Oggi, in pompa magna, la
cedente Amministrazione, approfittando della ricorrenza della “Giornata
mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” (UNICEF) ha dedicato il Consiglio Comunale al
conferimento della cittadinanza simbolica
ai minori nati in Italia da
cittadini stranieri e regolarmente residenti nella nostra città.
Circa 70
famiglie sulle 280 invitate (prima tranche
delle 800 potenzialmente interessate) hanno accolto l’invito.
Con
questa iniziativa, Giunta e maggioranza “intendono
costruire un terreno fertile affinché il governo si attivi per modificare la
legge in merito alla cittadinanza. Il dibattito in tal senso è iniziato con
varie proposte in esame ma ancora senza tempi certi di approvazione. Come
spesso capita la società civile è più avanti rispetto al legislatore, su questo
come su altri temi”, spiega diligentemente l’Assessore Cavaterra.
Non
condividiamo questa iniziativa, non solo per il non trascurabile fatto che
giuridicamente non serve a nulla, ma soprattutto per i significati simbolici
che vi sono sottesi.
Anzitutto,
i bambini di nazionalità straniera nati in Italia godono di tutti i servizi e
di tutte le occasioni che hanno i bambini italiani: principio
costituzionalmente garantito, laddove i concetti di uguaglianza, libertà,
diritto allo studio ed alla salute sono assicurati dalla Costituzione a tutti,
indipendentemente dalla cittadinanza (solo in altri casi la Costituzione
riserva specifici diritti ai cittadini, come il diritto di elettorato).
L’acquisto
della cittadinanza italiana (peraltro in molti casi vietata dalla legge degli Stati di provenienza, che non ammettono
la doppia cittadinanza) al compimento della maggiore età (18 anni) è un fatto normale,
ordinario, basta la richiesta da parte di chi abbia da sempre vissuto in
Italia.
Si
tratta, però, a nostro avviso, di una scelta
consapevole, all’interno di un progetto di vita, maturato durante gli anni,
in cui il ragazzo-la ragazza – con la propria testa - ha considerato conforme
alle sue aspirazioni ed alla sua volontà il diventare giuridicamente cittadino
italiano e l’essere incluso anche formalmente nella nostra comunità nazionale.
Poiché
di una scelta si deve parlare, altrettanto rispettabile sarebbe la volontà di non acquisire la cittadinanza italiana
e di mantenere quella d’origine della propria famiglia, soprattutto se la
permanenza in Italia fosse vista non come permanente, bensì solo come
temporanea.
Che cosa
significa forzare la norma vigente e
concedere la cittadinanza simbolica ad
una piccola parte, tra l’altro, dei bambini stranieri residenti a Saronno? Un regalo – a quanto pare numericamente non
proprio desiderato – che sostituisce con un atto d’imperio la volontà positiva che
questi bambini possono formarsi nel tempo, frequentando le scuole ed i loro
compagni, giocando con loro, confrontandosi e condividendo la vita di ogni
giorno, le abitudini, la lingua, le fatiche, scambiandosi esperienze.
Una scelta, dunque, a ragion veduta, che implica l’accettazione del patto sociale che
regge la comunità degli Italiani, della democrazia, della solidarietà, nel
rispetto delle diversità, di cui il nostro Paese è così ricco.
Altrimenti
– seguendo l’attuale Amministrazione – la cittadinanza (che è una cosa seria,
non un titolo onorifico, che attribuisce diritti, ma anche doveri) viene
ridotta ad un orpello demagogico,
importante più per chi la “concede” (che
brutto verbo!) per salvarsi la coscienza, per mostrarsi aperto e solidale, che per chi la riceve, senza un adeguato e
convincente percorso formativo.
Né va
dimenticato il sottile significato
discriminatorio di queste improvvisate celebrazioni: i bambini italiani non
hanno cerimonie di benvenuto, di accoglienza solenne, di attenzione tutta
particolare; non si sentiranno trascurati? E le loro famiglie?
Una
volta di più, non condividiamo la
facile demagogia delle iniziative dell’Amministrazione scadente; anziché unire,
come sarebbe opportuno, si fanno distinzioni inammissibili, celate dietro un
buonismo di maniera, strumentale e produttore di esiti contraddittori.
Sarebbe
stato molto meglio, come da tanti anni, una seduta del Consiglio Comunale dedicata
all’infanzia e all’adolescenza in cui tutti
i bambini, cittadini e non, trattati alla pari, senza distinzioni pelose di
cui i bambini non hanno proprio bisogno, fossero ascoltati e coinvolti tutti insieme in progetti generali di
vita comune.
Mercanti di illusioni, non
altro.
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