sabato 16 aprile 2011

La fantasia al potere? Ancora sui 30


Sabato di riflessione e di studio; preparandomi ad assentarmi da Saronno per impegni didattici, in un ritaglio di tempo ho letto sia le ordinanze dirigenziali rigurdanti le c.d. zone trenta, sia la relativa delibera della Giunta Municipale, sia alcune dichiarazioni del nostro staff reggitore.
La fantasia è al potere a Saronno: con la fantasia tutto si può, anche piegare la realtà alla dimensione dei sogni, anche dire e disdire nello stesso tempo.
Con ordine.
Inizia il Sig. Sindaco con l’annuncio che “riguardo alla viabilità, è giunto in comune anche un assegno da 66mila euro che arrivano dalla liquidazione della Groane e Trasporti spa di cui Saronno aveva alcune quote. «Soldi che vorremmo usare proprio per la mobilità – conclude Porro -, magari per l’attuazione del progetto dei 30 all’ora»”.
Ottimo: 66.000 € per i 30 all’ora, non per sostenere il trasporto pubblico (almeno quest’anno), visto che sono diminuiti i contributi regionali;  l’Amministrazione ecologista che più ecologista non si può è la prima a tenere in non cale il suo proprio decalogo; il precetto n. 6 consiglia: “ limitare l'uso dell'auto privata ai soli casi di estrema necessità spostandosi, quando possibile, a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici” .
Per poter usare i mezzi pubblici, il presupposto necessario è che questi ci siano, siano agevoli, frequenti e diffusi. Ma il Signor Sindaco ci comunica che si dovranno ridurre le corse, soprattutto quelle pomeridiane.
Un bel segnale di palese contraddizione.
Ma il pezzo forte sono le 4 ordinanze-fotocopia del Dirigente ad interim della Polizia Locale, esecutive della volontà dell’Amministrazione circa i 30 km all’ora e della delibera n. 90 del 14 aprile 2010  dell’ìnclita Giunta Municipale. 
Con questa deliberazione, si stabilisce di delimitare le aree soggette a velocità limitata a 30 km/h e ciò ai sensi del’art. 7 del C.d.S., D. Lgs. 30.04.1992, n. 285, secondo cui  (comma 9, non 8 come erroneamente speicificato nelle ordinanze dirigenziali) i comuni, con deliberazione della giunta, provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull'ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio (si noti: non tutto il comma 9. è riportato nella delibera).
Si dice, inoltre, che le zone 9, 3, 4 e 5 saranno ambiti iniziali di delimitazione delle “zone 30”: quindi in queste l’esperimento è già in atto; per le altre 5 zone, si attenderà.
La tecnica compilatoria della delibera giuntale e delle ordinanze dirigenziali è un capolavoro di fantasia e di elusione.
Con la caparbia degna di miglior causa, che cosa fa la nostra eccelsa (ma pur sempre provvisoria Amministrazione? Finge di dividere in 9 zone il territorio cittadino e non dice esplicitamente che praticamente tutta la città è zona 30, fatte salve alcune eccezioni (zona industriale ed alcune strade principali). Anzi, quali confini delle 9 zone 30, utilizza, appunto, le strade che saranno soggette al limite dei 50 all’ora.
In questo modo, credono i nostri superni reggitori di avere raggiunto la quadratura del circolo: 9 zone ufficiali a 30, senza il coraggio di proclamare tutta la città zona 30.
Come mai? Non dovrebbero forse essere orgogliosi di avere raggiunto il loro scopo? Perché, dunque, questa circospetto (e sospetto) sminuzzamento della città?
Per eludere l’ordinamento, a me pare.
L’art. 7 del C.d.S, infatti, dà competenza alla Giunta di delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato (né le une, né le altre sono zone 30!!) nonché LE ZONE di particolare rilevanza urbanistica. Delimitare significa perimetrare, dare dei confini, fare delle eccezioni limitate rispetto al territorio comunale.
L’art. 7 cit., quindi, NON CONSIDERA nemmeno l’eventualità di delimitare in tal senso tutta una città: per questo usa il plurale (zone)!
Ed invero l’art. 142 del Codice della Strada stabilisce, al comma 1.: “Ai fini della sicurezza della circolazione e della tutela della vita umana la velocità massima non può superare i 130 km/h per le autostrade, i 110 km/h per le strade extraurbane principali, i 90 km/h per le strade extraurbane secondarie e per le strade extraurbane locali, ed i 50 km/h per le strade nei centri abitati, con la possibilità di elevare tale limite fino ad un massimo di 70 km/h per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano, previa installazione degli appositi segnali”.
Quindi, il regime normale, ordinario, esteso a tutt’Italia, della velocità veicolare nelle strade urbane è di 50 km/h.
Stabilito il principio generale, il C.d.S. prevede anche la possibilità di eccezione; il comma 2. dell’art. cit., recita: “2. Entro i limiti massimi suddetti, gli enti proprietari della strada possono fissare, provvedendo anche alla relativa segnalazione, limiti di velocità minimi e limiti di velocità massimi, diversi da quelli fissati al comma 1, in determinate strade e tratti di strada quando l’applicazione al caso concreto dei criteri indicati nel comma 1 renda opportuna la determinazione di limiti diversi, seguendo le direttive che saranno impartite dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.”
Questa facoltà, dunque, dev’essere esercitata con precisa motivazione a supporto della deroga al criterio generale e secondo le direttive impartite dal Ministro dei Trasporti.
Prosegue il cit. comma, seconda parte: “Gli enti proprietari della strada hanno l’obbligo di adeguare tempestivamente i limiti di velocità al venir meno delle cause che hanno indotto a disporre limiti particolari. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può modificare i provvedimenti presi dagli enti proprietari della strada, quando siano contrari alle proprie direttive e comunque contrastanti con i criteri di cui al comma 1.”.

