martedì 15 novembre 2011

Il fascino del trono


Quando il quasi insuperato Scalfaro (oremus), con un bel ribaltone, nominò Presidente del Consiglio il tecnico Lamberto Dini, si parlò espressamente di governo di decantazione, di breve durata. Invece, l'improvviso Capo del Governo si affezionò a tal punto al tronetto di Palazzo Chigi, che si tenne ben stretto il più possibile, dal 17.01.1995 al 17.05.1996, 14 mesi esatti, con la benedizione quirinalizia, impareggiabile nell'inventare scuse per scongiurare nuove elezioni (finché non avesse fritto per bene il neonato - politicamente s'intende - Berlusconi); seguirono Prodi, D'Alema, Amato bis (chissà perché una risorsa della Repubblica; più propriamente la Repubblica  è una risorsa per lui, titolare di varie pensioni per la modica cifra di € 40.000 mensili).
Alle elezioni del 1996, il tecnico Dini, divenuto il politico Dini, passò disinvoltamente a sinistra, con il suo effimero partito "Rinnovamento Italiano", conquistandosi ai comizi una bella dote del 3% dei voti.
Facciamo un salto ai nostri giorni: il Quirinale, attivo come mai, chiama un altro tecnico, ancor prima della crisi di governo, per motivi di emergenza e di coesione nazionale.
I partiti tuttora rappresentati in Parlamento - incassate le dimissioni berlusconiane senza un voto di sfiducia, con smodate sceneggiate di giubilo a sinistra - guardano con interesse variegato da tassi di ipocrisia da basso ad altissimo, ma tutti convinti (eccetto la Lega) che si tratti di un atto dovuto per rispondere ai mercati nel tempo strettamente necessario ad impostare il risanamento del Paese, come ci chiedono incessantemente i mercati, le banche, l'Europa, la B.C.E., Merkozy: ergo, con l'eccezione del Terzo Polo, pensano più o meno apertamente ad un Governo di responsabilità nazionale, tutto tecnico (una volta si chiamavano governi balneari) e transitorio, per traghettarci alle vicine elezioni.
Ma un trono è pur sempre un trono e prima ancora di detenerlo col supporto di un voto parlamentare sprigiona un fascino fatale; chi vi siede, non lo vuol lasciare più (se non in vista di un altro trono: il Colle più alto andrebbe bene, alla faccia dell'ambizioso Casini?).
Oggi, infatti, non pago del laticlavio a vita, il Presidente incaricato, dal confortevole ufficio di Palazzo Giustiniani, ha esternato"La predeterminazione della durata toglierebbe credibilità al governo" e "non accetterei una definizione temporale", ammonisce. L'orizzonte che Monti deve poter vedere davanti a sé è quello della "fine della legislatura".
Proprio così, fine della legislatura, eletta dal popolo con ben altri intendimenti: ipse dixit.
Giusto in tempo o per  farsi il proprio partito pret-à-porter, come Dini, o per concorrere al Quirinale (che scade a maggio 2013).
Occhio alle scadenze costituzionali: sei mesi prima della scadenza del mandato del Capo della Stato, scatta il semestre bianco, durante il quale il Presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere; per Monti, dunque, l'obiettivo è arrivare ad Ognissanti del 2012; les jeux sont faits...
Intanto, si parla già pudicamente di sacrifici (non di lacrime e sangue! Anzi, la Camusso ha già inventato l'espressione equità... così lieve, così vaporosa, così delicata): il “tecnico” proconsole europeo-bancario ripristinerà l’ICI sulla prima casa e farà la patrimoniale: magari per decreto-legge. 
Se la politica ha fallito, noto che chiunque è capace di aumentare imposte e tasse (la Marcegaglia, invece, ne invoca la diminuzione); non c’è bisogno di essere bocconiani, basterebbe un Fracchia Ragionier Ugo qualsiasi (il quale, però, aveva il coraggio di dire che la corazzata Potiomkin è una schifezza pazzesca...).
Attendiamo sfiduciosi; anche le borse hanno risposto fiaccamente al miracolo del Colle e lo spread è salito: ma non era berlusconidipendente?
Forse che pure la tecnica bancaria non è una scienza esatta, come la politica?

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