domenica 25 dicembre 2011

Santo Natale 2011


Augùri! Christus Dominus natus est!

sabato 24 dicembre 2011

Sorpresa di Natale!


http://www.ilgiornale.it/interni/bilanci_falsi__30_mld__lue_smaschera_prodi/23-08-2008/articolo-id=285023-page=0-comments=1

Buon Natale!


Buon Natale ai miei trentaquattro lettori ed a tutti coloro che si collegano al mio blog.
Un Natale più difficile del solito, meno rutilante di luci e di consumi.
Forse, per questo, più autentico e composto.
Nel ricordo di un compleanno, il più importante, da cui discende la nostra salvezza.
Nel calore della famiglia, che resta il caposaldo insostituibile della nostra vita.
Col pensiero per chi è solo, ammalato, lontano dagli affetti; per chi soffre di una o più delle umane miserie; per chi non vive nella pace.
Continuo a credere che Lui, caro Bimbo, per tutti noi sia il pegno di eterno futuro.
Buon Natale!

venerdì 23 dicembre 2011

Lampi (21): ordinanze che passione!


Regalo natalizio dell’ìnclito Capo dell’Amministrazione, dal titolo pomposo di “piano antinquinamento del Comune di Saronno”, contenente addirittura la miracolosa “ricetta anti-inquinamento: negozi a porte chiuse e riscaldamenti a 20 gradi”.

Si tratta, in verità, di un elenco di banalità risapute, appartenenti al più consueto bagaglio di buon senso che ogni cittadino conosce da sé naturaliter.

Le stesse cose del decalogo già ammannitoci un anno fa, consigli da almanacco di Frate Indovino o da manuale di Zia Petronilla (unica novità i negozi a porte chiuse: che – nella realtà – sono per fortuna ben pochi esempi, certamente da reprimere; le domeniche ecologiche furono già organizzate con successo dalla precedente Amministrazione).

Questo soi-disant piano antinquinamento non produrrà verosimilmente alcun effetto, al pari della cocciuta ed inutile limitazione della velocità dei veicoli a 30 km all’ora (norma di facciata, da nessuno rispettata e fatta rispettare); ma serve a sciacquarsi la bocca con solenni parole ecologiste e, soprattutto, a crearsi un’immagine di solerti difensori dell’ambiente, che così si mettono la coscienza a posto.

Quel che impressiona, però, è la forma ormai prediletta dal superno Reggitore: l’ordinanza.

Provvedimento coercitivo, di dubbia legittimità perché non supportato da straordinaria necessità ed urgenza e slegato dal concerto con gli altri Enti Territoriali (si tratta di un’emergenza purtroppo abituale e strutturale, peraltro condivisa con gran parte del territorio della Regione, sia urbano, sia di pianura).

Ma al Capo dell’Amministrazione piace interpretare il ruolo del Capo e ricorre con passione agli ordini;  ci vuole rendere virtuosi a colpi di ordinanze e si attende la pronta obbedienza.

Il sogno di ogni moralista, che non vede l’ora di instradare, educare, proibire:  i cittadini-sudditi.

L’ordinanza è la sua bacchetta magica; sopporteremo anche questa, al pari delle ricorrenti omelie obamiche, che ci esortano ossessivamente alla virtù e, dall’avvento del governo del Rag. Monti, alla sobrietà, perché non è tempo di frizzi e lazzi.

D’altronde, in un momento così tormentato della nostra storia, la seriosa maggioranza ha trovato il tempo per proporre al Consiglio Comunale – in mancanza d’altro e per riempire il vuoto amministrativo – di istituire un improbabile registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento, problema indubbiamente prioritario e fondamentale. Peccato che non lo si possa disporre con un’ordinanza…

Buona antivigilia del Santo Natale.

