L’ennesima scritta blasfema sul fianco del Santuario: non se
ne sentiva proprio il bisogno.
Il problema, tuttavia, non sta nell’offesa a Dio
che, nella sua infinita misericordia, avrà già perdonato; gli uomini ne
combinano di peggiori.
Il nocciolo dell’indignazione sta, piuttosto, nell’offesa
a chi in Dio crede ed a tutta la comunità dei Saronnesi.
Non importa a chi
appartenga la mano sacrilega (sulla colpevolezza si è già aperto un ampio
dibattito, fondato su presunzioni); si tratta di un gesto stupido di un
vigliacco ottuso, che si è volontariamente messo al di fuori dell’aggregazione
sociale in cui vive; una manifestazione di arrogante prepotenza, che mina ab origine le ragioni del nostro stare
insieme, di convivere ordinatamente e nel rispetto reciproco.
Che società vuole
questo solitario “eroe”?
Una società senza regole, in cui ognuno risponda solo
ai propri istinti? In cui vinca il più violento, il più furbo (come crede di
essere), il più dissacratore?
In verità, l’autore (o gli autori) dello
sgangherato episodio
è soltanto un asociale, che non sa rapportarsi con gli
altri.
Come tale va considerato: è uno scomunicato,
ha spezzato voglioso i legami con la sua comunità, imbrattando il più
insigne esempio di storia, di arte e di fede della città, simbolo della
bellezza voluta dai nostri avi. Iddio e la Beata Vergine dei Miracoli non sono
i suoi nemici; il suo nemico è lui stesso nel momento in cui si è voluto emarginare.
Se ne resti da solo, nel nascondimento; non è libero, deve celarsi, deve
scappare.
Merita soltanto di essere ignorato, la sua peggiore punizione.
Si
rassegni: non conta niente, è un omuncolo pavido e incosciente. I Saronnesi non
hanno bisogno di gente così.
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