Maggio è il mese delle rose, profumato e portatore di lusinghe e mollezze di un’estate ormai prossima.
Dai petali di rosa, il fiore per antonomasia, di trae una preziosa essenza, usata per profumi, eau de toilette, saponi, ma anche per gentili liquori e rosoli.
Non sapevo che se ne traesse anche l’aceto, ma mi sono dovuto ricredere leggendo una melodiosa omelia, in cui – tra gl’incensi incantatori – si tratta anche d’aceto, senza rivelarne la ricetta.
Un simile conoscitore ne possiede naturaliter o per esogena ispirazione gli arcani segreti, di cui io non sono partecipe; sicuramente, da vero intenditore, sa misurare il grado di acidità fino ai massimi raggiungibili – e ben raggiunti. Dev’essere un aceto imbottato da tempo, per un lungo affinamento, un aceto ancien – anzi: très vieux -, una mirabile grande réserve, dagli effetti balsamici, anche se brucia.
Da quasi Sindaco emerito purtroppo sofferente di acidità di stomaco, mal tollero l’aceto; come condimento, preferisco il limone, quello ben spremuto e poi buttato diligentemente nel piccolo contenitore dell’umido.
I resti, per reazione chimica, si trasformeranno in fertilizzante biologico, fomento di crescita.
Come i fiori, una volta appassiti e raccolti nel residuo vegetale.
Una nuova funzione, misconosciuta, ma di grande valore.
Fiori, limoni (e aceto, aggiungiamolo pure), in natura servono ancora, dunque; servono, ma non sono servitori e preferiscono il riposo alla dipendenza.
Non sono cortigiani, anche se da cortigiani sono stati circondati in altri tempi.
Dai petali di rosa, il fiore per antonomasia, di trae una preziosa essenza, usata per profumi, eau de toilette, saponi, ma anche per gentili liquori e rosoli.
Non sapevo che se ne traesse anche l’aceto, ma mi sono dovuto ricredere leggendo una melodiosa omelia, in cui – tra gl’incensi incantatori – si tratta anche d’aceto, senza rivelarne la ricetta.
Un simile conoscitore ne possiede naturaliter o per esogena ispirazione gli arcani segreti, di cui io non sono partecipe; sicuramente, da vero intenditore, sa misurare il grado di acidità fino ai massimi raggiungibili – e ben raggiunti. Dev’essere un aceto imbottato da tempo, per un lungo affinamento, un aceto ancien – anzi: très vieux -, una mirabile grande réserve, dagli effetti balsamici, anche se brucia.
Da quasi Sindaco emerito purtroppo sofferente di acidità di stomaco, mal tollero l’aceto; come condimento, preferisco il limone, quello ben spremuto e poi buttato diligentemente nel piccolo contenitore dell’umido.
I resti, per reazione chimica, si trasformeranno in fertilizzante biologico, fomento di crescita.
Come i fiori, una volta appassiti e raccolti nel residuo vegetale.
Una nuova funzione, misconosciuta, ma di grande valore.
Fiori, limoni (e aceto, aggiungiamolo pure), in natura servono ancora, dunque; servono, ma non sono servitori e preferiscono il riposo alla dipendenza.
Non sono cortigiani, anche se da cortigiani sono stati circondati in altri tempi.
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