martedì 13 dicembre 2011

Ipse dixit (9): la sobrietà dell'albero


La sobrietà! 
Nuova parola fatale, simbolo del Prof. Monti (sobrio), dell’Italia della crisi; nuovo termine à la page, che sostituisce l’altrettanto fatale e abusato solidarietà.
E così, per sobrietà, abolite le  luci anche sull’albero di Natale in piazza.
Suppongo per un èmpito di morigeratezza, non certo per risparmiare (i consumi sarebbero comunque modestissimi e non inciderebbero sulla bolletta energetica del Comune, che la corrente la paga à forfait).
Nozze coi fichi secchi, dunque; e Natale al buio; le luci, secondo l’Augusto Reggente,  sarebbero sfoggio di opulenza e questo non è il momento di frizzi e lazzi (non sapevo che le innocenti lucine rientrassero in questa categoria).
Già depressi per un’amara congiuntura, votiamoci  - per ordine superiore – a sobrietà e austerità e prepariamoci a pagare, il 1° gennaio, € 34,00 di bollo sui conti correnti (100,00 per i soggetti diversi dalle persone fisiche), con cui il sobrio ed austero Governo tecnico ci dà il benvenuto nel nuovo anno (obbligando un paio di milioni di pensionati ad aprire un conto corrente per avere la carta di credito: un favore alle banche, giacché i pensionati sono notoriamente dei… grandi evasori e serve la tracciabilità di quanto spendono!).
Anno che sarà ricchissimo: di imposte e tasse (IMU, addizionali IRPEF regionali e comunali, imposte di bollo dappertutto, ecc.).
Meglio il buio, quindi: con poca luce, si vede meno e il mondo sembra meno brutto. 
Come al buio amano girare di notte i gatti e  i ladri di speranze.

Davvero senza parole


Riporto integralmente e senza inutili commenti l'agghiacciante articolo di Paolo Baroni su Wall Street Italia, pubblicato il 12 dicembre 2011:

