martedì 31 agosto 2010

Le belle amicizie


Il dittatore libico (rectius: la guida a vita della rivoluzione) Gheddafi si è nuovamente "attendato" a Roma, per "festeggiare" il secondo anniversario dello "storico accordo" con l'Italia.
Che cosa ci sia da festeggiare per gli Italiani non lo capisco: dal 1912 al 1944, la Libia ha ricevuto dalla nostra politica coloniale sui generis un fiume di investimenti in opere pubbliche, molte delle quali tuttora esistenti ed usate, come ho avuto modo di costatare di persona qualche anno fa in un viaggio colà. Porti, aeroporti, ospedali, scuole, strade, acquedotti, fattorie (queste invece abbandonate... Bisogna lavorare la terra...), edifici pubblici, acquedotti, campagne archeologiche, musei, reti elettriche, ecc., ecc.
Non sapevano, i coloni italiani, dell'esistenza dei ricchi giacimenti di petrolio, che invece gli Inglesi hanno bellamente sfruttato dal 1945 al 1960, ricevuta gratis dall'ONU la Libia come in amministrazione coloniale dopo la seconda guerra mondiale (agli Italiani fu invece assegnata l'amministrazione fiduciaria della Somalia sino al 1960, che notoriamente non era ricca di nulla, se non delle piccole banane, per le quali nel nostro Paese ci fu il monopolio, con la creazione di un appòsito ente - l'Ente Nazionale Banane, tuttora esistente anche se inutile -, sicché sino agli anni sessanta del secolo scorso sulle nostre tavole potevano comparire solo le bananine somale).
Preso il potere con un colpo di Stato il 1° settembre 1969, Gheddafi depose il Re Idriss (esule a Roma) e scacciò tutti i 20.000 superstiti Italiani residenti in Libia, confiscandone ogni proprietà; ancora oggi in Libia il 7 ottobre si celebra la festa della "vendetta" per ricordare l'evento.
Dopo anni di politica aggressiva e terroristica, dai molti tratti oscuri e sanguinosi, su cui non m'intrattengo, la "guida della rivoluzione libica" è riuscito a negoziare un accordo - gravosissimo per l'Italia - come risarcimento dei danni che gli Italiani avrebbero compiuto durante l'occupazione coloniale: in base al trattato di Bengasi, l'Italia pagherà 5 miliardi di dollari alla Libia come compensazione per l'occupazione militare (di cui 3,5 miliardi per la costruzione di un'autostrada panlibica); per contro, la Libia si è impegnata a combattere l'immigrazione clandestina dalle sue coste ed a favorire gli investimenti nelle aziende italiane.
Che Gheddafi, da 41 anni indiscutibile "sovrano assoluto" di quel Paese sia soddisfatto è sicuramente comprensibile; che - invece - con toni gàrruli e spensierati si professi tale anche il nostro Presidente del Consiglio mi allibisce; l'astuto Gheddafi, in cambio di 5 miliardi di dollari, infatti, ha ottenuto una "dichiarazione di colpevolezza" da parte italiana, l'unica ex potenza coloniale che si sia riconosciuta responsabile di depredazioni; chissà perché la Libia non ha ottenuto lo stesso risultato dalla Gran Bretagna, che dal 1945 sino al 1969 ha lucrato somme impensabili con lo sfruttamento del petrolio libico... (si è però guadagnato nel 1988 un bel disastro aereo in Scozia, dovuto ad un attentato, con 270 morti...).
Ed ecco ancora Gheddafi ospite onoratissimo a Roma (questa volta non si è dovuto chiudere il Parco di Villa Doria Pamphili per installarvi la "mitica" tenda beduina del fantasioso dittatore, oggi collocata nei giardini della sua ambasciata sulla Cassia) che si trasforma in teologo missionario, impartendo una lezione di Corano a centinaia di figuranti (per lo più belle ragazze pagate) per annunciare profeticamente che l'Islàm è bene diventi l'unica religione per l'Europa, poiché Maometto è stato l'ultimo Profeta.
Il neoapostolo musulmano abusa della nostra ospitalità: è lecito supporre quali sarebbero state le reazioni dei Paesi islamici se un governante europeo fosse andato da loro a predicare la conversione al cristianesimo? Magari alla Mecca, dove nessun "infedele" è ammesso e, se scoperto, punito con l'immediato taglio della testa?
Ma abusa anche del Corano, di cui dimentica (come tanti altri islamici) un versetto importante: "Se Allah avesse voluto, vi avrebbe fatti tutti della stessa religione. Non lo ha fatto perché ama che gli uomini gareggino tra loro in buone opere".
E poi... non solo è dubbio che Maometto sia stato l'ultimo profeta, ma c'è una differenza sostanziale ed essenziale rispetto a Cristo, che non è un profeta, ma - per i Cristiani di ogni confessione - è figlio di Dio e Dio egli stesso.Orbene, se per fermare l'immigrazione clandestina dalla Libia (si tratta di migliaia di disperati giunti colà dalle terre più diseredate dell'Africa) - che magari l'ha fomentata e sicuramente l'ha usata come argomento di pressione e di convinzione per l'Italia - il nostro Governo ha dovuto mandare giù rospi giganteschi ed inginocchiarsi alle pretese di un sàtrapo inaffidabile, mi vergogno e come italiano e come cristiano; non basteranno i buoni affari che Gheddafi, finché vorrà e gli sarà conveniente, concederà alle imprese italiane (le pagherà??) a ridare decoro e dignità alla nostra Nazione che, nel bene e nel male, è comunque una solida democrazia e non ha bisogno di lezioni - men che meno di conversioni religiose - da chi (come ho visto con i miei occhi) non ha esitato a stravolgere il ricco museo storico-archeologico realizzato dagli Italiani a Leptis Magna (città in Libia natale dell'Imperatore romano Settimio Severo) per installarvi il "museo della rivoluzione verde" a glorificazione di sé stesso.
Va bene che nella politica estera si deve essere realisti; ma tra ciò e il servilismo v'è ancora differenza.
L'intesa di Bengasi non mi sembra affatto una bella amicizia.
Buono e rapido rientro in patria a Muammar al Gheddafi, guida della rivoluzione.