mercoledì 25 dicembre 2013

sabato 21 dicembre 2013

Un simbolo discriminatorio


La sera di giovedì il Consiglio Comunale è stato interessato per quasi tre ore dalla discussione relativa alla proposta di deliberazione da parte dell’ìnclita maggioranza (con la defezione di Italia dei Valori) avente ad oggetto “la concessione del riconoscimento simbolico della cittadinanza italiana ai minori stranieri nati in Italia”, inclusa l’istituzione di un apposito momento celebrativo  del conferimento nella sede del Consiglio Comunale aperto che si tiene ogni anno a novembre in occasione della ricorrenza della carta dei diritti dell’infanzia, con la consegna di coccarda tricolore e di apposito diploma; prevista, altresì, l’istituzione di un registro anagrafico in cui si inseriscano i minori che abbiano ricevuto tale concessione.
La minoranza ridotta all’osso (un solo Consigliere dell’ex PdL, allontanatosi a metà discussione; tre Consiglieri della Lega Nord, di cui uno allontanatosi  prima della conclusione; io stesso, quale Capogruppo di Unione Italiana) ha sollevato non poche perplessità, travolte e stravolte da una maggioranza non proprio granitica, ma determinata a ad andare avanti senza tanti complimenti.
Ho ritenuto di proporre concreti emendamenti (in cui anziché di italianità  parlavo di saronnesità, con il perno della vicenda saldato alla comunità locale) al testo predisposto dalla maggioranza e non senza qualche effetto, posto che un discreto numero di Consiglieri del centrosinistra ha apertamente dichiarato di essere d’accordo con le mie osservazioni; il Consigliere dell’IdV, poi, in un articolato discorso, si è distaccato apertamente dai suoi colleghi.
Prima delle votazioni sugli emendamenti (inclusi quelli della Lega, dal contenuto palesemente provocatorio ed inutile, avente – come sempre – l’effetto automatico di ricompattare la maggioranza), il Supremo Reggitore è corso ai ripari, ottenendo una sospensione della seduta, al fine di richiamare all’ordine i suoi Consiglieri recaltritanti, che poi si sono rifugiati in caute astensioni sui miei emendamenti.
Risultato: delibera approvata a maggioranza, con il voto contrario di Unione Italiana e Lega Nord (tre superstiti in tutto) e l’astensione di IdV.
Questa la cronaca.
Nel merito: un altro coûp de théâtre dei declinanti Amministratori, che si sollazzano con argomenti ideologici, pietistici e solidali ad un solo senso, per colmare il vuoto della sua incapacità ed immobilità; un modo poco elegante e da pelosissima carità di distrarre l’opinione dai problemi concreti che attanagliano i Saronnesi, come tutti gli Italiani, chiamati il 16 dicembre all’ennesimo salasso del conguaglio della ex TARSU.
Ma queste sono bazzeccole, operazioni di bassa ordinaria amministrazione, che devono cedere il passo a decisioni fatali e progressive, la cui impellenza deve per forza essere compresa dai meschini concittadini, preoccupati piuttosto di tirare la fine del mese.
E così, ruffianamente, alla vigilia di Natale, la festa del Bambino e dei bambini, quale regalo più bello e dolce di un riconoscimento simbolico ai minori stranieri? Quale dono più atteso da costoro, a cui una "antiquata" legge nazionale impone l’ansia dell’attesa del compimento della maggiore età, i 18 anni, per chiedere ed ottenere automaticamente la cittadinanza italiana se residenti in Italia da almeno tre anni?
Che la materia sia di competenza dello Stato non scoraggia gl’ìncliti declinanti, i quali inventano la cittadinanza simbolica, priva di qualsiasi effetto giuridico, ma così adatta a sciacquarsi per bene la coscienza solidale e globalizzata e per diffondere l’incenso dell’autocompiacimento.
Che il previsto registro dei cittadini simbolici  sia un orpello cartaceo del tutto inutile non scompone i declinanti, che vi ravvisano un segno di civiltà.
Che il conferimento solenne della cittadinanza simbolica  debba avvenire in apposita cerimonia, con la coccarda tricolore e l’immancabile copia della Costituzione (la più bella del mondo, nell’immaginifico di sinistra – come il campionato di calcio? -, ma solo a parole, perché i nostri Amministratori ne straparlano, ma non la conoscono ed ignorano che i Padri Costituenti hanno distinto chiaramente quali diritti siano riconosciuti a tutti, a chiunque si trovi anche solo casualmente nel territorio nazionale,  da quelli attribuiti solo ai cittadini italiani) non fa pensare che i bambini italiani , gli stessi che giocano, vanno a scuola, si curano insieme a quelli stranieri residenti senza nemmeno porsi il problema della diversità, com’è giusto e naturale che avvenga tra i più piccoli, si possano domandare per quale motivo un signore con una fascia a tracolla regali soltanto agli amici stranieri un oggetto tricolore ed un libretto,  tra gli appalusi ed i sorrisi compiaciuti ; si possano domandare il perché di una festa che per loro non c’è?
È la stessa mentalità che, tra i nostri ìncliti, ha fatto proporre ad una Consigliera di sopprimere la tradizionale benedizione natalizia a scuola da parte del Parroco per non urtare la sensibilità dei non cristiani; anche il presepe è visto con sospetto…
Eppure, non è forse vero che il contatto tra culture diverse serve potentemente a conoscere gli usi e le abitudini altrui ed a capirsi meglio, senza che nessuno debba rinunciare alle proprie tradizioni?
Siamo certi che i bambini stranieri nati in Italia – più precisamente, le loro famiglie – ambiscano tutti ad acquisire la cittadinanza italiana? 
Sanno gl’ìncliti declinanti che le leggi di molti Paesi, circa la metà, non consentono la doppia cittadinanza, sicché quando si ottiene quella italiana si perde quella del Paese di provenienza (con tutto ciò che ne consegue per i rapporti familiari, tra l’altro).
Perché anticipare indiscriminatamente uno status giuridico che è cosa seria (è come cambiare la pelle, non soltanto il passaporto) quando, al compimento del 18° anno d’età, la nostra legge rende facilissimo essere naturalizzati italiani  (lo stesso vale per qualsiasi straniero che abbia risieduto in Italia per almeno dieci anni), purché ne sia fatta richiesta in forza di una scelta consapevole, voluta e dimostrativa dell’intenzione di sentirsi parte della comunità degli italiani?
Nel frattempo, l’istruzione, l’educazione, la salute, l’igiene e tante altre opportunità della vita sono garantite a tutti, anche ai bambini non italiani: è un principio che nessuna persona sensata oserebbe mettere in dubbio.
No, non basta, occorre inventarsi nuovi simboli, che rischiamo di convertirsi paradossalmente in una forma di discriminazione all’incontrario, a danno degli italiani e senza la sicurezza di aver dato qualcosa di più a bambini che godono degli identici diritti di quelli nazionali finché non siano in grado di scegliere autonomamente se diventare o meno italiani. Con tutto il rispetto per chi non sceglie di di diventare italiano e continua a risiedere nel territorio nazionale; avrà le sue buone ragioni.
Oltretutto, anche l’uso delle parole nella delibera approvata e nella discussione da parte dei rappresentanti della declinante maggioranza è stato umoristicamente (ma non troppo) offensivo:  si è sentita ripetere più volte, anche dal Supremo Reggitore, che “si concede”  la simbolica cittadinanza; orbene, le concessioni sono atti sovrani, di chi detiene il potere; un gesto grazioso (cioè che dipende dalla grazia di chi lo fa); la cittadinanza, quella vera, non è concessa, invece, è conferita, attribuita poiché – in presenza dei requisiti di legge – è un diritto soggettivo.
Giacché è da escludersi per definitionem che chi ci amministra ignori la lingua italiana, non resta che concludere che questo uso disinvolto di termini impropri cela una mentalità paternalistica, se non vetero-coloniale o, addirittura, un implicito senso di rimorso. L’ipocrisia cementa tutte queste situazioni psicologiche, spesso inconsapevoli.
La cura per i bambini è una caratteristica atavica del nostro popolo, tanto che siamo simpaticamente definiti “mammoni” all’estero; pensiamo solo alla commovente definizione in napoletano dei figli, che sono ‘e criature. A nessuno viene in mente di fare distinzioni tra italiani e non italiani quando si tratta di fornire servizi fondamentali quali l’istruzione, le cure sanitarie ed ogni altra agevolazione considerata dal nostro sistema di welfare (oggi purtroppo in pericolo).
Semmai, si dovrebbero adottare le misure più utili, concrete e vere, non meramente “simboliche”, affinché gli stranieri residenti si sentano parte della comunità che i casi della vita hanno portato ad incontrare; e che si sentano inseriti nella conoscenza delle nostre tradizioni, che può assimilare senza con ciò rinunciare a quelle, altrettanto dignitose, delle sue origini. Un confronto fecondo, che non si riduca, tuttavia, alla progressiva destabilizzazione del nostro modo di convivenza civile.
Il prossimo Natale, in ogni modo, per i Saronnesi, italiani e non, sia un comune motivo di festa e di gioia; della comunità dei Saronnesi, indipendentemente dalle credenze religiose. Una festa, la più importante e percepita dell’anno, che sia di condivisione generale, pur nella pluralità delle origini.
 non permettono a magniloquenti ed autoreferenziali amministratori locali  di piegare, leggi di questo Paese, con la scusa del simbolismo, l’ordinamento legittimo alle loro irrefrenabili pulsioni ideologiche
Le contengano, non sono i depositari della verità, manca un anno e forse torneranno a vita privata; sarà bene che lo ricordino, ridimensionando un protagonismo sempre più vanitoso e inconcludente.