 Ne consegue, con una lettura neutra, che:
1)      le eccezioni all’art. 142, 1° comma, devono riguardare alcune zone, previamente individuate dalla Giunta Comunale, e non un’intiera città;
2)      i limiti minimi possono essere diminuiti in determinate strade e tratti di strada e secondo le direttive del Ministero:  strade e  tratti di strada non sono assimilabili all’intiero (o pressoché intiero) apparato stradale di una città; in ogni caso, occorre adeguarsi alle direttive del Ministero, gerarchicamente superiore: le ha chieste il Comune al Ministero?;
3)      i provvedimenti derogatori dei limiti generali ordinari hanno una portata temporale limitata, poiché gli enti proprietari della strada hanno l’obbligo di adeguare tempestivamente i limiti di velocità al venir meno delle cause che hanno indotto a disporre limiti particolari: si tratta, quindi, di eccezioni, che devono essere rigorosamente motivate caso per caso e non con generiche ragioni di sicurezza o di coerenza con il proprio programma elettorale. Se così non fosse, che cos’altro significherebbe la norma appena riportata?
Ma v’è di più. L’art. 343 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del C.d.S. prevede limitazioni temporanee di velocità, con riferimento all’art. 142 del C.d.S.: “1. In prossimità di scuole, istituti, campi sportivi, o quando si svolgono manifestazioni varie, possono essere imposti su una strada o parte di essa, a cura dell'ente proprietario, limiti temporanei di velocità per tutto il periodo o i periodi di tempo della giornata, nei quali tale limitazione sia ritenuta necessaria ai fini della sicurezza della circolazione. L'imposizione di questi limiti deve essere portata a conoscenza dei conducenti mediante i prescritti segnali”.
Pertanto, è consentito solo temporaneamente e per occasioni particolari limitare la velocità: ciò significa che l’eccezione rientra nel campo eventi speciali, bisognosi di temporanei provvedimenti ad hoc.