Ecco quelli delle pensioni d'oro: fino a 90.000 euro al mese

"ROMA - Ci sono contratti e accordi. E poi le leggi, i regolamenti, le intese. Tutto è in regola, per carità.
Ma se ci si ferma un attimo a pensare, in alcuni casi, i cosiddetti diritti acquisiti diventano privilegi. In tema di indennità, stipendi, vitalizi e pensioni, negli ultimi tempi è stato scritto (e denunciato) di tutto e di più. Ma ora che si chiede a milioni di pensionati di rinunciare al recupero dell`inflazione e a migliaia di operai ed impiegati di restare diversi anni in più al lavoro la contraddizione prende le fattezze dello scandalo. Dalla «Casta» di Rizzo e Stella, a forza di non fare nulla, odi far finta di intervenire, siamo arrivati alle «Sanguisughe» di Mario Giordano, che nel suo ultimo volume mette in piazza (e alla berlina) tutte «le pensioni che ci prosciugano le tasche».
Se ne parla tra la gente, sui blog volano parole grosse, demagogia e populismo vengono sparse a piene mani. Ma questo non toglie che il problema esista.
In Parlamento, dove a fatica i presidenti Fini e Schifani stanno facendo marciare il taglio dei vitalizi, l`ultima volta che la questione è stata affrontata è stato tre giorni fa. La Commissione lavoro della Camera ha posto la questione dei trattamenti dei dipendenti degli organi costituzionali e delle Authority. Che non solo benefidano di stipendi ben più alti della norma, ma ancora oggi godono di un regime di assoluto privilegio. Intervento che viene definito «urgente e improcrastinabfie», per affrontare «situazioni di oggettivo privilegio, derivanti da aspetti abnormi del sistema retributivo, anche prevedendo il passaggio al calcolo contributivo prorata».
Bankitalia, a stretto giro di posta ha fatto subito sapere che i propri dipendenti sono completamente assoggettati al regime Inps. Dall`ultimo consuntivo del Quirinale, invece, si apprende che già da tempo ai suoi dipendenti si applicano norme più rigide col blocco delle progressioni automatiche ed il taglio degli assegni più alti (5-10% a seconda che si superino i 90 o i 150 mila euro).
Nonostante il giro di vite, però, i dipendenti possono ancora andare in pensione a 60 anni con 35 anni di contributi. E comunque ogni anno il Colle incassa contributi per 8 milioni e paga pensioni per 90 (38% del bilancio). Camera e Senato fanno anche peggio. Palazzo Madama, infatti, ogni anno spende per le pensioni circa 182 milioni, 209 la Camera su un budget complessivo oli 1 miliardo.
Sulla carta «fermo restando il collocamento a riposo d`ufficio per uomini e donne a 65 anni di età», nel caso del Senato, si può andare in pensione al compimento dei 60 anni se in possesso dei requisiti richiesti, ovvero 20 anni di servizio effettivo e 35 anni di contributi. In più c`è anche la possibilità di anticipare l`uscita a 57 anni, ma «con forti penalizzazioni». E ovviamente ancora tutti col vecchio sistema retributivo. Ora nel suo ultimo resoconto contabile il Senato annuncia «nuove e più restrittive disposizioni» ed anche alla Camera si parla di «inasprimento dei requisiti per il pensionamento di anzianità». Ma l`ultima nota di bilancio non chiarisce assolutamente come si intenda procedere.
Più si sale nella scala sociale e più certi trattamenti pensionistici appaiono agli occhi della gente comune scandalosi. La «pensione d`oro» per eccellenza, certifica l`Espresso nel suo ultimo numero, spetta a Mauro Sentinelli, classe 1947, che arriva a quota 1.173.205 euro lordi l`anno. Ovvero 3.259 al giorno.
Come c`è riuscito? Sentinelli, scrive Giordano sul suo blog, «quando è andato in pensione guadagnava 9 milioni di euro l`anno e si è avvalso della facoltà di passare dalla gestione speciale del fondo telefonici, che paga i contributi solo sulla retribuzione base, a quella obbligatoria dell`Inps, che prende in considerazione anche le altre voci della busta paga, a partire da benefit e stock option».
Legale, regolare, ma scandaloso. Dietro a Sentinelli, un altro «telefonico», Alberto De Petris, classe `43, (653.567 euro lordi/anno) e Mauro Gambaro, classe 1943, ex direttore generale di Interbanca oggi all`Inter, con 665.084.
Se poi si alza ancora di più lo sguardo ai palazzi «alti» escono altre cifre stellari.
Il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi cumula 30 mila euro/mese di pensione Bankitalia con 4000 euro dell`Inps ed i 19.054 euro dell`indennità da parlamentare (53.054,00), Oscar Luigi Scalfaro, oltre all`indennità di palazzo Madama (19.054) prende 4.766 euro netti al mese (23.810) dall`Inpdap per avere esercitato l`attività di magistrato per tre anni (dal 1943 al 1946), Lamberto Dini incassa 18 mila euro da Bankitalia, 7000 dall`Inps e 19.054 dal Senato (44.054,00), Giuliano Amato invece cumula 22.048 euro mese dall`Inpdap coi 9.363 che gli da il Parlamento (31.411,00).
Quanto tempo fa Lilli Gruber ad «Otto e mezzo» ha osato chiedergli se fosse stato disposto a ridursi la sua pensione d`oro l`ex premier ha risposto piccato: «Non capisco la domanda». E la trasmissione si è chiusa così, nel gelo più totale. Commenta un frequentatore del blog di Giordano: «E se fosse arrivato il momento di introdurre una tassa sulle sanguisughe?»".