lunedì 9 dicembre 2013

Spariti o spartiti


Nel PD i votanti alle primarie non iscritti al partito hanno relegato il campione dell’establishment, il dandy  dall’abbigliamento inappuntabile e dall’aristocratica erre, in un recinto di bassissima percentuale: the time is over per i dinosauri dalemitici ed affini.
Nella Lega, un quaratenne di belle speranze ha sbaragliato il mostro sacro fondatore.
Nell’opposto campo, di primarie non si parla e la vecchia guardia (se vent’anni bastano per essere vecchi),  dopo un vacuo giro a Shangrilà, rimane imperterrita alla guida, rispolverato il nome delle origini (fatti salvi alcuni dissidenti, dall’originario peccato di essere anzitutto governativi).
Nella nebbia?
Personalmente, mi ritengo ormai al di fuori delle competizioni; ho già dato (e ricevuto) abbastanza; è bene che si cambi; al massimo, se proprio occorre e se se ne è richiesti, si può discretamente dare una mano, ma senza invadenza e rimanendo osservatori.
Notizie interessanti, dunque, in campo nazionale (con il che non affermo però di essere affascinato dal fin troppo affabulante Sindaco fiorentino, che non mi convince).
In città, per contro, mi pare che non sia cambiato nulla, nonostante recenti scomposizioni.
Che sia ora di lasciare spazio veramente a chi – in questa situazione così difficile – sembra avere voglia di darsi da fare?  
Senza tutori, padrini, ispiratori o amministratori di sostegno?  
E senza paracadute, per provare chi si è e che cosa si sa fare.

Attendiamo.

21 anni