sabato 30 ottobre 2010

¡No pasarán! - Non praevalebunt



Su http://www3.varesenews.it/saronno_tradate/articolo.php?id=185844, leggo con preoccupazione la “lettera dei Giovani Padani” nella quale essi “denunciano come nelle scuole si sentano oggetto di discriminazioni per scelte politiche”: ad esempio, portano l’obbligo di studiare su testi di storia distorti e faziosi, adottati da taluni insegnanti che danno spiegazioni altrettanto faziose e si esibiscono in epiteti ed accuse lanciate gratuitamente a questi studenti, i cui volantini – distribuiti al di fuori degli istituti – vengono scientificamente stracciati.
Non ho purtroppo motivo di dubitare di questo grido di dolore, perché – tornando molto indietro negli anni – ho avvertito e subìto anch’io un analogo clima, che negli anni ’70 era davvero pesante: poiché già allora avevo il vizio di pensare con la mia testa e non mi riconoscevo affatto nelle idee e nelle pratiche “politiche” dei dominatori di estrema sinistra di quei “formidabili anni” (come li definì Mario Capanna – formidabili sicuramente per lui, che tuttora ne gode i frutti), dovetti assistere a sceneggiate demo-rivoluzionarie e scampare ad assalti mirati al mio liceo, dov’ero stato eletto rappresentante degli studenti nel primo Consiglio d’Istituto, su posizioni sicuramente antagoniste (come oggi si usa dire) rispetto all’egemonia sinistroide.
Mi sono formato la convinzione che non ci sia nulla da fare contro questa situazione, che è strumento tipico di un certo modo di fare politica, allora come oggi, in cui il movimentismo di sinistra coniuga il naturale fermento giovanile con le astute direttive degli esperti politici adulti, sicuri di reperire nel mondo studentesco le masse da usare come grimaldello per fare opposizione al governo del momento (infatti, quando la sinistra ha retto il Paese si è miracolosamente verificata una strana pace sociale, senza scioperi, senza occupazioni, senza denunce dei sinceri democratici, sempre pronti – in altri momenti – alla mobilitazione).
Ciò che appare triste è la pretesa di essere gli unici, veri fautori della democrazia e del progresso, che costoro accampano da sempre, cercando di plasmare a proprio uso e consumo le pulsioni che tra i più giovani sono del tutto comprensibili; maestrini dalla penna perennemente rossa, sedicenti rivoluzionari in servizio permanente effettivo, giunti alla cattedra si dànno da fare per inculcare negli alunni i loro princìpi, le loro idee, la loro visione del mondo.
Intolleranti, non gradiscono il contraddittorio, sono rocciosi difensori di un pensiero unico, che vogliono estendere obbligatoriamente ai discenti, trattando male e discriminando quelli tra loro che, con un certo coraggio, osano esporre idee differenti.
“Democrazia” a senso unico, ove la libertà di pensiero, che la Costituzione pone, all’art. 21, come un pilastro del nostro ordinamento, viene interpretata in modo univoco: liberi sì, ma all’interno dell’opinione dominante; chi se ne discosta, è guardato con antipatia e commiserazione, perché non ancora illuminato.
D’altronde, perché stupirsi? L’origine di questo atteggiamento – a mio parere – è chiarissima (anche se sospetto che molti sinceri democratici nostrani nemmeno se ne rendano conto); trattando di libertà religiosa, ho sottoposto ai miei studenti universitari di diritto ecclesiastico queste considerazioni:

«La semplice lettura della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese permette di comprendere come il significato di libertà e di diritti fondamentali dell’uomo sia del tutto diverso da quello delle democrazie classiche di origine occidentale; infatti, l’art. 1 dichiara solennemente che la Cina “è uno stato socialista sotto la dittatura democratica del popolo guidato dalla classe operaia e basata sull'alleanza degli operai e dei contadini. (2) Il sistema socialista è il sistema di base della Repubblica popolare cinese. Il sabotaggio del sistema socialista da qualsiasi organizzazione o individuo è vietato”.
Tutto il sistema giuridico cinese, quindi, è sottomesso ai dettami dell’ideologia comunista (sebbene interpretata alla cinese), sicché alla luce di questi dev’essere considerato l’art. 36, che afferma la libertà di religione: “I cittadini della Repubblica popolare cinese godono della libertà di credenza religiosa. Nessun organo dello Stato, organizzazione pubblica o individuo può costringere i cittadini a credere o a non credere in una religione, né possono discriminare i cittadini che credono, o non credono in qualsiasi religione. Lo Stato protegge le normali attività religiose. Nessuno può far uso della religione a impegnarsi in attività che sconvolgono l'ordine pubblico, mettere in pericolo la salute dei cittadini o interferire con il sistema educativo dello Stato. Gli organismi religiosi e gli affari religiosi non sono soggette ad alcuna dominazione straniera”.
Ne risulta evidente la funzione meramente ancillare e dipendente dei culti religiosi, che sono garantiti nelle attività normali (è còmpito dell’autorità politica stabilire a discrezione che cosa sia la normalità), da cui è esclusa ogni interferenza nell’educazione (che l’art. 24 definisce socialista: “lo Stato rafforza la costruzione della civiltà spirituale socialista attraverso la diffusione dell'istruzione in alti ideali e di moralità, l'istruzione generale, e l'istruzione nella disciplina e il sistema giuridico, e promuovendo l'elaborazione e l'osservanza delle norme di comportamento e degli impegni comuni da diverse sezioni della popolazione nelle aree urbane e rurali. Lo Stato sostiene le virtù civiche d'amore della patria, del popolo, del lavoro, della scienza e del socialismo, educa le persone a patriottismo, collettivismo, internazionalismo e comunismo e nel materialismo dialettico e storico e combatte i sistemi capitalisti, feudali e ogni altra idea decadente”».

Ognuno tragga le sue conclusioni, con la sua personale maturità; non spetta a me farlo, non sono un sostenitore dell’unicità del pensiero.
I Giovani Padani se ne facciano una ragione e continuino a pensare con la loro testa; i bollori rivoluzionari giovanili svaniscono in fretta e vengono poi confinati nei meandri della memoria; infatti, moltissimi tra i più esagitati poi… cambiano e, negli anni adulti e maturi, si mimetizzano e divengono arcigni conservatori o ultraliberalisti e non disdegnano di sedere negli organi elettivi come rappresentanti di partiti che, da ragazzi, aborrivano e contrastavano; personalmente, ne conosco tanti che hanno subìto questa mutazione; evidentemente, si sono convertiti, prova vivente della veridicità che il più sincero dei sentimenti sia l’interesse.
Con fermezza, sacrificio e serenità, resistano i Giovani Padani e tutti quelli che non condividono il pensiero dominante, sappiano rimanere saldi sulla loro strada; stiano certi che costoro, con tutte le loro anguillesche contraddizioni, ¡no pasarán! (detto alla rivoluzionaria), non praevalebunt (detto come il motto dell’”Osservatore romano”).

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