mi preoccupa, invece, lo spirito giacobino con cui taluni hanno già esultato per una decisione che riguarda anzitutto il diritto, ai livelli più elevati e che non è un colpo di ghigliottina contro qualcuno.
Ormai, nel nostro Paese in perenne transizione, la politica si è risolta in uno sterile esercizio per essere contro; in particolare contro una sola persona, che ha avuto il difetto di entrare nella politica stessa, per di più accompagnato da un notevole successo popolare, mentre – da parvenu (così è considerato dagli ”addetti ai lavori”), se ne sarebbe dovuto restare buono buono a curare le sue aziende.
Certamente, costui può piacere e non piacere; commette spesso gaffes clamorose, non sa usare il politichese, ha una certa burbanza da baùscia meneghino, si compiace troppo di sé stesso.
Però è lì per effetto di elezioni democratiche, in cui vale ancora il principio one man, one vote: come solennemente proclama l’art. 3 della Costituzione, il principio di eguaglianza.
Ho sempre più il sospetto, che si sta trasformando in una sensazione fastidiosa, che – invece – da parte di taluni commentatori perennemente contro si sia convinti dell’ineguaglianza strutturale degli Italiani, che si dividerebbero in due categorie: quelli che si fanno abbindolare; quelli che sanno resistere.
I cittadini “comuni” rientrerebbero nella prima categoria, composta – evidentemente – da una scialba massa di ignoranti, politicamente analfabeti, che si fanno turlupinare da una propaganda martellante e mistificatrice; una maggioranza, insomma, di minus habentes, carne da cannone per il furbo del momento.
I cittadini “eletti”, per contro, anche quando sono minoranza, sono sinceri democratici, intelligenti, riflessivi, sanno discernere sempre e a prescindere il grano dal loglio, non cadono nelle trappole del furbo: sono antropologicamente superiori, nati professori.
Peccato che – a quanto pare – in questa crème de la crème allignino non solo i grandi intellettuali, gli artistoni, i maître à penser, ma anche (e forse soprattutto) i rappresentanti di un ceto economico-finanziario inossidabile, pronto ad ogni alleanza pur di mantenere l’occulto e diffuso potere che ha da decenni: i grandi magnati, le grandi famiglie, le grande banche… Tutti al sicuro in remote stanze ovattate a tirare le fila di un Paese suddito, dove i sudditi nemmeno se ne accorgono di essere tali.
A costoro un parvenu di successo dà un immenso fastidio; erano abituati a spupazzarsi i governi come cosa loro, a seconda delle convenienze, senza imbarazzi ideologici: la miglior politica di destra la fa un governo di sinistra e viceversa.
Erano abituati ai giochi in borsa, alle scalate societarie, alle o.p.a. Spesso coi soldi degli altri, dei minus habentes piccoli risparmiatori illusi, straziati da crack ripetuti; è bastato l’annuncio di un’altra sentenza, di un Giudice monocratico di primo grado, a far schizzare in borsa i titoli di un certo gruppo, rivalutato di milioni di euri in un solo giorno…
Mah, prepariamoci ora al peggio; al peggio che tutti – protagonisti, antagonisti, secondari, fino alle comparse – daranno di sé: gli uni, tronfi e superbi, per dare la mazzata finale, per ridurre l’odiato nemico a girare col cappello in mano a chiedere l’elemosina; gli altri per difendersi come l’ultimo samurai, dimentichi dei propri difetti e magari pronti alla fuga verso lidi più protettivi e à la page.
Come finirà? Perderà l’Italia, perderemo noi tutti; all’estero si staranno già fregando le mani, i nostri spazi economici fanno gola; tanto… non siamo forse fantasiosi e creativi? Ma la pizza, il risotto, i mandolini e la moda non bastano più.
Peccato che la Confederazione Elvetica non abbia velleità di espansione: il confine è così vicino…
Resta la malinconia, che si stende su un cumulo di macerie, fatte di speranze tramontate, di ideali calpestati, di repressa voglia di partecipare, di entusiasmi raggelati.
Ritorna il conformismo, sotto un cielo caliginoso che tutto ottunde e smorza, pegno di solitudine in un immenso gregge.

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