lunedì 5 dicembre 2011

Lacrime senza ironia


Ho seguìto con molta attenzione tutta la conferenza-stampa del Presidente del Consiglio e dei suoi Ministri in relazione alla manovra per salvare l’Italia.
Al di là dell’ambientazione cambiata (si è notato che lo sfondo della sala-stampa, il tavolone, persino le sedie sono stati rapidamente sostituiti in segno di discontinuità con arredi meno barocchi e ovviamente più tranquilli: ma quanto sarà costato?), la conferenza mi ha colpito particolarmente per il clima e le movenze degli attori.
Il Capo del Governo incarna naturaliter  la sobrietà; se mai qualcuno gli volesse dedicare una statua (che Lui coerentemente rifiuterebbe come inutile spesa), lo raffigurerebbe come l’immagine plastica del risparmio; è semplicemente perfetto: impassibile, dall’eloquio solenne e lento di chi sa che le sue frasi passeranno ai posteri, si allontana le mille miglia dallo stereotipo dell’italiano medio; non gesticola, non ammicca, ascolta compunto, gli occhi un po’ acquosi sempre pensosi e rivolti verso lontani orizzonti, non  è istintivo ma riflessivo, non interrompe, parla ex cathedra con intento didascalico, con toni bassi e suadenti, linguaggio professorale, condiscendente, di chi si degna di concedersi benignamente e di dispensare i tesori della sua sapienza; ma sa tenere le distanze, non è un piacione, né un compagnone sanguigno, siede con eleganza congenita e semplice, rivestito di una dignitas professorale imperturbabile e confidente solo con i suoi pari (ai suoi Ministri si rivolge dando del tu e chiamandoli per nome, come in un club bene assortito);  le sue battute hanno lo scopo di alleggerire la tensione con uno humour  aristocratico da Camera dei Lords: non ride, tutt’al più sorride, con gli angoli delle labbra increspati di uno che la sa lunga e sa adattarsi alle circostanze; gentilissimo coi giornalisti, tenero con i suoi Ministri – da cui è venerato e che tiene in pugno con rigore – si è già tradotto in mito, in arbiter elegantiae (eleganza di modi, non tanto di abbigliamento), in esempio lodevole da imitare, nonostante un certo sussiego compiaciuto.
Davvero perfetto, gran signore, gentiluomo pacato, il vicino ideale che mai oserebbe alzare il volume della tivù; talmente perfetto da sembrare finto, come i fiori artificiali, che appaiono più belli di quelli veri.
Con soavità e senso della missione, ha messo tutti al loro posto, a partire dai sindacalisti, un po’ troppo pittoreschi e petulanti per le sue abitudini; anzi, ha già loro insegnato che la concertazione è limitata alle questioni che riguardano strettamente il lavoro e che è sbagliato applicarla alle questioni economiche.
In questa atmosfera rarefatta ed impersonale, da Paese nordico, ha quindi spiccato la sorprendente commozione della Ministra Elsa Fornero, che ha pianto al momento di pronunciare la parola “sacrifici”.
Mi ha davvero colpito e lo dico senza ironia o, peggio, sarcasmo: è stato un momento di sincera umanità, tanto più apprezzabile in un clima snob, compìto e algido come quello della conferenza-stampa.
Ci voleva una donna per far tornare tutti con i piedi per terra, con una sensibilità naturale capace di superare le compassate movenze di un copione studiato per narcotizzare.
Che differenza con la buonanima di Padoa Schioppa, che definiva bellissime le tasse e bamboccioni  i ragazzi ancora in famiglia, probabilmente non proprio per loro volontà. Che differenza con altre donne salite ai livelli più alti delle istituzioni per meriti che eufemisticamente definisco estetici.
Pazienza, andrò anch’io in pensione più tardi del previsto; è un sacrificio, dovuto all’egoismo forse inconsapevole delle generazioni che mi precedono; ma – temo – al di là del resto della manovra, va proprio fatto, sennò condanniamo al precariato a vita i nostri figli.
Le lacrime della Prof.ssa Fornero mi hanno dato un quid pluris di motivazione e di convinzione; ne ha tutto il mio rispetto.
Limitato a lei, beninteso.

