mercoledì 25 marzo 2009

Federalismo fiscale


Il cammino legislativo del disegno di legge sul federalismo è giunto quasi all'epilogo, con l'approvazione della legge di delega al Governo ieri, da parte della Camera dei Deputati; ora tocca al Senato l'approvazione definitiva.
Rispetto all'inizio, si è coagulato meritoriamente un consenso notevole, anche da parte dell'opposizione, sebbene con diverse sfaccettature; il dibattito ha consentito spazi di riflessione, così da rendere più preciso e concreto il sistema che si intende introdurre.
Come dicevo un paio di mesi fa, non v'è dubbio che ogni Amministratore, ogni Cittadino desidererebbero un'ampia autonomia per il proprio ente territoriale; la logica induce a ritenere che quanto più le decisioni siano frutto di un dibattito locale, tanto più dovrebbero essere conformi alle aspirazioni ed ai bisogni reali, ai quali si adatterebbero con specificità e proprietà, a seguito di un dibattito partecipato dal basso.
Tuttavia, se questa è la via maestra, non può essere dimenticato che la nuova legislazione non parte da zero: per ragioni storiche e politiche, infatti, si conoscono già oggi forme di autonomia molto avanzata (Regioni e Province autonome), che agli occhi altrui appaiono troppo squilibrate e fonte di esagerati privilegi.
Il federalismo deve tenere conto anche di ciò ed armonizzare il sistema, senza malaccorte eccezioni, anche per consentire il necessario contemperamento perequativo, ove sussistano dif-ferenze troppo marcate ed endemiche problematiche depressive.
Altrimenti, la torta nazionale sarebbe suddivisa tra fette molto diverse e continuerebbe a cagionare malumori e carichi ingiustificatamente diversi tra le Regioni.
Certo, le comunità locali dovranno imparare ad amministrare meglio le risorse, soprattutto quelle di derivazione esclusivamente locale; il maggior controllo dei cittadini sull'operato degli eletti e le verifiche in loco delle posizioni tributarie, sicuramente più penetranti, avranno ricadute benefiche per la modernizzazione delle nostre Amministrazioni; purché si accompagnino ad un radicale ed accettato cambiamento di mentalità, comportante l'assunzione di maggiori responsabilità personali e collettive; altrimenti, si rischierebbe di creare un sistema perfetto, ma solo nella teoria.
E sempreché siano allentati o più realisticamente calibrati i vincoli pesantissimi posti dalle leggi finanziarie a carico dei Comuni in materia di bilancio: non ha senso (anzi, è beffardo) imporre il rispetto del patto di stabilità, che comporta restrizioni drammatiche, e minacciare pesantissime sanzioni, per poi emanare un provvedimento, ogni anno, di sanatoria per i Comuni non virtuosi.
Ciò impedisce una seria programmazione della spesa e - con gli ingiusti colpi di spugna - alimenta tensioni tra Amministrazioni inutilmente in regola ed Amministrazioni-cicala.
Se il federalismo fiscale - primo passo verso il federalismo istituzionale - riuscirà a rinsaldare il rapporto tra i cittadini ed i loro amministratori locali, come auspico, sarà già un bel successo; maggiore controllo, maggiore condivisione delle decisioni, anche quelle impopolari di spesa.
Purché il nuovo sistema sia attuato in tutto il territorio nazionale senza riserve mentali.

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