Nessun fiore, oggi.
Si, è vero, coi fiori si adornano le tombe.
Ma adesso i sepolcri sono ancora vuoti, ci solo solo 120 salme
oltraggiate e disperse, che richiedono pietà e destano sgomento prima di essere
ricomposte e degnamente riposte.
Il male è tra di noi.
Il puzzo di zolfo si è sostituito al profumo dell'incenso.
Gli assassini nel nome di un dio inumano come i suoi truci
missionari si beano con la falce della morte, seminano strage e terrore.
Non sono dei folli, non sono fanatici: questa è la loro natura,
questa è la loro idea di primitiva società, questa è la loro fede, che richiede
sacrifici umani, spargimento di sangue, macellazione rituale.
Un disegno tragico, brutale, contro cui reagire.
Il male ha un nome, si chiama Stato Islamico.
Islamico.
Non cristiano, ebraico, buddista, induista, animista.
Non c'è più tempo, il califfo redivivo dell'islam ha scatenato le
truppe, che sono tra di noi e ci
colpiscono a tradimento.
La tolleranza ha prodotto le
stragi.
Adesso basta, non si può inneggiare al dialogo solutorio con chi
ci vuole solo sottomettere e capisce soltanto la lingua della guerra.
“Getterò il
terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su
tutte le falangi!” (Corano,
8:12).
Siamo in pericolo, ci considerano infedeli da abbattere.
È l'ora della reazione, ci dobbiamo mobilitare per difendere la
nostra sicurezza, la nostra pace, la nostra civiltà, il nostro futuro.
La pietà non basta più.
Questa è la fine per chi, come noi, crede nel Dio della
misericordia o, comunque, nella pace, nell'eguaglianza, nella libertà:
“La ricompensa
di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la
corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate
la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco
l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo
immenso.” (Corano,
5:33).
Li
abbiamo già visti all’opera dove hanno preso il potere, senza remore e con cieca
violenza, con trista coerenza: taglio di gole, crocifissioni, roghi, lapidazioni,
frustate, riduzione a schiavitù, donne e bambine violate, vendute, costrette al
matrimonio, conversioni forzate, insigni opere d’arte demolite, chiese e templi
abbattuti, comunità disperse e incarcerate.
Noi
aderiamo (ma lo sappiamo?) alla Dichiarazione
universale dei diritti dell’Uomo dell’ONU, che all’art. 18 attesta: Ogni
individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione;
tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di
manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la
propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel
culto e nell'osservanza dei riti”.
Ma ciò non è
compatibile con l’Islam, la cui contrapposta Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo, proclamata il 19 settembre 1981 (beffardamente) a Parigi,
in proposito dichiara: “Art. 12 -
Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola - Ogni persona ha il diritto di pensare e di
credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da
parte di chicchessia, fino
a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a
questo proposito. Nessuno infatti ha il diritto di propagandare la
menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o
offendere la Comunità islamica: «Se gli
ipocriti, coloro che hanno un morbo nel cuore e coloro che spargono la
sedizione non smettono, ti faremo scendere in guerra contro di loro e
rimarranno ben poco nelle tue vicinanze. Maledetti! Ovunque li si troverà
saranno presi e messi a morte» (Cor.,
XXXIII:60-61)”.
Non
illudiamoci, la differenza è ontologica, insuperabile; tertium
non datur.
Oggi ci indigniamo, ma domani torneremo superficialmente
alle comodità di una vita sazia e orba, tanto preoccupati di non discriminare,
di tollerare, di essere comprensivi, aperti, “moderni”; con ciò negando le
nostre radici, la tradizione di secoli che ha dato una fisionomia alla nostra
civiltà.
Relativisti d’accatto, con il complesso
di colpe non vissute, stiamo perdendo l’identità,
che è un diritto per ogni individuo, per ogni comunità, per ogni popolo e che
noi stemperiamo, attutiamo in nome di un incoerente rispetto per gli altri, al
punto di negare le nostre origini e abitudini.
Ma questi altri, fortemente motivati e coerenti, non hanno rispetto; hanno uno scopo, peraltro
definito sacro dalle loro increate scritture, che promettono premi
eterni a chi combatte per quella finalità: la sottomissione universale.
Le stragi proseguono: si abbattono
aerei, di uccidono giornalisti, si sparge il terrore in una tranquilla serata
di novembre.
Fino a quando il “nostro” mondo
resisterà?
Gli esempi sono sconfortanti: non
dimentichiamo che le più antiche Chiese apostoliche dell’Africa settentrionale,
da cui veniva Sant’Agostino, sono state spazzate via in pochi decenni dopo le
conquiste islamiche dei secoli VII e VIII: chi se le ricorda?; al giorno d’oggi,
i cristiani, dal 10% che erano con Saddam Hussein, sono praticamente spariti
dall’Iraq e stanno sparendo dalla Siria, ridotti a profughi; i Copti egiziani,
25% della popolazione all’inizio degli anni ’50, si sono ridotti al 10% in un
paese tra l’altro “moderato” e se ne vanno in esilio.
Adesso la minaccia è qui: a Parigi, in
Europa; l’8 dicembre inizia il Giubileo a Roma.
Che aspettiamo? Siamo già rassegnati a
scomparire?
Potrebbe essere una soluzione, comoda,
anestetica…
Tutti sottomessi, senza più i problemi della democrazia, della libertà:
omogeneizzati, sterilizzati, verso l’estinzione.
Piangere i morti a Parigi non basta; «un
attacco alla pace di tutta l'umanità che richiede una reazione decisa e
solidale da parte di tutti noi per contrastare il dilagare dell'odio omicida in
tutte le sue forme» (Papa Francesco, tramite il portavoce p.
Lombardi).
Urge pensarci.
Seriamente.
Con la consapevolezza di chi siamo, da
dove veniamo, di quale futuro vogliamo per i nostri figli, per la nostra Patria,
per la nostra civiltà.
È un dovere, anche se costerà.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.