sabato 3 dicembre 2011

Il vero volto della primavera araba


Con grande esultanza, gli osservatori occidentali, al pari dei loro governanti, hanno salutato, da gennaio in poi, la c.d. primavera araba che, dalla Tunisia, all’Egitto, al Marocco, allo Yemen, a Bahrain, alla Siria, alla Libia, sino addirittura all’Arabia Saudita ha visto le folle scendere in piazza (e alle armi) e, con la forza di Facebook, deporre alcuni regimi di lunga durata.
Finalmente, dopo un periodo di decantazione, in alcuni di questi Stati si è arrivati alle elezioni, democratiche all’occidentale.
In Tunisia, in Marocco e ora in Egitto i partiti islamici – più o meno fondamentalisti o moderati - hanno conquistato la maggioranza; c’è da presumere che sarà così prossimamente anche in Libia e che lo sarebbe pure nello Yemen e in Siria (una volta liberatesi dai rispettivi dittatori); in Turchia, un forte partito islamico è già democraticamente al potere, alla faccia del laico fondatore Atatürk.
Francamente, non ho provato soverchia esultanza per queste rivoluzioni primaverili, di cui ora si scopre il vero volto: quello della progressiva islamizzazione dei governi e degli ordinamenti di quei Paesi, con il Corano fonte unica e suprema di ogni legge.
Così, con il plauso degli acuti (si fa per dire) osservatori, ci ritroviamo le coste meridionali del Mediterraneo unite e compatte come un sol uomo, tenute insieme dall’ispirazione religiosa, fattasi politica.
C’è poco da stare allegri; il concetto di democrazia del mondo occidentale non è compatibile con gli ordinamenti monoconfessionali: è una questione di mentalità, che gli occidentali, secolarizzati e relativisti, non riescono a capire, giacché considerano il loro concetto di democrazia come l’unico valido ed accettabile.
Invece, altri la pensano diversamente e sono più convinti di noi dei loro sistemi.
Come finirà, alla lunga?
Diventeremo tutti dhimmi?

