sabato 12 novembre 2011

E la Costituzione?


La Costituzione della Repubblica, frutto di un comprensibile compromesso tra diverse culture politiche nell’immediatezza del disastro della seconda guerra mondiale, è idolatrata a sinistra, che ne ha fatto un vero e proprio mito sacro, intoccabile, insuperabile.
Vani sono stati i tentativi di riformarla, a parte il discutibile rimaneggiamento della parte riguardante le Regioni e le competenze concorrenti con lo Stato, da cui è nato un contenzioso infinito davanti alla Corte Costituzionale.
In questi giorni febbrili, tuttavia, stiamo assistendo – anche se forse sfugge ai più – ad una vera e propria modificazione della nostra Legge Fondamentale e non nelle forme di cui all’art. 138 Cost., bensì mediante una nuova prassi che ci allontana dal sistema parlamentare, per farci transitare, quatti quatti, ad un vero e proprio sistema presidenziale.
Il Presidente della Repubblica, che della Costituzione è il primo custode, si sta muovendo felpatamente per nominare un nuovo Presidente del  Consiglio a suo pieno libito; formalmente, nessuna regola sembra calpestata, ma la sostanza è un’altra.
Prima ancora delle dimissioni di un Governo tuttora in carica, il Capo dello Stato, con mossa eclatante ed allusiva, ha nominato Senatore a vita il Prof. Mario Monti, così de facto indicandolo come nuovo Capo del Governo; l’ha ricevuto al Quirinale, ne ha indirettamente e ripetutamente parlato con abbondanti esternazioni, ha – insomma – indotto l’opinione pubblica a ritenere che Costui sia verosimilmente il salvatore della Patria (basta con i salvatori, ci accontenteremmo di persone normali).
Il nuovo Governo, tuttavia, ha bisogno della fiducia di entrambe le Camere; mentre alla Camera bassa una maggioranza sembra non esserci, al Senato invece c’è ancora, abbondante, ed è quella uscita vittoriosa alle elezioni del 2008.
Che cosa succederebbe se il Governo Monty-Merkozy, esecutivo bancario-europeo, non ottenesse la fiducia al Senato? Dovrebbe dimettersi, ma resterebbe in carica per l’ordinaria amministrazione (che, in casi di straordinaria necessità ed urgenza, si estenderebbe anche alla decretazione d’urgenza ex art. 77 Cost. con i decreti-legge): in tal caso, in mancanza di una maggioranza, il Presidente della Repubblica non potrebbe che sciogliere le Camere ed il periodo elettorale sarebbe gestito da un Governo privo dell’investitura parlamentare e della forza della rappresentatività (soprattutto se Governo tecnico, formato da non parlamentari).
I tempi preelettorali, in una situazione come l’attuale, sono delicatissimi; con un Esecutivo di tal fatta, non legittimato dalla fiducia, e le Camere sciolte, l’unico organo costituzionale forte rimarrebbe, de facto, la Presidenza della Repubblica, con l’assunzione di poteri enormi, di supplenza e di persuasione, di indirizzo e di condizionamento, si badi bene, al di là di ogni previsione della Costituzione e della sovranità popolare (i cui rappresentanti legittimi ed elettivi siedono in Parlamento, non sul Colle più alto, giacché il Capo dello Stato non è eletto direttamente dal popolo).
Il Quirinale motiva questo quadro politico con l’urgenza di rispondere ai mercati internazionali ed all’Europa: a questi moloch va sacrificato tutto? La sovranità, la Costituzione, la politica?
Un Governo del Presidente eterodiretto dalla Banca Centrale Europea (eletta da chi?), dalla Cancelleria di Berlino, dall’Eliseo (il cui inquilino dovrebbe pensare un po’ di più alla Francia e non ai trucchi per tentare inutilmente di essere rieletto), dai tecnocrati della finanza e della speculazione internazionale, da un’imbelle Commissione Europea, da una sfrenata campagna mondiale di stampa contro il nostro Paese (che sta male, ma non peggio di altri saccenti consiglieri interessati, del tipo della francese Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, che si è affrettata a definire competente il nuovo Presidente del Consiglio in pectore). Con quale programma, poi? Chi lo sa?
Come in Grecia, con un nuovo primo ministro banchiere (già Vice Presidente della B.C.E.), che – però – condurrà ad elezioni nel giro di pochi mesi, mentre in Spagna (altro ventre molle) le elezioni sono imminenti.
Da noi, per contro, parlare di elezioni sembra blasfemo; un peccato mortale contro il senso di responsabilità, la necessità di coesione invocati da chi è abituato a ricorrere alla piazza e da anni tenta di dare una spallata fatale al voto degli elettori: chissà perché le urne vanno bene in Grecia e Spagna e non da noi…
Risultato: avremo probabilmente un Governo al di sopra della Costituzione, dipendente in tutto e per tutto da un Capo dello Stato che fa politica estera ed interna e fa pure la predica, alla faccia di una Costituzione tuttora vigente.
Nessun Presidente della Repubblica, da Einaudi in avanti (neppure Scalfaro, il che è tutto dire!) ha mai rimaneggiato così il sistema costituzionale; lo stupefacente è che non se ne parli e che, anzi, il profumo dell’incenso e lo schiocco degli applausi prevalgano contro ogni ragione; d’accordo che Parigi val bene una Messa (in questo caso Palazzo Chigi); stiano all’erta, però, i falsi adoratori della Costituzione; quando si apre la diga, poi è difficile chiuderla. Nel frattempo, i danni all’architettura costituzionale sono fatti e lo sfarinamento del residuo di sovranità rimasto alla Repubblica Italiana diventa irreversibile: diventeremo un protettorato anglo-franco-tedesco, con un bell’economista tratto da un esclusivo club internazionale di banchieri e finanzieri, dove si muove così bene, collaborando servizievole.
Brivido!   Che abbiano ragione i rottamatori?
Ma... serve coesione sociale, non facili vie di uscita... 
Ipse dixit.
Amen.

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