Da tutto ciò, traggo provvisoriamente (e con riserva di ulteriori approfondimenti) la conseguenza che:
a)      la delibera n. 90 del 14 aprile 2010  della Giunta Comunale è affetta dai vizi di incompetenza, eccesso e sviamento di potere e di violazione di legge, laddove attribuisce alla Giunta stessa il potere (che non ha) di estendere di fatto e sostanzialmente all’intero territorio cittadino la qualificazione di ZONE di particolare rilevanza urbanistica  (anzi: zone 30!) come necessario presupposto per l’applicazione del regime delle zone 30. Di più, nel punto 1. dispositivo della deliberazione in esame, la Giunta dice esplicitamente di delimitare le aree soggette a velocità limitata ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 del C.d.S., così rivelando il vero scopo della deliberazione stessa, che nulla ha a che fare con la norma cui viene messa in relazione: questa parla, infatti, di aree pedonali e zone a traffico limitato e altre zone di rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze particolari di traffico, di cui al secondo periodo del comma 8. Il comma 8., secondo periodo, è di questo letterale tenore:  zone definite a norma dell'art. 3 «area pedonale» e «zona a traffico limitato», nonché per quelle definite «A» dall'art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e in altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico.  Come si vede, si parla sempre al plurale di zone che abbiano peculiari caratteristiche, talmente evidenti da richiedere provvedimenti eccezionali: sono tali interi quartieri della città, ove si ravvisano caratteristiche disomogenee  per la destinazione urbanistica (residenziale, commerciale, produttiva, pubblica, ecc.), per il calibro e la conformazione delle strade, per la frequentazione e l’affollamento? A nulla vale che, con ingenua furbizia, si sia frammentato il territorio cittadino in 9 zone: di fatto, è la città nel suo complesso ad essere stata unitariamente considerata zona di particolare rilevanza urbanistica; è di tutta evidenza che, con questo espediente, si sia voluto eludere la norma (il C.d.S.) che, come atto avente forza di legge, è dotato di forza imperativa e non può essere scavalcato da un mero atto amministrativo di organo gerarchicamente inferiore, qual è la Giunta Comunale. Forse la nostra illuminata Amministrazione si è rivestita dei panni del legislatore e crede di poter superare il Parlamento…;
b)      le ordinanze dirigenziali del 14 aprile sono pure affette dagli stessi vizi di incompetenza, eccesso e sviamento di potere e di violazione di legge, poiché danno esecuzione ad una delibera giuntale illegittima e sono prodromici di provvedimenti di carattere generale e non eccezionalmente temporaneo  derogativo della legge.
In propòsito, non va sottaciuto che la Corte Costituzionale, con la recentissima sentenza n. 115 del 4 aprile 2011, ha posto princìpi costituzionali precisi in materia di potere di ordinanza (sindacale, ma estensibile alle ordinanze oggi di competenza dirigenziale, ma aventi lo stesso effetto) ed ha ribadito che:
1)      deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, sono consentite solo se «temporalmente delimitate» (ex plurimis, sentenze n. 127 del 1995, n. 418 del 1992, n. 32 del 1991, n. 617 del 1987, n. 8 del 1956) e, comunque, nei limiti della «concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare» (sentenza n. 4 del 1977);
2)      in ogni conferimento di poteri amministrativi sia osservato il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto. Tale principio non consente «l’assoluta indeterminatezza» del potere conferito dalla legge ad una autorità amministrativa, che produce l’effetto di attribuire, in pratica, una «totale libertà» al soggetto od organo investito della funzione (sentenza n. 307 del 2003; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 32 del 2009 e n. 150 del 1982). Non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa;
3)      i provvedimenti amministrativi che incidono sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati, devono essere conformi all’ordinamento superiore. Infatti, la Costituzione italiana, ispirata ai principi fondamentali della legalità e della democraticità, richiede che nessuna prestazione, personale o patrimoniale, possa essere imposta, se non in base alla legge (art. 23;
4)      la mera discrezionalità amministrativa (politico-amministrativa) slegata dalla gerarchia delle norme viola la riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi sono tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge (nel nostro caso, il Codice della Strada).

Alla luce di quanto sopra, il giudizio sul comportamento della provvisoria Amministrazione saronnese (che, però, si ritiene eterna e munita di còmpiti missionari) non può essere che negativo, sia sul piano della legittimità degli atti – che appaiono furbeschi: infatti, come mai non risultano, almeno per quanto io ne sappia, esempi di città italiane de facto sottoposti interamente al regine della zona 30? -, sia sul piano politico: si tratta di una battaglia puramente ideologica, nata su presupposti emergenziali (l’inquinamento) e rapidamente trasformatasi un giudizio di Dio con altre motivazioni (la sicurezza stradale, la gradevolezza della vivibilità, la mobilità sostenibile, la ciclabilità ed altri paroloni inconsistenti): i Reggenti, per compiacersi della loro capricciosa volontà di svolte epocali, non hanno esitato a piegare inammissibilmente le leggi ai loro intendimenti; un uso spregiudicato del potere, sordo al comune sentire dei cittadini manifestatosi con enorme ampiezza; addirittura, invadendo il campo delle competenze e delle attribuzioni di altri organi, che hanno peraltro un fondamento logico: le leggi sono provvedimenti di carattere generale; tale è il Codice della Strada; se ogni Comune fosse libero di imporre le proprie regole, avremmo in Italia una giungla normativo-municipale irrazionale e scoordinata; più di 8.100 ordinamenti speciali (tanti sono i Comuni italiani), con infinite varianti sui limiti di velocità.
A questo punto, da come si sono messe le cose, è evidente come questa autoreferenziale Amministrazione sia arrivata – per sua compiaciuta volontà – al punto di non ritorno; escludo a priori che avrà il coraggio, in sede di autotutela, di rimediare ai clamorosi errori compiuti, anzi, si arroccherà e con (se possibile) maggiore arroganza contrasterà le obiezioni dei Saronnesi, facendosi beffe della legalità (quella che, in Parlamento, difendono a parole recitando gli articoli della Costituzione per fare ostruzionismo)
Non c’è molto tempo: bisogna raccogliere le idee e rivolgersi a chi ha il potere (legittimo!) di intervenire contro queste mica tanto allegre scorribande amministrative.
Pensiamoci, con rapidità; lasciamo la fantasia agli altri; personalmente, preferisco affidarmi al rispetto formale e sostanziale delle norme che reggono il Paese; in buona compagnia, gl’insegnamenti della Corte Costituzionale.
Ne riparleremo.
Buona domenica.

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