Il Ragionier Monti: l’Italia salvata dagli yacht


Le anticipazioni del contenuto dell’ennesima manovra gettano nello sconforto, accompagnato da profonda delusione.
Sconforto non per le misure draconiane, che tutti ci aspettavamo con rassegnazione, vista l’aria che tira; bensì per la “banalità” dei provvedimenti, che riguardano in gran parte l’entrata (con nuove o maggiorate tasse e imposte) e non incidono sulla struttura: sacrifici notevoli, che immoleranno  a diktat berlinesi (da Parigi non arrivano più, anche lì hanno capito finalmente di stare male, nonostante i vezzi della grandeur) altri miliardi tratti dalle tasche degli Italiani; sacrifici probabilmente inutili, inadatti a cambiare realmente le cose, forieri di altre future “manovre” dissanguanti.
Delusione per la pochezza dimostrata dal tanto celebrato Governo dei Professori: questi tecnici, così competenti ed abili, non hanno saputo fare di meglio dei tanti governicchi di politicanti. Aumentano ed inventano tasse! Il compito a casa assegnatogli dai maestri gallo-germanici è venuto male…
Sembra che nell’atmosfera rarefatta in cui operano i superni reggitori tecnici si sia insinuato il virus dell’immobilismo, della narcosi inventiva, della banalità: forse che l’Italia sarà salvata dai balzelli sugli yacht?
Nuove tasse e tributi deprimeranno ancora di più i consumi in tutti i ceti dei cittadini (per non dire dell’umore…); infatti, la quirinalizia equità si è risolta nel colpire nel mucchio, tutti – indipendentemente dai redditi -, con una modesta progressività, ridicole tasse sul lusso, minipatrimoniali sulle seconde e terze case,  con un’ampia zona  franca per l’evasione fiscale e per l’esportazione di capitali all’estero (nel Canton Ticino le banche pare siano costrette al lavoro anche domenicale).
Siamo alle solite; il Ragionier Monti ha sostituito il Professor Monti, con buona pace per le riforme vere, di cui non v’è traccia (salvo i cambiamenti nel settore pensionistico, di portata rilevante ma sopportabile; sempreché i sindacati – ed i partiti loro connessi – non li impediscano).
Rassegnato a riconsiderare la mia personale situazione pensionistica ed a qualche anno in più di lavoro, non sopporto, tuttavia, che per un’altra volta (ed in presenza di un’apparente maggioranza bulgara in Parlamento) si sia perso il treno  per mettere mano a provvedimenti seri ed ineludibili nei confronti delle famiglie.
Il Rag. Monti non ha pronunciato la parola famiglia nei suoi discorsi; ma la famiglia è la cellula fondamentale di ogni società, ancor di più nella nostra tradizione italiana.
Possibile che, insieme a tante nuove entrate, non si sia pensato ad introdurre il quoziente familiare nella tassazione dei redditi? Possibile che, nella smania provinciale di voler imitare gli esempi stranieri a tutti i costi, ci si dimentichi di come la famiglia sia correttamente trattata – p.es. – dalla legislazione fiscale francese (dove non hanno problemi di diminuzione demografica e i bambino sono tanti)?
La famiglia, i figli in Italia sono un lusso e come tali sono tassati; il nucleo formato da genitori e due o più figli è trattato né più né meno che come i single, sebbene le differenze di condizione di vita e di costi siano intuitivamente diverse; il single quando pensa per sé ha finito; in famiglia bisogna pensare al plurale ed utilizzare il reddito dei genitori (o dell’unico che lavori) per far fronte ai costi di tutti i familiari.
Si tratta di un concetto elementare che, se non capito o trascurato, ci condurrà alla vera rovina; senza figli, pronti ad entrare in futuro nel mondo del lavoro, chi sosterrà il sistema pensionistico? È mai possibile che il nostro paese di venti un enorme gerontocomio, poiché le nuove generazioni sono talmente meno numerose di quelle in età di quiescenza, che non potranno essere sostituite (se non dai figli degli immigrati, i quali, in punto, sono molto, molto più aperti alla vita di noi)?
Una seria politica tributaria, che riconosca alla famiglia il suo ruolo insostituibile anche in termini economici, dovrebbe essere improntata ad un trattamento fiscale favorevole, da cui – tra l’altro – deriverebbe un aumento dei consumi, con la riapertura di un ciclo favorevole: anche se crescessero le imposte indirette, come l’IVA, le famiglie aumenterebbero la propensione ai consumi se le imposte dirette (IRPEF) fossero equamente applicate con il quoziente familiare e la conseguente riduzione delle stesse (con il riconoscimento del valore sociale intrinseco della famiglia, peraltro affermato solennemente dalla sacra Costituzione, art. 29).
Ma noi, invece, ci balocchiamo con la cultura della morte (basti vedere la mozione presentata al Consiglio Comunale di Saronno dai civilissimi socialisti: ma non pensano ad amministrare?), facciamo assurgere a valore il decesso programmato, l’eutanasia, il diritto della donna (gli uomini non c’entrano?) all’aborto (pudicamente ribattezzato “interruzione volontaria della gravidanza"), i diritti affettivi di ogni genere di sesso e così via.
Il Governo dei ragionieri è sordo, non ha sensibilità sociale, guarda solo ai mercati, alla finanza, alla contabilità; dietro la demagogia della tassa sul’ormeggio degli yacht, si nascondono ben altri attentati, come la riduzione del fondo sanitario nazionale (perché non si dispongono metodi di stretta sorveglianza della spesa sanitaria, invece, con l’abbattimento degli sprechi?).
Il Ragionier Monti ha scelto la via più comoda e più facile, la leva fiscale aggressiva, senza consultare nessuno (se non Berlino e Parigi); se ascoltasse la casalinga di Voghera e il mitico Fantozzi Rag. Ugo sicuramente avrebbe qualche idea sana in più ( persino deputati e senatori potrebbero dare prova di inventiva).
Ma costoro non sono à la page, non hanno invidiabili curricula accademici, non frequentano prestigiosi club internazionali; e in più hanno il difetto di tenere famiglia…
Peggio per loro; tie’, paga e affidati agli esperti tecnici, sotto l’usbergo del Colle più alto; sono lì per salvarci, come la Merkel; già che ci siamo, rinnoviamo i fasti della tassa sul macinato; intanto, spendiamo 15 (quindici) miliardi di euri per l’acquisto di 131 bombardieri  F135, come leggo su “Il Manifesto”: sono lontano le mille miglia dalle idee di questo giornale; tuttavia – se la notizia è vera – mi domando con angoscia se sia proprio il caso di impiegare una somma simile (i tre quinti dell’annunciata manovra) per  comprare dei bombardieri; servono? Sono indispensabili? Mi sembra una follia.
Ma i Ragionieri non se ne accorgono: meglio i bombardieri che il quoziente familiare.